giovedì 6 giugno 2013

La mia teoria liberale della lotta di classe - (1998) Luigi De Marchi

Ho ricevuto in questi giorni da un giovane ricercatore dell’Università di Bologna, Guglielmo Piombini, un bel saggio intitolato " Verso una teoria liberale della lotta di classe" che sarà pubblicato in uno dei prossimi numeri della rivista Federalismo e Società diretta da Mauro Marabini. Il saggio appoggia e rilancia una tesi proposta con insistenza nei miei scritti dell’ultimo decennio: e cioè che nella maggior parte di questo secolo la vera lotta di classe del nostro tempo è stata e resta quella tra i lavoratori del privato (imprenditori, dipendenti e autonomi) e la burocrazia parassitaria che tutti li depreda, ormai, di 2/3 del loro reddito.

E mi ha fatto piacere vedere che Piombini, a differenza di vari politici e politologi di questi anni, riconosce questa mia priorità nell’enunciazione della teoria liberale e liberista della lotta di classe aprendo il suo saggio con le prime parole del mio libro " Il Manifesto dei Liberisti", pubblicato delle edizioni Seam nel '95: " La grande novità politica di questo scorcio di secolo in tutto l’Occidente avanzato - affermo nel brano citato da Piombini - è la Rivolta dei Produttori del privato contro la classe burocratica e i suoi padroni/padrini: i parassiti statalisti. Questa è la vera lotta di classe del nostro tempo, altro che quella tra imprenditori e dipendenti del privato, di cui sono andati vaneggiando per tutto il secolo i nipotini di Carlo Marx!". E con la stesse correttezza Piombini sottolinea anche come questa tesi, elaborata in molti miei scritti degli anni ' 90, fosse già chiaramente enunciata in un mio libro del ' 75 pubblicato dalla Sugarco ed intitolato Psicopolitica, con cui oltre 20 anni fa gettavo le basi della psicologia politica liberale: “E' sempre più evidente - scrivevo in quell'opera sfidando l’imperante delirio marxista- che la vera classe parassitaria e sfruttatrice è nel mondo intero, e da lungo tempo ormai, la classe burocratica.”
Il grande merito di Piombini e del suo ottimo saggio è di aver raccolto con cura ed acume le anticipazioni della mia teoria liberale della lotta di classe sparse nelle opere di alcuni grandi maestri del pensiero liberista: da Charles Comte a Charles Duneyer, da James Mill a Vilfredo Pareto nel secolo scorso, da Oppenheimer a Nock, da von Mises ad Hayek nell’attuale.
Forse un limite a questo saggio di Piombini sta nell’illusione (peraltro ben comprensibile in un giovane, poiché senza un pizzico di illusione nessuna gioventù è davvero tale) che a questo scontro di classe in atto tra produttori e burocrati corrisponda una matura coscienza di classe nella classe sfruttata: appunto tutti gli operatori del privato. “I protagonisti della sollevazione antiburocratica in atto degli ultimi vent'anni - scrive infatti Piombini - si sono accorti di avere in comune interessi, mentalità ed aspirazioni e di far parte di un’unica e grande classe, i produttori, composta da tutti coloro che, sottomessi alla legge della concorrenza, vivono nell’incertezza dell’economia privata: sia il temperamento che l’ambiente di lavoro li portano ad accogliere una concezione liberale della vita e della produzione”.
E ancora una volta, a questo proposito Piombini sottolinea l’importanza della mia idea di radicare la teoria liberale della lotta di classe nella psicologia politica: “ Da psicologo - scrive Piombini - De Marchi ha messo bene in luce, nell’antagonismo tra produttori e burocrati, i contrapposti tipi caratterologici”.
Purtroppo la maturazione di questa nuova coscienza di classe, a mio parere, è invece ancora lontana. Ed anzi su questa inconsapevolezza degli sfruttati continuano a prosperare la vecchia sinistra e tutte le forze stataliste. Ma è già un enorme passo avanti che questa teoria trovi consensi e sviluppi nei giovani pensatori come Piombini.

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