Pubblichiamo il contributo di Mario Spezia alla conferenza programmatica PD.
Affrontare il tema della sicurezza delle nostre comunità vuol dire, oggi, anche allargare lo sguardo
a fenomeni che ai più sfuggono per la difficoltà nel mettere a fuoco nuove problematiche e
comprendere le nuove emergenze ed i nuovi bisogni.
Al riguardo ne vorrei segnalare uno che, a mio avviso, anche le varie Istituzioni preposte non
stanno affrontando in modo compiuto e sistematico:
il tema della legalità delle imprese e della leale concorrenza tra di esse.
In un territorio come il nostro dove il sistema dei servizi alle imprese (leggi logistica e non solo)
sta via via assumendo un ruolo preminente nella formazione del PIL, dobbiamo registrare una
percentuale, stimata, di circa un 30% (parliamo di circa 2500/3000 persone) di lavoratori irregolari
e/o non in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge (contratti collettivi di lavoro regolari,
coperture assicurative e previdenziali necessarie).
Lavoratori “deboli” o in difficoltà che non si possono permettere altro genere di attività e/o
preferiscono incassare qualche euro all’ora in più avendo una prospettiva di vita solo quotidiana,
non proiettata al futuro (un lavoratore “irregolare” guadagna, il più delle volte, 1 o 2 € orari in
più di un lavoratore regolarmente assunto per il quale l’azienda è chiamata a coprire tutti gli oneri
previdenziali oltre alla tassazione); tutto ciò innesca un sottobosco di irregolarità e di devianza
sociale dalle enormi conseguenze; anche, più in generale, per ciò che riguarda proprio la sicurezza
(essendo, tra l’altro, questa tipologia di lavoratori per lo più extracomunitari non in possesso di
regolare permesso di soggiorno).
Individui socialmente deboli che vengono sfruttati da imprese senza scrupoli che attraverso
l’illegalità accumulano ingenti quantità di denaro (in nero) divenendo così sempre più forti ed
autorevoli; e soprattutto in un momento di crisi economica come l’attuale acquisiscono sempre
di più (sfruttando le difficoltà economiche dei committenti) quote di mercato ai danni di imprese
virtuose (che possono anche venire messe nelle condizioni di chiudere l’attività, dovendo lavorare
sottocosto).
E’ un processo questo che riguarda imprese e/o consorzi per lo più a carattere nazionale, con sedi
a Milano o Roma, difficilmente controllabili attraverso i metodi e le procedure consuete, dalle
forti capacità legali e dai contatti e/o amicizie molto radicate ai più alti livelli, che non possono
essere “combattute” senza una forte condivisione locale.
Se oltre a questo aggiungiamo i gravissimi fattori di alterazione della legalità che negli ultimi
anni hanno visto coinvolto il nostro territorio e la nostra comunità da quanto si evince dai processi
che stanno riguardando il direttore dell’Ispettore provinciale del Lavoro (in combutta con alcuni
sindacalisti), abbiamo il quadro disarmante di una realtà territoriale in forte disagio (ricordiamo
che “l’attività” imprenditoriale “illegale” oltre a creare, attraverso l’evasione fiscale e quella
contributiva, grave disagio a tutte le “casse “ pubbliche, riesce anche a generare un volano di
soldi “in nero” che permette la creazione di condizioni di mercato falsate a danno delle altre
imprese – soldi che servono poi, ad esempio, per corrompere funzionari pubblici e privati, ma non
solo).
E il pensare che questo tema non riguardi direttamente, ad esempio i Comuni, ci si sbaglia; infatti
non può esistere un tema dalla così profonda rilevanza sociale che non debba riguardare tutte le
Istituzioni del territorio, nessuna esclusa: da quelle più direttamente coinvolte (da parte mia sto
insistendo perché la Camera di Commercio faccia della lotta alla legalità ed alla leale concorrenza
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fra le imprese il proprio cavallo di battaglia): fino ad arrivare ai nostri Comuni.
Infatti questi fenomeni “malavitosi” hanno bisogno, per progredire, della “silenziosa accettazione”;
devono allontanare da se l’attenzione pubblica, temono, più di ogni cosa, la generale indignazione
di una intera comunità. All’uopo invitiamo ad aggiungere alla carta etica, che il PD rivolge
all’attenzione dei professionisti e degli Ordini, anche gli ordini professionali e le organizzazioni di
categoria, per allargare l’impegno a sviluppare processi virtuosi anche alle imprese.
Ma non si tratta solo di lavorare sugli atteggiamenti ma proprio anche nella organizzazione di un
sistema; infatti, nel caso della logistica, in tutto il nostro territorio si generano questi fenomeni
anche perché parliamo di un settore che, pur in così grande sviluppo, non è organizzato, non vi è
una struttura di coordinamento che lo sovrintende. Oggi una qualsiasi impresa si insedia nel nostro
territorio comprando l’area ed iniziando ad operare senza che vi sia la conoscenza, da parte delle
Istituzioni e quindi della comunità, di che tipo di lavoro svolge, di quanti addetti necessita, ecc.
Tutto ciò, se poteva andar bene fino a pochi anni fa (e soprattutto in altri settori), oggi non può più
bastare (e soprattutto nella logistica); vediamo, al proposito l’esempio di Parma che ha l’interporto
(che è la struttura di coordinamento e di gestione complessiva); li l’azienda che vuole insediarsi
ha a disposizione una serie di strutture di coordinamento ma deve sottostare ad una serie di regole
generali e di comportamento. E’ vero, per andare verso quella direzione, a Piacenza, bisogna
superare l’ostilità (non dichiarata ma esercitata) di alcune associazioni di categoria che vogliono,
in prima persona, gestire direttamente le aree e le imprese; ma sono ostacoli di piccola entità,
superabili con la ferma decisione politica.
Per finire l’invito che rivolgo è quello di affrontare tutti i temi, come oggi quello sulla sicurezza,
alzando lo sguardo a problematiche più generali, perché i fenomeni si sono fatti complessi e
compito della politica non può essere solo quello di trovare i rimedi e “tappare le falle” ma, invece,
soprattutto quello di programmare e costruire la società del domani.
Piacenza 21 giugno 2011
Mario Spezia
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