Gim Cassano interviene sulla natura mistificatoria del referendum di giugno
Dopo mesi di oblio, la questione del Referendum sulla legge elettorale ritorna d'attualità; rispetto a quando furono raccolte le firme, l'Italia politica è profondamente diversa, e l'impatto politico che verrebbe a crearsi a seguito dell'eventuale vittoria del referendum non sarebbe di piccolo conto.
Intanto, occorre chiarire bene di che si tratta; i sostenitori dei quesiti referendari presentano il tutto come il Referendum “contro la legge-porcata”; ma, nel dir ciò, fanno una colossale opera di disinformazione. Agli occhi degli italiani, la legge porcata è la legge che ha ripristinato il proporzionale, cancellando la quota (era il 75%) di eletti con il sistema uninominale ad unico turno; e soprattutto, è la legge che ha introdotto, per tutti gli eligendi, le liste bloccate senza preferenze, alla Camera ed al Senato.
Nulla di tutto ciò verrebbe cancellato nel caso di una vittoria del SI. Agli italiani non è stato concesso di esprimere preferenze nelle ultime due elezioni politiche, e non sarà concesso di esprimer preferenze con la legge che dovesse emergere dalla vittoria del referendum.
Cosa cambierebbe, allora? Due cose:
La prima, pienamente condivisibile in via di principio ma, tutto sommato, di non rilevante impatto politico:
verrebbe eliminata la possibilità delle candidature plurime al Senato ed alla Camera; questa possibilità ha consentito ai maggiori leaders dei diversi partiti di candidarsi in più circoscrizioni per esser certi della propria elezione e per creare un effetto di traino dovuto alla propria immagine, non rendendo chiaro agli elettori chi sarebbe stato il loro rappresentante; e, grazie al gioco delle dimissioni in caso di elezione plurima, ha concesso loro il diritto di far entrare in Parlamento i più graditi (o i meno sgraditi) tra i primi dei non eletti.
La seconda, che ha invece carattere sostanziale:
Il premio di maggioranza, che il Porcellum (la legge attuale) riserva alla coalizione che abbia ottenuto il maggior numero di voti, verrebbe invece attribuito alla singola lista che abbia ottenuto il più alto numero di voti.
In pratica, se si votasse oggi con la legge che deriverebbe dalla vittoria del Referendum, il PdL avrebbe, da solo, e senza bisogno dei voti della Lega o del MPA, la maggioranza assoluta nelle due Camere.
In quanto al PD, con questo sistema vedrebbe rafforzarsi le argomentazioni a sostegno della tesi del “voto utile”, e vedrebbe anch'esso la sua rappresentanza incrementata dalla quota di voti “sprecati” in quanto affluiti a liste che non avrebbero raggiunto il 4% alla Camera o l'8% al Senato. In pratica, al PD, pur arrivando secondo, verrebbe concesso di condizionare e, al limite, monopolizzare la rappresentanza politica a sinistra, mettendogli nelle mani l'arma del proporre alle altre formazioni di centro-sinistra la possibilità o meno di entrare nelle proprie liste (“arrendersi o perire”). E ciò è sufficientemente appagante per un PD che ha da tempo maturato la convinzione della propria subalternità e la conseguente rinuncia ad essere, per manifesta incapacità e mancanza di volontà, alternativo alla destra.
Ai “nanetti”, come spregiativamente li chiama Sartori, resterebbe la scelta tra rischiare l'esclusione dalla rappresentanza o il dover “entrare” in una delle formazioni maggiori; o, in alternativa, coalizzarsi prescindendo da disomogeneità culturali e politiche.
Per fare un esempio, se si votasse oggi (tenuto pur conto del rilevante incremento di consensi ottenuto da IdV), avremmo un Parlamento nel quale il PdL avrebbe, da solo, la maggioranza assoluta, e nel quale sarebbero presenti, oltre al PdL, solo la Lega ed il PD in entrambe le Camere, mentre IdV ed UdC non sarebbero presenti al Senato.
Agli italiani, domani come ieri, non sarebbe consentito un minimo di intervento sulla scelta della rappresentanza.
Questo sistema elettorale ha, in Italia, un solo precedente: la legge Acerbo del 1923, che alcuni definirono come atto di suicidio di un Parlamento (non l'unico nella storia europea: Reichstag, 1933; Assemblée Nationale, 1940), che consentì al Parlamento eletto con tale sistema, e dominato dal PNF di instaurare il regime senza violare la legalità formale.
La vera posta in gioco è, come allora, sostanziale: non si tratta, per il cavaliere, di ottenere più potere nella spartizione della partitocrazia, o di avere i numeri per governare a proprio piacimento. Si tratta invece di avere i numeri per ridisegnare la mappa istituzionale della Repubblica Italiana a proprio piacimento.
Le nuove elezioni che probabilmente seguirebbero a non grande distanza di tempo la modifica della legge elettorale, eventualmente accompagnata da qualche altra riforma istituzionale, daranno al cavaliere la certezza di poter nominare, da solo, e senza voto di preferenza, la maggioranza assoluta dei parlamentari.
Quella stessa che dovrà, a tempo debito, eleggerlo Presidente della Repubblica, e quella stessa che procederà allo stravolgimento definitivo della Carta Costituzionale: non della Costituzione materiale, come sta avvenendo adesso, ma di quella scritta, senza che vi sia più la possibilità di interventi della corte Costituzionale per rimettere le cose a posto.
In sostanza, la vittoria del SI metterà il cavaliere nelle condizioni di nominare se stesso alla Presidenza della Repiubblica, assicurandosi un ulteriore decennio (natura permettendo) di potere assoluto.
E metterà coloro che avversano la democrazia nelle condizioni di far piazza pulita dei meccanismi di bilanciamento e contrapposizione di poteri che la Costituzione ha assicurato sinora alla fragile democrazia italiana: la strada verso il regime risulterà così spianata.
Si spiega così come il cavaliere, inizialmente indifferente o freddo verso il Referendum elettorale, abbia recentemente deciso di agevolarne la vittoria, propendendo per l' “Election Day”. I quattrini risparmiati in favore dei terremotati d'Abruzzo non c'entrano nulla: c'entra solo il fatto che il raggiungimento del quorum renda meno irrealistico il successo del referendum, che altrimenti sarebbe stato molto dubbio, ed il fatto che il successo del Referendum agevoli oggi i suoi piani. Cosa di cui non poteva esser certo sino al varo del PdL: senza di questo, e senza l'assorbimento di AN, Forza Italia da sola avrebbe potuto rischiare di non essere il primo partito, nel caso di una ripresa del PD.
Basta da solo questo fatto per far giustizia di tutti quei commenti (con quelli di Marco Pannella in testa) che hanno visto nel discorso di Gianfranco Fini alla Fiera di Roma la grande novità dell'inizio del 2009 (vedi: http://www.spazioliblab.it/?p=907).
In conclusione, si sta consumando l'ennesimo imbroglio ai danni degli italiani.
Con la complicità del terremoto in Abruzzo, si forza l'imposizione dell' “election day”, onde garantire il quorum. Con la motivazione, falsa, come abbiamo visto, del cassare il Porcellum, si cerca di assicurare il prevalere del SI, ottenendo per risultato una legge che lascia in piedi l'aspetto più inviso agli italiani (la mancanza del voto di preferenza, che fa comodo a PdL e PD), e che peggiora il resto: dalla porcata alla doppia porcata. Il combinato disposto delle due falsità mette il cavaliere nelle condizioni di render carta straccia la Costituzione e di assicurarsi, senza dover temere più alcun limite e condizionamento, un decennio di potere assoluto e tranquillo.
Occorre che tutti coloro che si preoccupano per le sorti della democrazia italiana intervengano attivamente per spiegare agli italiani i termini della questione e per controbattere la falsa informazione che si fa al riguardo.
Ove si tratti di spendere 400 milioni di euro per salvare la democrazia, (6,50 euro ad italiano), non mi sembra che si tratti di una spesa mal fatta: Alitalia, il trattato con la Libia, le sanzioni per le inadempienze italiane nei confronti delle norme europee sono costate ben di più.
Ove si tratti di reperire fondi per soccorrere le vittime del terremoto, si può destinare a questo scopo la quota inoptata dell'8 per mille dell'IRPEF.
Gim Cassano (10-04-2009)
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