venerdì 2 ottobre 2009

L’identikit del perfetto liberale

Pier Paolo Segneri

Europa
2/10/2009

Il pensiero liberale è un cammino di ricerca. È un territorio sconosciuto da scoprire. È un luogo di partenza, non un punto di arrivo. È un percorso di conoscenza, non una Verità rivelata. Il pensiero liberale è una filosofia della libertà, non un obbligo ideologico.
È una spinta al cambiamento, non una struttura vecchia e coercitiva.
Il liberale non cerca l’identità. Solo chi non ha memoria, ha bisogno di cercare la propria identità. E chi non ha memoria, vive in un eterno presente e non ha futuro.
L’identità principale dei liberali è quella di cambiarla, l’identità. Perché il liberalismo vive nell’antico che si fa nuovo, nella memoria che si fa presente e si proietta verso l’avvenire. Con una visione, un progetto, una speranza… I liberali si rinnovano sempre perché si fanno essi stessi speranza per il cambiamento. E ogni cambiamento è una scoperta, per sé e per gli altri che ci sono vicini. Perché il metodo liberale procede per errori, per sconfitte, per cadute. Ma ha la forza di vedere, in ogni fallimento, le ragioni della ricerca di giustizia e di giustezza.
«Solo l’individuo pensa; solo l’individuo ragiona; solo l’individuo agisce», ripete Ludwig Von Mises, uno dei padri del liberalismo. Ma che cosa significa pensare, agire ed essere liberali oggi? Liberale, nel 2009, vuol dire “riformatore”. Dichiararsi liberali vuol dire ragionare come centro propulsore del rinnovamento della politica italiana. Marco Pannella e i Radicali, anche in tal senso, sono liberali al 100 per cento.
Essere laici, democratici, libertari, radicali e socialisti significa, oggi, usare dei vocaboli divenuti tra loro sinonimi.
E sono ormai tutti sinonimi del termine liberale.
Chi è liberale non possiede una verità in tasca o una ricetta prestabilita.
Ma va alla ricerca delle verità, al plurale, rinnovando ogni giorno le proprie domande ai quesiti ancora irrisolti. E anche quelli di cui già sa o ha la risposta. Perché valuta se tale risposta è ancora valida: se ha retto al passaggio del tempo, al mutare dei costumi e delle situazioni.
Il liberale vive, nella lotta quotidiana, la difesa della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità.
Che non sono conquiste acquisite una volta e per sempre, ma vanno protette, salvaguardate, ribadite.
Essere liberale significa sostenere e promuovere la diffusione dei diritti umani e civili in ogni luogo.
Senza imposizioni. Il liberale non impone un’idea perché ritiene che la forza delle idee abbia la capacità di imporsi da sola. Non impone un principio con la violenza, ma provoca la scintilla che illumina le menti. E si alimenta di ogni ragionevole dubbio: da cui nasce quel percorso di idee che conduce a nuove verità, rigorosamente con la minuscola. Perché correggibili e mutabili. «Per liberale – scrive Karl Popper – intendo un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità». Se non è attuale questo discorso di Popper, cos’altro lo è? E di che cosa si vuol discutere, se non del rapporto e del conflitto nonviolento e dello scontro politico tra liberali e potere? Il quotidiano Europa lo ha capito e lo ha scritto, ripetuto, rilanciato nelle sue pagine.
Perciò, personalmente, da radicale e da liberale, non posso che riconoscere questo merito al giornale “democratico” e al suo direttore. E speriamo si prosegua su questa strada. Anche per dare una scossa che risvegli la discussione dentro questo Pd.
Norberto Bobbio affermava: «Eliminate una concezione individualistica della società. Non riuscirete più a giustificare la democrazia come forma di governo». Questa è oggi la posta in gioco: la democrazia liberale. L‘interdipendenza tra gli individui.
Come accade per il giornalismo di Europa, liberale è colui che apre la mente verso l’alterità, la diversità, il proprio opposto. Infatti, il pensiero liberale è sempre in movimento, in divenire, in trasformazione.
E tutto ciò è l’esatto contrario del trasformismo e della conseguente metamorfosi del Potere.
Anche se, bisogna ricordarlo, il liberale si basa sempre sul rispetto della persona, della dignità umana, della regola. La libertà è basata sulla responsabilità, sulla giustizia e sullo stato di diritto. Resta sempre valido, perciò, l’antico motto: «Non c’è libertà senza giustizia e non c’è giustizia senza libertà».
Insomma, il pensiero e l’azione liberale non sono un’ideologia, non sono una dottrina dogmatica, non sono mai e in nessun caso un assolutismo politico. Anzi, il metodo liberale è anti-ideologico, anti-totalitario, anti-dogmatico.
Luigi Einaudi asseriva che il liberalismo «è quella politica che concepisce l’uomo come fine». Quindi, liberale è colui che si oppone al potere come fine. Dunque, oggi, nel nostro paese, è liberale chi sceglie un’alternativa riformatrice rispetto alla staticità della nondemocrazia italiana, dell’ingiustizia, dell’egoismo, del pregiudizio, della violenza, del monopolio, del proibizionismo, del protezionismo e degli assolutismi, di ogni genere e specie, che usano l’uomo come mezzo, come strumento, come veicolo per il raggiungimento e il mantenimento del potere. Anche il dibattito congressuale del Partito democratico potrebbe, forse, ragionare su questo nodo. E discutere.
Perché tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine. Ma da soli non si sciolgono.
Di tutto questo, della riforma della giustizia, delle prossime elezioni regionali e molto altro ancora si parlerà, per tre giorni, da oggi, nel comitato di radicali italiani, cioè del soggetto politico nazionale dell’area radicale. Ad un mese dal congresso, è assai attesa la relazione iniziale della segretaria Antonella Casu.

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