venerdì 10 settembre 2010

In Italia si salvano distretti industriali e business, ma la competitività resta una chimera

di Vittorio Da Rold
Il Sole 24 Ore
09 settembre 2010

L'Italia resta ferma al 48/o posto nella classifica mondiale della competitività stilata come ogni anno dal Global Competitiveness Report 2009-2010 pubblicata a Ginevra dal World Economic Forum (Wef) guidato da Klaus Schawb. La classifica - guidata quest'anno da Svizzera, Svezia, Singapore e dagli Stati Uniti che hanno perso ben due posizioni - vede l'Italia arrancare preceduta da tutti i maggiori Paesi industrializzati.

Se Obama non ride l'Italia resta ancora «nettamente il Paese del G-7 più basso nella classifica», osserva il Wef nei suoi commenti(frutto anche di interviste a businessmen), superata dalla Lituania e preceduta da paesi come la Tunisia (32esima) o la Polonia (39). Come mai? La competitività globale del paese continua ad essere gravata da alcune debolezze strutturali della sua economia, afferma il Wef.

Quali? Come negli anni scorsi, l'Italia ottiene buoni voti in alcuni settori complessi misurati dall'indice globale di competitività (Global Competitiviness Index, Gci) ed in particolare per la sofisticazione del suo ambiente di business (23/esimo posto) e per la produzione di beni che si collocano in alto della catena di valore. Inoltre - afferma il Wef - il paese dispone di forti distretti industriali (cluster business), per la quale risulta prima al mondo.

L'Italia dispone inoltre di un ampio mercato (il nono al mondo) che consente forti economie di scala. Tuttavia, il mercato del lavoro resta ancora troppo rigido, soprattutto per i lavoratori più anziani: risulta 118/a (su 139) per l'efficienza del suo mercato del lavoro e questo ostacola la creazione di nuovi posti di lavoro quando la congiuntura è positiva.

Il mercato finanziario non è sufficientemente sviluppato pur avendo questa presunta arretratezza preservato il paese dagli effetti peggiori della crisi finanziaria. Tra le altre debolezze istituzionali, il Wef segnala «l'alto livello di corruzione e del crimine organizzato», nonché la eccessiva lunghezza dei processi civili che accresce i costi del business e mina la fiducia degli investitori stranieri senza di cui si fa fatica a fare il salto di qualità.

Nella classifica, l'Italia è immediatamente preceduta dalla Lituania (salita dal 53/esimo al 47 posto), Portogallo (46), Slovenia (45), Indonesia (44), Barbados (43) e Spagna (42). È seguita da Montenegro (49), Malta (50) e India (51).

1 commento:

  1. Allego link al rapporto completo
    http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/Global%20Competitiveness%20Report/index.htm

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