<In questi Paesi [in via di modernizzazione] mancano molte cose. Vi è effettiva carenza di risorse alimentari, di alfabetizzazione, di istruzione, di ricchezza, di reddito, di salute e di produttività: ma della maggior parte di queste carenze si è creata consapevolezza, e si sono fatti sforzi per porvi qualche rimedio. Tuttavia, oltre e dietro tali carenze, ve ne è una ancora più grande: la mancanza di comunità politica e di un governo efficace, autorevole, legittimo. Ha osservato Walter Lippman: “Io so che, per uomini che vivono in comunità, non c’è necessità più grande di quella di essere governati: di governarsi da sé, se possibile; di essere ben governati, se sono fortunati; ma, in ogni caso, di essere governati”>
Cap.1 Ordine politico e decadenza politica
IL DIVARIO POLITICO
In questi Paesi [in via di modernizzazione] mancano molte cose. Vi è effettiva carenza di risorse alimentari, di alfabetizzazione, di istruzione, di ricchezza, di reddito, di salute e di produttività: ma della maggior parte di queste carenze si è creata consapevolezza, e si sono fatti sforzi per porvi qualche rimedio. Tuttavia, oltre e dietro tali carenze, ve ne è una ancora più grande: la mancanza di comunità politica e di un governo efficace, autorevole, legittimo. Ha osservato Walter Lippman: “Io so che, per uomini che vivono in comunità, non c’è necessità più grande di quella di essere governati: di governarsi da sé, se possibile; di essere ben governati, se sono fortunati; ma, in ogni caso, di essere governati” (Pag.4)
[In politica], come nell’economia, il divario tra i sistemi politici sviluppati e quelli sottosviluppati, tra i sistemi politici nutriti di senso civico e quelli corrotti, si è ampliato. Il divario politico assomiglia a quello economico, ed è ad esso collegato: ma non si tratta della stessa cosa. Paesi con economie sottosviluppate possono possedere sistemi politici altamente sviluppati; e Paesi che hanno raggiunto livelli elevati di benessere economico possono avere ancora una politica disorganizzata e caotica. (pag.5)
… in realtà sviluppo economico e stabilità politica sono due fini indipendenti, e l’avanzamento in direzione di uno di essi non è connesso necessariamente all’avanzamento in direzione dell’altro. [H. si riferiva a politiche per lo sviluppo del terzo mondo attuate da USA in anni 60] (pag. 9)
IL DIVARIO POLITICO
Cap.2 La modernizzazione politica: America vs. Europa
Nel XVII secolo la guerra raggiunse un'intensità mai verificatesi in precedenza, e che solo il XX secolo avrebbe visto superata. L'onnipresenza della guerra alimentò direttamente la modernizzazione politica: la competizione obbligava i monarchi ad accrescere la loro potenza militare; e questo a sua volta richiedeva l'unità nazionale, il soffocamento dei conflitti regionali e religiosi, l'espansione degli eserciti e delle burocrazie e un incremento enorme delle entrate fiscali. Clark osserva che
<il fenomeno più sorprendente [nella storia dei conflitti del XVII secolo] è il grande aumento della dimensione degli eserciti e della scala del conflitto bellico [..] Proprio come lo stato moderno aveva la necessità di creare un esercito permanente, così l'esercito creava lo stato moderno, poichè i due fenomeni si influenzavano reciprocamente [...] lo sviluppo della macchina amministrativa e dell'arte di governo era guidata e condizionata dalla volontà di trasformare le risorse naturali e umane del paese in potenza militare. L'evoluzione generale delle istituzioni europee era governata dalla crescente militarizzazione del continente o, si potrebbe dire, dal suo crescente militarismo.>
La guerra era il grande stimolo alla modernizzazione dello Stato. (pag.157-8)
Società divise non possono esistere senza un potere concentrato; società consensuali non possono esistere con un potere concentrato.
Nell'Europa Occidentale, come nella maggior parte dei paesi in via di modernizzazione, ... La centralizzazione del potere era necessaria per abbattere il vecchio ordine, distruggere i privilegi e i vincoli feudali, e aprire la strada alla nascita di gruppi sociali nuovi e allo sviluppo delle nuove attività economiche. Per questo i liberali europei videro spesso con favore la concentrazione dell'autorità in un monarca assoluto..
In America [U.S.A.], invece, l'assenza di istituzioni sociali feudali rendeva non necessaria la centralizzazione del potere. Poichè non vi era una aristocrazia da abbattere, non v'era necessità di creare un potere di governo capace di farlo. Mancava il forte impulso europeo alla modernizzazione politica: la società poteva svilupparsi e cambiare senza dover superare l'opposizione di classi sociali con un interesse costituito iscritto nello status quo sociale e economico.
(pag.162)
La guerra era il grande stimolo alla modernizzazione dello Stato. (pag.157-8)
Cap. 3 - Il cambiamento politico
Come la ricchezza in un sistema economico, il potere di un sistema politico ha due dimensioni, non una sola: è suscettibile di espansione e contrazione, cosi come è suscettibile di concentrazione e dispersione.
Come ha scritto Parsons... “il potere deve essere diviso o collocato, ma deve anche essere prodotto ed ha funzioni collettive e distributive. È la capacità di mobilitare le risorse della società per il raggiungimento dei fini stabiliti con un impegno <pubblico>.
È la mobilitazione, soprattutto, dell'azione delle persone e dei gruppi, che è vincolante in virtù della loro posizione nella società.”
... I sistemi politici sono dunque diversi non solo riguardo alla distribuzione, ma anche riguardo all'accumulazione di potere.
…
[..] i sistemi politici differiscono quanto a capacità di espandere il potere tramite l’assimilazione - cioè la ricettività nei confronti di nuovi tipi di gruppi politici e di risorse politiche. I sistemi politici moderni sono diversi da quelli tradizionali per la quantità di potere esistente nel sistema, non per la sua distribuzione: sia nei sistemi politici tradizionali che in quelli moderni il potere può essere concentrato o disperso. Tuttavia, nel sistema moderno la parte del tessuto sociale coinvolta in relazioni di potere è più grande di quella coinvolta in un sistema tradizionale; la partecipazione politica è più estesa nel primo caso che non nel secondo. Il sistema politico moderno, semplicemente, possiede più potere di quello tradizionale.
(Pag. 183-4)
[...] la modernizzazione comporta mutamenti sia nella distribuzione del potere, sia nella quantità di potere entro il sistema politico.
..
Il problema non è prendere il potere, ma creare potere, mobilitare politicamente i gruppi e organizzare la loro partecipazione politica. Ciò richiede tempo, e in genere anche lotte [..]
(Pag.185)
In una prima fase, la modernizzazione richiede il cambiamento delle credenze e delle condotte tradizionali, sociali, economiche e culturali, poi l'innovazione delle politiche, e quindi la concentrazione del potere. Il divario tra il forte e il debole si allarga. Nello stesso tempo, il cambiamento sociale e economico stimolato dell'innovazione delle politiche porta nuovi gruppi a chiedere di partecipare al sistema politico, e rende necessaria l'espansione del sistema. In una terza fase, di molto successiva, l'espansione del sistema può rendere possibile una nuova dispersione del potere entro il sistema stesso.
A secondo il punto di vista, si può dunque definire la modernizzazione politica in chiave di concentrazione, o di espansione, o di dispersione del potere [...]
(Pag. 186)
Cap. 5 - Rivoluzione e ordine politico
Una rivoluzione è un cambiamento rapido, fondamentale e violento dei valori e dei miti dominanti di una società, delle sue istituzioni politiche, della struttura sociale, della leadership, e dell’attività e delle politiche del governo.
….
Le rivoluzioni sono rare. La maggior parte delle società non ne ha mai vista una, e le epoche storiche non le hanno conosciute fino ai tempi moderni.
….
[..] la rivoluzione è una caratteristica della modernizzazione: è uno dei modi di modernizzare una società tradizionale;..
La rivoluzione è l’espressione ultimativa della visione modernizzante, della credenza che rientri nel potere dell’uomo il controllo e il cambiamento dell’ambiente che lo circonda, e che egli abbia non solo la capacità, ma il diritto di farlo. (pag.335-6)
La rivoluzione è dunque un aspetto della modernizzazione. Non è qualcosa che può accadere in qualsiasi tipo di società, in un momento qualsiasi della sua storia. Non è una categoria universale, ma un fenomeno storicamente delimitato, che non si realizzarà nelle società fortemente tradizionali, con livelli molto bassi di complessità sociale ed economica; e neppure nelle società altamente moderne. Come altre forme di violenza e instabilità, è più probabile che avvenga in società che hanno sperimentato un qualche sviluppo sociale ed economico, dove i processi di modernizzazione politica sono rimasti indietro rispetto a quelli di cambiamento sociale ed economico.
La modernizzazione politica comporta l’estensione della coscienza politica a nuovi gruppi sociali e la mobilitazione politica di questi gruppi. L’essenza politica della rivoluzione è l’espansione rapida della coscienza politica e la mobilitazione politica altrettanto rapida dei nuovi gruppi, a un ritmo che rende impossibile assimilarli da parte delle istituzioni politiche esistenti. La rivoluzione è il caso estremo di esplosione della partecipazione politica: senza quest’esplosione non c’è rivoluzione. Tuttavia, una rivoluzione completa comporta anche una seconda fase: la creazione e l’istituzionalizzazione di un ordine politico nuovo. La rivoluzione che ha successo congiunge la rapidità della mobilitazione politica con la rapidità della istituzionalizzazione politica. Non tutte le rivoluzioni generano un ordine politico nuovo. Misura di quanto rivoluzionaria sia una rivoluzione sono la rapidità e l’ampiezza dell’espansione della partecipazione politica; misura del successo di una rivoluzione sono l’autorità e la stabilità delle istituzioni che essa ha costruito.
Una rivoluzione integrale implica dunque la distruzione subitanea e violenta delle istituzioni politiche esistenti, la mobilitazione politica di nuovi gruppi e la creazione di istituzioni politiche nuove. La sequenza e i rapporti tra questi tre aspetti possono variare da un caso all’altro. Si possono identificare due modelli generali. Nel modello “occidentale”, le istituzioni politiche del vecchio regime collassano; vi fa seguito la mobilitazione politica dei nuovi gruppi, e quindi la creazione di istituzioni politiche nuove. La rivoluzione “orientale”, invece, inizia con la mobilitazione politica di nuovi gruppi e la creazione di istituzioni politiche nuove, e finisce con il rovesciamento violento delle istituzioni politiche del vecchio ordine.
…
[..] tra i due tipi v’è una differenza fondamentale quanto alla sequenza. Nella rivoluzione occidentale la mobilitazione politica è conseguenza del collasso del vecchio regime, in quella orientale è la causa della sua distruzione.
Il primo passo di una rivoluzione occidentale è il collasso del vecchio regime. Di conseguenza, l’analisi delle cause della rivoluzione si concentra di solito sulle condizioni politiche, sociali ed economiche esistenti sotto quel regime.Implicitamente, questo genere di analisi dà per scontato che, una volta che si sia disintegrata l’autorità del vecchio regime, il processo rivoluzionario progredirà irresistibilmente. In realtà, tuttavia, il collasso di molti regimi non è seguito da una rivoluzione integrale. Le cause del collasso del vecchio regime non sono necessariamente sufficienti a scatenare una vera rivoluzione.
…
Di conseguenza, è probabile che i fattori che originano la rivoluzione debbano essere rintracciati nelle condizioni esistenti dopo il collasso del vecchio regime, anziché in quelle che lo precedono.
Nella rivoluzione “occidentale”, per rovesciare il vecchio regime non occorre una gran dose di azione aperta da parte di gruppi ribelli. Come scrive Pettee, ”la rivoluzione non comincia con l’attacco allo stato di una forza nuova e potente. Comincia semplicemente con la percezione improvvisa da parte di tutti i gruppi, attivi o inerti che siano, che lo stato non esiste più.” Il collasso è seguito dal vuoto di autorità. “I rivoluzionari entrano in scena ..come bambini timorosi che esplorano una casa vuota, e non sono sicuri che lo sia davvero”. Il fatto che una rivoluzione scoppi o meno dipende dal numero e dalla natura dei gruppi che entrano nella casa. Se esiste una grande differenza di potere tra le forze sociali superstiti dopo la scomparsa del vecchio regime, la forza sociale o la combinazione di forze sociali più potente può essere in grado di riempire il vuoto e restaurare l’autorità, con una espansione relativamente limitata della partecipazione politica. …. Il fattore cruciale è la concentrazione o dispersione del potere che segue il collasso del vecchio regime. Quanto meno tradizionale è la società in cui ciò avviene, e quanto più numerosi sono i gruppi disponibili, capaci e propensi alla partecipazione politica, tanto più probabile sarà la rivoluzione.
(pag...)
...
(pag...)
...
La società esistente prima della rivoluzione ha di solito uno scarso senso del bene comune, caratterizzata com’è dalla decadenza e dal dissesto delle istituzioni politiche, dalla frammentazione della polity, dalla affermazione di rivendicazioni locali e settoriali, dal perseguimento di scopi privati, dal predominio di lealtà rivolte alla famiglia e ad altri raggruppamenti primari. La rivoluzione distrugge il vecchio ordine sociale con le sue classi, il suo pluralismo e le sue lealtà particolari. Vengono alla luce nuove basi di moralità e legittimità nuove e più generali, nazionali anzichè locali, politiche anzichè sociali, rivoluzionarie anzichè tradizionali. [...] L’interesse pubblico del vecchio ordine era decaduto in un turbine di interessi particolari in conflitto: l’interesse pubblico del nuovo ordine è l’interesse della Rivoluzione.
…
Nella sua fase negativa, la rivoluzione completa la distruzione di un codice morale e di un assetto istituzionale già in disintegrazione. Nella sua fase positiva, essa dà origine a fonti di moralità, autorità e disciplina nuove e più esigenti. Ogni regime rivoluzionario fissa standard di moralità pubblica più elevati, più larghi e più aspri di quelli del regime che sostituisce. [...] Ogni rivoluzione è una rivoluzione puritana.
Le rivoluzioni avvengono dove la partecipazione politica è limitata e le istituzioni politiche sono deboli. Come ha osservato Jouvenel, <[i] popoli erigono il patibolo non come punizione morale del dispotismo, ma come sanzione biologica dell’impotenza>.
(pag.392-3-4)
Nessun commento:
Posta un commento