Luigi Gazzola interviene denunciando la crisi di sistema in cui il Paese sta sprofondando tra nuove tangentopoli e inadeguatezza della politica.
Piacenza 28 gennaio 2008
“Fanno tutti così”. Le parole auto-assolutorie con cui Mastella ha commentato la vicenda giudiziaria che coinvolge lui e la sua famiglia anche politica, richiamano quelle pronunciate da Craxi in una drammatica seduta della Camera quindici anni fa. Quindici anni dopo esattamente come allora: tutti colpevoli, nessun colpevole. Come se il tempo non fosse passato o fosse passato invano.
Gli applausi bipartisan (fatta salva qualche lodevole eccezione), che hanno sottolineato gli attacchi ai magistrati, muovono all’indignazione mentre chi li ha provocati si rifugia nel fortino della casta invocandone solidarietà, minacciando in difetto la caduta del governo.
La condanna del governatore siciliano a cinque anni di galera per favoreggiamento semplice ha suscitato sollievo nel centrodestra che si è affrettato, dopo gli incoraggiamenti, gli abbracci e le veglie di preghiera del giorno prima a ribadire solidarietà e compiacimento. Cuffaro tra brindisi e lacrime di gioia resta al suo posto, benché riconosciuto colpevole di aver aiutato il capo della cosca mafiosa che uccise Padre Puglisi.
Berlusconi, in attesa di giudizio, coglie l’occasione per ribadire che non la politica ma la giustizia deve essere riformata: scandalosi non sono i comportamenti di certi politici ma i magistrati che li svelano.
I rifiuti di Napoli sono una tragica realtà e la metafora di una grave crisi di sistema; sono la schiuma maleodorante, il percolato di un costume politico sociale che anche al sud ha ormai raggiunto il limite di guardia e di sopportazione.
Per dirla con Romano Prodi – tra i pochi a conservare dignità e lucidi ideali -, non è detto che la società sia migliore di chi la rappresenta. Anzi, il ventre molle di quelle terre è lo specchio fedele, se non peggiore, di quanto poi la politica esprime. Ma la Campania e la Sicilia sono oggi gli avamposti di una crisi etica che investe il paese intero e vede protagonista arrogante ed irresponsabile la politica, mentre cittadini e lavoratori sono condannati (loro senza appello) a sopravvivere con fatica alla terza settimana o a piangere le morti sul lavoro.
La palese inadeguatezza a ricoprire incarichi istituzionali manifestata in questi frangenti da esponenti di entrambi gli schieramenti denuncia appieno la crisi del sistema, il rischio di corto circuito istituzionale. Non esiste più il bene comune e nemmeno uno stile, un modo comune di vedere le cose. Nonostante i tentativi di mettere delle pezze è la questione etica il fondamento della crisi. E’ un limite grave per il Paese la mancanza di regole etiche, convenzionali, trasversali alle forze politiche al di là degli schieramenti.
E’ una riforma etica della politica quella che occorre e che non può dipendere dalle sentenze dei magistrati. Quei politici che ritengono normale che spetti al proprio partito nominare i direttori generali delle ASL e pretenderne obbedienza, che si possano comprare impunemente parlamentari dello schieramento opposto, che una città possa restare per anni sommersa dai rifiuti e non avvertire l’obbligo di rassegnare le dimissioni, frequentare mafiosi, anche quando tali frequentazioni non configurino ipotesi di reato, violano regole etiche che valgono per qualsiasi cittadino e se ne devono andare, non possono rappresentare cittadini né governare istituzioni.
Non basta che annuncino di aver fiducia nella giustizia e di attendere l’esito del processo. Le regole etiche vanno rispettate anche se la loro violazione non è un reato. Per evitare che l’eventuale assoluzione finisca per legittimare condotte riprovevoli, oggi legittimate perfino dalle condanne.
Non bastano solo i magistrati a garantire la legalità del sistema: dove questo accade i magistrati sono isolati e il sistema non migliora.
Spetterebbe alla politica fare un balzo in avanti. Ma all’indignazione dei cittadini l’arroganza della politica prospetta un colpo di reni all’indietro. Nella palude proporzionale della prima repubblica. Forse anche nella vigilia di una nuova tangentopoli.
Luigi Gazzola
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