giovedì 27 giugno 2013

Lotta politica, coscienza sociale e sviluppo economico


Intervento pronunciato da Carlo Annoni il 26/6/2013 nell’ambito dell’incontro pubblico su “L'Italia in stallo: precipitare nel sottosviluppo o riconquistare il cielo dello sviluppo?”


Divagazioni su lotta politica, coscienza sociale e sviluppo economico
Il problema italiano non è di autorità, ma di autonomia: l'assenza di una vita libera fu attraverso i secoli l'ostacolo fondamentale per la creazione di una classe dirigente, per il formarsi di un'attività economica moderna e di una classe tecnica progredita (lavoro qualificato, intraprenditori, risparmiatori): che dovevano essere le condizioni e le premesse di una lotta politica coraggiosa, strumento infallibile per la scelta e il rinnovamento della classe governante.Piero Gobetti



1. La trappola del sottosviluppo
Chi ha avuto modo per esperienza diretta di comparare società sviluppate e società sottosviluppate, riconoscerà volentieri che la diversità tra i due tipi di società sostanzialmente consiste nel valore del « capitale umano » così nelle classi alte come nelle classi basse. Il guaio di un paese sottosviluppato non sta tanto nella mancanza di capitale o nell'arretratezza delle conoscenze tecnologiche quanto nella povera qualità dei suo fattore umano: un Paese sottosviluppato ha imprenditori che valgono poco, operai che valgono meno, professori incompetenti, studenti che studiano poco, governanti che non sanno governare e cittadini senza senso civico. Per questo il Paese resta sottosviluppato. La mancanza di capitali e l'arretratezza tecnologica e amministrativa in certo senso sono più « conseguenze » che cause » del fenomeno dell'arretratezza.....L'istruzione è un elemento importante nel migliorare la qualità del capitale umano. Ma l'istruzione non basta. Per il buon funzionamento di una società occorre la presenza di qualità psichiche ed etiche, quali lo spirito di collaborazione, il senso di onestà, la tolleranza, lo spirito di sacrificio e di iniziativa, la perseveranza, la curiosità intellettuale e sperimentale, ecc. -  Carlo M.Cipolla

La lettura di Cipolla ci suggerisce che per avere sviluppo non servono tanto soldi e risorse materiali, quanto le capacità (capabilities) per metterle a profitto, in primis persone capaci e preparate, amministrazioni oneste e efficienti, fiducia diffusa.

La mia impressione è che valga anche l’inverso, per cui una società a economia ferma o declinante difficilmente fornirà le condizioni per uno sviluppo del proprio capitale umano e probabilmente anche di quello sociale.
Inoltre, le scorciatoie politiche allo sviluppo, fatte a colpi di diktat dall’alto, si sono generalmente mostrate inefficaci al di là del breve periodo. L’industrializzazione dall’alto, in una società non pronta e con istituzioni basilari inefficenti o corrotte, ha in genere prodotto solo cattedrali nel deserto. Quando lo Stato, al di là del fornire le condizioni basilari della convivenza civile, ha cercato di forzare lo sviluppo sostituendosi all’iniziativa dei singoli, i risultati non sono in genere stati buoni o duraturi.
Messa così, sembrerebbe esserci una sorta di circolo vizioso per cui una società, una volta perso il treno dello sviluppo, difficilmente ne (ri)troverà la via, e di sicuro non la si troverà per decreto.

2. Si può sfuggire alla trappola del sottosviluppo?
Se il sottosviluppo si presenta come un circolo vizioso e l’intervento di forza dello stato è inefficace, esiste modo per uscire dal circolo vizioso? Si, nella storia esistono esempi di società che hanno saputo uscire dal sottosviluppo.
Non l’uomo nuovo [la natura umana non cambia], non l’imperio dello stato [lo sviluppo per decreto non funziona], ma il lento, mai lineare, sempre contrastato evolversi delle strutture sociali, quando rafforza capitale sociale e capitale umano, sembra alla base dei successi osservati.
Non abbiamo il tempo per sviluppare questa considerazione, e indicherò sinteticamente quelli che ritengo i punti chiave del cambiamento richiesto:
  • Le istituzioni politiche e giuridiche (e militari, per le quali andrebbe fatta una ulteriore riflessione) devono garantire un livello adeguato di sicurezza dei cittadini, di tutela delle libertà civili, economiche e dei diritti di proprietà, e parallelamente evolvere acquisendo la capacità di includere e dare espressione politica reale ad ampie fette della società
  • Famiglia e scuola devono insegnare ai giovani a lottare nella consapevolezza che la vita è lotta (nel rispetto di regole condivise), e che benessere e libertà sono conquista quotidiana e non certo “diritti acquisiti”.


3. Lotta politica e sviluppo

Non basta essere interessati nel successo di una data politica: bisogna sapere di esservi interessati. In ultima analisi la storia è fatta non dagli interessi materiali, ma dalla intelligenza che interpreta o misinterpreta gli interessi materiali. - G.Salvemini

Come è possibile realizzare i punti chiave del cambiamento, passando dalle istituzioni proprie del dispotismo burocratico a istituzioni aperte, in cui sia favorita la libertà e la responsabilizzazione degli individui, e ne sia garantito il rispetto universale dei diritti naturali tra cui la proprietà?
Premetto che ritengo le istituzioni sociali il risultato di una evoluzione storica determinata dai rapporti di forza nella società, rapporti tra gruppi o classi portatori di interessi distinti.
Data questa premessa un cambiamento delle istituzioni può darsi solo come risultato di una evoluzione nei rapporti di forza tra le parti della società.
Si badi bene: attraverso la lotta e non attraverso una presa di coscienza dei gruppi dominanti, perchè il primo interesse di qualsiasi gruppo al potere è tenersi stretto il potere e mantenere le condizioni che glielo assicurano.
So cosa molti staranno pensando: “ma sta dicendo che più coscienza e lotta di classe favoriscano lo sviluppo? “
Si, e non perchè ci sia una classe prescelta e un destino della società come pensavano i marxisti, ma perchè lo sviluppo richiede una società viva, con individui attivi lasciati liberi di intraprendere, di fare scelte in responsabilità, di godere i frutti del proprio lavoro perseguendo la propria visione di felicità nel rispetto della libertà altrui.
Oggi l’Italia non funziona perchè troppa parte della società vive del lavoro e del rischio altrui, e nel farlo rende sempre più arduo lavorare, intraprendere, risparmiare agli altri.
Per cambiare questo serve lotta politica, che è lotta per il potere, e che richiede gruppi sociali con una coscienza del proprio valore e dei propri interessi.
Solo quando la lotta politica determinerà un nuovo equilibrio tra ceti burocratici e classi produttive allora ci saranno le condizioni per avviare il circolo virtuoso dello sviluppo.

4. Conclusioni (provvisorie e parziali)
I mali cominciano quando il governo, invece di far appello ai poteri dei singoli e delle associazioni, si sostituisce ad essi; quando invece di informare, consigliare, e talvolta denunciare, impone dei vincoli, ordina loro di tenersi in disparte e agisce in loro vece. [...] A lungo termine, il valore di uno Stato è il valore degli individui che lo compongono [...] uno Stato che rimpicciolisce i suoi uomini perché possano essere strumenti più docili nelle sue mani, anche se a fini benefici, scoprirà che con dei piccoli uomini non si possono compiere cose veramente grandi; e che la perfezione meccanica cui ha tutto sacrificato alla fine non gli servirà a nulla, perché mancherà la forza vitale che, per fare funzionare meglio la macchina, ha preferito bandire. - J.S.Mill
Le grandi nazioni non sono il frutto di operazioni pensate a tavolino, ma di lunghe, incerte e dolorose lotte sociali e politiche.  Attraverso queste lotte le società hanno acquisito una propria autonomia dai gruppi dominanti, facendosi così comunità e Nazioni.
Questa autonomia è risultato di un processo di ridistribuzione del potere. A questo processo dovrebbero guardare con attenzione e favore sia progressisti che conservatori.
I progressisti dovrebbero vedere che una promozione sociale reale e duratura non può essere garantita da una ridistribuzione di ricchezza gestita dallo stato, ma solo assicurando condizioni per cui gli individui provenienti da ogni settore sociale possano partecipare e approfittare delle opportunità connesse alla produzione della ricchezza; i conservatori dovrebbero mirare a conservare la società difendendo e potenziando le capacità di “autodifesa immunitaria” della società contro l’invadenza dello stato.
Si dirà: “ma siamo arrivati fin qui e non è poco. Perchè cambiare?
Perchè una società pervenuta al successo produce, spesso inconsciamente, le condizioni che ne determinano il declino. A volte i processi sono secolari, a volte rapidissimi, ma ciò che distingue elitè sociali mediocri e fallimentari da elitè valide è riconoscerne per tempo i segni e le cause.
Conservatori e progressisti, ciascuno nel proprio focus e con missioni differenti, debbono oggi rendersi conto del comune interesse a conservare, attualizzando, le condizioni che rendono vitale la nostra società.
La nuova linea di divisione nella politica italiano non dovrebbe essere la vecchia frattura destra - sinistra dei conservatori v. progressisti, ma, come ormai oltre 150 anni fa in Italia, tra coloro che vedevano con sufficiente chiarezza le ragioni dello sviluppo e la necessità delle modernizzazioni, e coloro che, prigionieri e forti di tanti interessi presenti, volevano mantenere inalterati gli assetti di potere in essere nella società.
Oggi serve una diversa distribuzione del potere tra le classi della società; in particolare serve riequilibrare il potere delle classi produttive (impresa - lavoro - risparmio) rispetto la casta burocratica.
Il riequilibrio tra le classi è necessario per ottenere le condizioni per di una rinnovata alleanza tra stato e società, alleanza necessaria per ritrovare la via dello sviluppo.


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