mercoledì 9 maggio 2007

INTERVENTO DI DARIO FRANCESCHINI

CONGRESSO FEDERALE DL - LA MARGHERITA 2007

26-04-2007

"ALTRUISMO E CORAGGIO PER IL PARTITO Democratico"



"Lo hanno ricordato in molti nel ricco dibattito di queste giornate.


Sono ormai quasi 15 anni che camminiamo dentro questa lunga e faticosa transizione. Abbiamo incrociato speranze e delusioni, errori e successi.



Oggi stiamo compiendo il passo più grande nella direzione giusta. Io penso più grande della nascita dell’Ulivo nel 96 e della Margherita 5 anni dopo. Un passo per concludere la transizione, per rendere l’Italia moderna e normale, per chiudere decenni di divisioni.



E purtroppo, di fronte ad un pezzo di storia, ancora una volta abbiamo dovuto sentire tante, troppe parole di sfiducia. Abbiamo visto per settimane rappresentare la scelta che i Democratici di Sinistra e la Margherita hanno compiuto in centinaia di congressi, con migliaia e migliaia di persone, come un incontro di vecchi e grigi apparati.



Io conosco, come tutti noi, le colpe, i limiti, le distorsioni di un modo di fare politica logoro e arido. Ma conosco anche il sudore, le passioni, il sacrificio di centinaia di migliaia di militanti che per un ideale, per una bandiera hanno sacrificato, durante tutta la vita, giornate e notti nelle sezioni, nei circoli, nelle piazze, nelle cucine delle feste di partito. Senza chiedere nulla. Solo per amore di un’idea o per vincere una battaglia contro avversari pieni di potere e di soldi.



I partiti, i partiti veri come i nostri, sono questo: non una cosa vecchia da spazzare via ma una ricchezza antica e straordinaria, piena di forza e di futuro. Che offrono rispetto ma che pretendono rispetto.



Abbiamo deciso di vivere una nuova avventura.

Di vivere la nuova avventura del Partito Democratico.



Allora è proprio la consapevolezza della nostra forza che ci deve spingere ad abbattere quel muro falso tra partiti e la società civile di cui troppe volte si è parlato.

Noi non dobbiamo cadere nell’errore di alzarlo ancora di più per cercare di difenderci impauriti, costruendo regole e ostacoli come per proteggerci da chi ci potrebbe rubarci spazio.



Dobbiamo invece abbatterlo con entusiasmo quel muro, e mescolarci subito con tutte quelle migliaia di persone che non vengono dalle nostre storie collettive ma che vogliono entrare con noi in un futuro comune.



Non possiamo pensare di proporre al paese e a noi stessi una sfida cosi grande, così dirompente e poi sacrificarne la forza innovatrice per tutelare qualche nostra rendita di posizione. Del resto dovremmo sapere che non basteranno mai regole protettive, quote garantite, astuzie formali per tutelare chi è impaurito e si sente debole.



Saranno invece le idee, il radicamento, la militanza, la qualità della proposta politica a rendere vivo e entusiasmante il nostro ruolo nella costruzione e nella vita del partito democratico. E’ proprio con la consapevolezza di questa nostra forza, che dovremo far partire da lunedì la fase costituente, senza prudenze e ritardi.



Una fase costituente che dovrà essere da subito trasparente, libera, aperta a tutte le persone, i movimenti, le liste civiche, le associazioni che non vogliono essere soltanto chiamati ad iscriversi quando tutto sarà già stabilito, ma che vogliono costruire ora il nuovo partito con noi.

Vogliono decidere ora con noi come sarà fatto.



In questi anni troppe volte noi della Margherita abbiamo scelto con loro, sbagliando, la linea della diffidenza o dello scetticismo.



Ora che andiamo insieme nel Partito Democratico e che poniamo come condizione per la riuscita del progetto l’equilibrio di forze con i Democratici di Sinistra, dobbiamo riconoscere che la parte più grande di quelle persone che vogliono entrare nel nuovo partito, provenendo dalla società civile, hanno come caratteristica di essere elettori dell’Ulivo senza appartenere alla tradizione socialista.

A loro, quindi, dobbiamo aprirci, con loro dobbiamo legarci, superando timori e gelosie, perché questo nuovo rapporto tra noi è una delle condizioni per la riuscita del progetto.



Poi per fare un partito davvero grande e nuovo, serviranno coraggio e intelligenza.

Dovremo pensare a regole innovative e moderne, adatte ad una società in cui la voglia di impegno politico non si traduce più soltanto, come una volta, in una scelta di militanza permanente ma può essere legata ad una stagione breve, alla battaglia su un tema locale o globale, ad un interesse aggregante.



La forma del partito dovrà essere pensata per accogliere e valorizzare le più diverse scelte di impegno. Una specie di arcipelago, unito attorno a valori, leadership, sintesi comuni, in cui ognuno possa scegliere liberamente gli spazi, le modalità, le persone con cui aggregarsi.



Anche per questo non sono riuscito a capire le preoccupazioni di chi teme di smarrire nel nuovo partito la propria identità, di essere risucchiato in qualcosa di troppo diverso.

L’Italia è piena da anni solo di partiti identitari, tutti infatti piccoli o medio-piccoli, mentre saranno le stesse dimensioni del nuovo partito, finalmente un partito grande, a garantire che all’interno conviveranno, identità e filoni culturali diversi.



Vogliamo provare a vedere se le nostre diversità, le nostre orgogliose diversità, possono smetterla di essere un motivo di divisione ma possono invece diventare, finalmente, il modo per rendere più vivo e più ricco un percorso comune?



La fase costituente dovrà poi essere da subito colma di politica.

Certo dovremo affrontare questioni organizzative e statutarie. Ma dobbiamo sapere con chiarezza che parlando di regole, di organi, anche di famiglie politiche europee, non attrarremo nessuno, non riusciremo a farci ascoltare da nessuno.



Chi ci guarda attende politica e scelte coraggiose.

Dovremo dimostrare di essere una forza che mantiene gli impegni. Nell’azione di governo i prossimi mesi saranno decisivi. Per questo dovremo procedere nell’azione riformatrice.



Ribadendo che dopo una finanziaria che ha voluto avviare il risanamento e contemporaneamente la crescita, con aiuti giusti e forti alle imprese, è adesso venuto il momento di aiutare le famiglie e le persone che faticano sempre di più ad arrivare alla fine del mese. Famiglie e persone a cui non possiamo dire: “in attesa della ripresa, arrangiatevi”.

Perché questo lo dice la destra.



Mentre noi abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi di fronte a chi rischia di scivolare, ogni giorno di più, verso forme di nuove povertà. Perché per fortuna c’è l’Italia bella che ci ha raccontato Francesco nella relazione, quella dinamica, delle imprese, della cultura del made in Italy.



Ma c’è anche l’Italia che soffre. Che magari non grida, non protesta, ma soffre. Con dignità, con pudore, aspettando che la politica e lo stato la ascoltino e le allunghino la mano.



E una grande forza riformista deve certo collegarsi con l’Italia produttiva ed emergente, ma non sarà mai nè grande, né riformista se se non riuscirà a dare voce ai ceti popolari.



E poi dovremo dimostrare, già da subito, dalla fase costituente, che il Partito Democratico vuole cercare di dare risposte a quella domanda di politica vera e grande che ci arriva dai giovani ma che sembriamo non sentire o che non riusciamo più ad ascoltare.



Quella domanda di una politica che si occupi certo, con l’azione di governo, di affrontare e risolvere i problemi quotidiani ma che non rinuncia mai alla sua funzione più pura e più alta: indicare il modello di società che si vuole costruire.



Per noi una società senza più ingiustizie, senza odiose disuguaglianze, senza odi, violenze, egoismi, discriminazioni.



In fondo tutte le grandi angosce globali del nostro tempo, il terrorismo, i cambiamenti climatici, gli scontri tra civiltà, le società multietniche portano con sé straordinarie domande di politica e da grandi paure possono essere trasformate in formidabili opportunità, in sfide per il cambiamento.



Poi la politica con cui dovremo riempire la fase costituente dovrà affrontare, senza indugi, i temi più difficili, quelli su cui ci sono ancora più distanze, a cominciare dai temi etici.



Dobbiamo farlo, perché una coalizione, un’alleanza può essere unita anche solo da un programma di cose da fare ma un partito, e noi vogliamo fare un partito, deve avere un tessuto di valori condiviso.



L’errore più grande che abbiamo fatto in questi ultimi anni, di fronte a temi nuovi su cui la straordinaria evoluzione delle scienza e della medicina ci chiama a riflettere e decidere, è stata quella di sederci, ognuno di noi, sulla propria comoda verità.




La liberta di ricerca e le leggi, la cura delle malattie e l’inizio della vita, il desiderio di avere figli, le libertà individuali e i principi etici.



Non dobbiamo forse chiederci tutti se è possibile che di fronte a temi così enormi e profondi, che scendono fino alle radici stesse della nostra esistenza, ci si possa dividere senza almeno provare ad ascoltarsi e capirsi? Come se la coscienza di un laico e quella di un cattolico non si interrogassero con le stesse domande. Non sarebbe più onesto confessarci i nostri dubbi, i nostri timori, le nostre incertezze, le nostre speranze di saper scegliere la strada giusta nel nostro lavoro di legislatori?



Poi decideremo insieme sempre rispettando alla fine la libertà di coscienza, ma solo come possibile atto conclusivo di un cammino di dialogo, mai come verità iniziale da sbattere in faccia all’altro.

Decideremo insieme, sempre nel rispetto della laicità dello Stato e dell’autonomia delle scelte politiche dei cattolici.



Principi che da un secolo guidano le nostre scelte e i nostri comportamenti e che, come è dolorosamente capitato poco più di cinquant’anni fa anche al più grande dei nostri padri, continueranno a guidarci.

Anche se il prezzo per noi fosse l’incompresione e la sofferenza.



Accettare nel Partito Democratico le nostre originalità e fare sintesi. Questa è la strada.



Nei mesi scorsi, con la lettera dei 60 parlamentari, è riemersa con vigore l’identità del cattolicesimo democratico, uno dei grandi filoni del riformismo italiano. Contemporaneamente qualcuno, anche tra noi, ha pensato che i ds dovrebbero invece rinunciare, chissà perché, all’identità socialista che altrettanto orgogliosamente tengono viva.



Costruire un partito nuovo non significa annullare o dimenticare le radici, cancellare la memoria.

Come se fosse possibile chiedere a chi non è socialista di diventarlo o a chi lo è convintamente di smettere di esserlo.



Come se fosse più importante demolire che costruire.

Mentre dobbiamo costruire in Italia e contribuire a costruire in Europa e nel mondo un luogo unitario per tutti i diversi riformismi. Lo ha detto con chiarezza ieri Fassino.



E gli ospiti stranieri, di tutto il mondo, che sono qui con noi, a cominciare da Howard Dean, dimostrano che siamo in tanti a pensarla così, a capire che la globalizzazione attraversa anche la politica ed è lei ad imporci di costruire in fretta questa casa, in cui possano incontrarsi le forze politiche che stanno dalla stessa parte, socialiste e non socialiste.



Anche per questo non capisco le paure che vedo.

Paura di essere trascinati contro la nostra volontà nel Pse, dove noi non possiamo andare, molto semplicemente, perché non siamo socialisti.

Ma di cosa dobbiamo aver paura? Perché sottovalutare la nostra forza, la forza delle nostre ragioni? Perché dimenticare che ogni nostra scelta sarà libera, e che sulle ragioni fondanti del nuovo partito servirà trovare una sintesi condivisa, non potrà mai essere imposta con la conta dei numeri.



Dunque costruiremo una casa in cui a nessuno si chieda di dimenticare la propria storia per potere cominciarne una nuova. Del resto non sono invece proprio gli ideali e i testimoni del nostro passato a formare il terreno su cui fare crescere il nostro futuro?



Io sono stato a Firenze, e là ho incontrato le stesse nostre speranze e le stesse nostre paure di essere costretti a liquidare identità e storie. A loro ho detto che io non rinuncerò mai a Zaccagnini, a La Pira, a Moro, a don Mazzolari. Ma proprio per questo nessuno di noi può chiedere a loro di rinunciare a portare dentro il cuore, la loro storia, la storia degli uomini e delle donne della sinistra italiana.



Del resto, non sono stati proprio i nostri padri, anche quando erano lontani e avversari, ad averci insegnato, tutti, di non avere mai paura dei cambiamenti, ma sempre invece di ascoltarli, di cercare di capirli, di provare a interpretarli e guidarli? Loro ci hanno detto di guardare avanti, di non tenere mai la testa girata verso le spalle.



Abbiamo ascoltato quella lezione sei anni fa, quando abbiamo deciso di far nascere la Margherita da partiti che erano ancora vivi e radicati, e l’abbiamo ricordata in questi mesi per incominciare questa una nuova sfida, ancora più grande e ambiziosa.



Una sfida che potremo vincere proprio perché abbiamo vinto quella in cui pochi all’inizio credevano: far nascere la Margherita dall’incontro di storie e culture diverse.

Far crescere un partito vero. In cui mescolarsi e accettarsi.

Radicarlo nel paese, aprirlo a nuovi militanti, farlo diventare interlocutore di mondi e di pezzi importanti della società italiana.



Questo abbiamo fatto.

E questo non avremmo potuto fare senza Francesco Rutelli.

Perché solo la sua guida e la sua capacità innovativa potevano tenere unita e rendere credibile la Margherita. Per questo il Congresso confermerà Francesco come Presidente. Per chiedergli di guidare ancora la Margherita nella fase costituente.



Per questo abbiamo tutti voluto un Congresso unitario e abbiamo sorriso quando ogni iniziativa, ogni convegno, ogni parola venivano interpretati come un complotto, come il segno di una rottura imminente, mentre erano passi importantissimi per portare la tutta la Margherita unita a questo appuntamento cui siamo arrivati.



Ecco. Unita. Così deve restare la Margherita.

Così devono volere per primi quelli che dentro il partito hanno più forza, e avendo più forza devono avere il maggior senso di responsabilità.



E così dovrà essere nei prossimi mesi, quando dovremo confrontarci quotidianamente, a Roma e in tutti i comuni italiani, con i Ds e con tutti i nuovi compagni di strada per costruire politicamente e materialmente il nuovo partito.



Dovremo essere una squadra, in cui tutti, anche i leader, siano pronti ad un sacrificio personale, a rinunciare a una ambizione pur di far vincere tutti.

Serviranno lealtà e generosità.



Ho visto in questi anni troppe persone condividere o meno un processo politico solo in base all’incarico ottenuto. Ho visto troppe persone immaginare che la riuscita di quel processo fosse possibile soltanto guidandolo personalmente. E chi si candida al nuovo non può ripetere gli errori del vecchio.



Ci aspettano prove emozionanti ma anche straordinariamente difficili. Prove che richiedono altruismo e coraggio.



Coraggio.

Ecco. Non l’ho mai fatto in questi sei anni ma vorrei parlare per una volta -e non lo farò più- a quelli che vengono dalla mia storia politica. In questi quindici anni di transizione, in mezzo al frastuono ci siamo molte volte impauriti. Rinchiusi.

Abbiamo temuto di mescolarci con altri, abbiamo temuto che i cambiamenti potessero travolgerci, estinguerci. Abbiamo anche spesso provato a resistere ai cambiamenti per poi rassegnarci ad accettarli quando altri li stavano già trainando. Abbiamo forse anche segretamente pensato che il nostro destino fosse rimasto ormai solo quello di difendere un piccolo spazio faticosamente conquistato.



Adesso abbiamo davanti a noi una sfida straordinaria, la possibilità di essere dentro una storia entusiasmante e finalmente di nuovo grande, grande come il partito che vogliamo costruire.



Esserci dentro questa storia.

Esserci alla guida. Da protagonisti. Non di nuovo rinchiusi nella nostra ritrovata identità, ma solo portatori di idee e valori.



Dunque è questo è il compito che la storia ha affidato alla nostra generazione: guardare avanti, affrontare il secolo nuovo, affrontare questo tempo in cui tutto cambia sempre più velocemente, in cui problemi, paure, speranze che non conoscevamo, attraversano furiosamente le nostre vite.


A volte ci sentiamo perduti, rassegnati di fronte alla diffidenza o all’ostilità con cui tante persone guardano noi, guardano alla politica. Eppure è proprio la politica che stanno aspettando.

Una politica nuova e onesta, che spazzi via mediocrità, grigiore, ipocrisie e che torni invece a parlare al cuore della gente. Che torni a regalare passioni e speranze. Che torni a giurare che un mondo migliore è possibile.



Insieme vinceremo un’altra sfida. Insieme faremo vivere le nostre idee in un partito nuovo.

Sarà una forza pulita, giovane e grande. Ci riusciremo. Non sarà facile ma, insieme, noi ci riusciremo."

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