mercoledì 14 aprile 2010

Italia fanalino di coda in Europa

Redatto dall'Istituto Bruno Leoni
http://www.brunoleoni.it

L'Indice della libertà d'intrapresa realizzato dall'IBL dipinge un quadro sconfortante.

L’Italia è il paese meno libero d’Europa, dal punto di vista economico. Secondo l’Indice della libertà di intrapresa, sviluppato dall’Istituto Bruno Leoni, le nostre imprese sono libere al 35 per cento, ben sotto la media europea (57 per cento) e a distanza siderale dal paese più libero, l’Irlanda (74 per cento).

L’Indice della libertà di intrapresa si propone di misurare gli spazi di libera iniziativa presenti nelle diverse realtà del continente europeo, con l’obiettivo di cogliere in che modo il sistema regolamentare favorisca oppure ostacoli la produzione di ricchezza, l’innovazione, la creazione di posti di lavoro. In pratica, si tratta di un indicatore sintetico che raccoglie informazioni su vari aspetti, allo scopo di confrontare l’attrattività delle diverse economie. Esso si compone di cinque aree – libertà dal fisco, libertà dallo Stato, libertà d’impresa, libertà del lavoro, libertà dalla regolazione – ciascuna delle quali interpreta i dati raccolti da 55 indicatori tratti da rapporti e documenti internazionali. In questo modo, è possibile selezionare degli indicatori che si ritengono rilevanti allo scopo di capire quali siano i punti di forza e di debolezza di un paese, e utilizzarli per formare un indice di immediata interpretazione: il risultato, infatti, è in sostanza una “percentuale” di libertà economica, dove valori più alti corrispondono a una maggiore libertà. L’indice è stato pensato per applicarsi alla realtà europea, in modo da valutare un numero ristretto e relativamente omogeneo di paesi.

L’indice è costruito per interpretare in modo relativo ciascun indicatore: in altre parole, il “massimo” e il “minimo” di ciascun singolo indicatore (per esempio, l’aliquota massima dell’imposta sul reddito d’impresa) non sono valori teorici ottimali (per esempio, zero e cento per cento di tassazione), ma dipende dai valori minimo e massimo effettivamente riscontrati (per esempio, le aliquote del 10 per cento in Bulgaria e del 34 per cento in Belgio).

In relazione all’Italia, l’aspetto più clamoroso riguarda il fatto che il nostro 35 per cento – sebbene rispecchi una realtà relativamente variegata – non è il frutto della media tra valori molto alti e molto bassi, ma dipende dal fatto che, per ciascuna delle nostre cinque aree, l’Italia si colloca nelle ultime posizioni in graduatoria (con la significativa eccezione della libertà del lavoro). In particolare, il 35 per cento di libertà d’intrapresa rispecchia la media tra il 31 per cento di libertà dal fisco, il 42 per cento di libertà dallo Stato, il 48 per cento di libertà del lavoro, il 37 per cento di libertà d’impresa, e addirittura il 18 per cento di libertà dalla regolazione.

Entrando nel merito delle macroaree, sulla libertà dal fisco l’Italia si posiziona all’ultimo posto. Sulla libertà dallo Stato solo quattro paesi fanno peggio di noi (Francia, Grecia, Ungheria e Portogallo). Sulla libertà d’impresa è penultima, prima della Grecia. Sulla libertà dalla regolazione, ultima. Unica area di relativo successo italiano è la libertà del lavoro, dove il nostro paese si colloca al sedicesimo posto, davanti ad altri otto paesi e molto vicina al valore medio per l’intera Ue (54 per cento).

Il rapporto completo è disponibile qui (PDF).
Una differente versione compare all’interno del volume realizzato dal Centro Studi di Confindustria, dal titolo “Libertà e benessere, l'Italia al futuro”.

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