sabato 1 ottobre 2005

SEI LINEE DI INDIRIZZO PER IL PROGETTO DELL'UNIONE

L'Associazione per la Democrazia Liberale, fondata lo scorso anno da Valerio Zanone e nel cui direttivo figura il nostro amico Umberto Fantigrossi, propone una focalizzazione del programma dell'Unione su alcuni punti prioritari.


In vista delle primarie l’Unione ha adottato il progetto di priorità programmatiche “per far ripartire l’Italia” come base per il futuro programma di governo.
Cinque anni di Berlusconi a Palazzo Chigi hanno sfatato ogni illusione sulle presunte intenzioni liberali di quella esperienza. Oggi che l’alternativa è possibile, è doveroso assicurare contenuti liberali autentici al programma dell'Unione perché proprio la loro assenza, a partire dal senso dello Stato e dal rispetto del principio di trasparenza verso i cittadini, ha condotto il paese sul limite del baratro, da cui occorre ora arretrare per scegliere la direzione giusta.
Linee di indirizzo liberali possono, in molti casi, rappresentare una sintesi avanzata del pluralismo che anima l’Unione. Esse la rinforzano, conferendo alla leadership di Prodi il ruolo di anticipazione dei veri problemi del paese e quella sintesi delle culture dell’attuale opposizione che la legittima. Cominciamo da sei linee di indirizzo essenziali: Costituzione, Europa, ordine internazionale, economia, pubblica amministrazione, laicità dello Stato. Sei campi nei quali il deficit liberale è più alto e grave.
Alle linee di indirizzo si aggiungono alcune prime schede di lavoro su aspetti specifici (beni culturali e ambiente, università, previdenza).

Costituzione
La Costituzione del 1947 deve essere difesa nei princìpi ed aggiornata negli ordinamenti. La revisione in corso è una miscela di cesarismo e localismo che, qualora arrivasse all’approvazione parlamentare, andrà eliminata per referendum. Ma varie parti dell’ordinamento devono essere aggiornate.
· Per la difesa dei princìpi fondativi della Repubblica, il quorum di maggioranza prescritto per le revisioni costituzionali, stabilito in origine per il parlamento eletto con sistema proporzionale, con il passaggio al sistema maggioritario non è più sufficiente a preservare le istituzioni di garanzia dall'abuso del voto a maggioranza e dovrebbe essere alzato a due terzi dei componenti delle Camere.
· La legislazione concorrente tra Stato e regioni instaurata nel 2001 è un sistema che non funziona e va ripensato e riordinato. Anche il testo approvato nel 2001 dell’articolo 114 va ripensato: equiparando lo Stato con le autonomie come elemento costitutivo della Repubblica esso incide sul principio di sovranità nazionale anche nei rapporti esterni ed alimenta confuse sovrapposizioni tra le istituzioni.

Europa
L’aggiornamento della Costituzione repubblicana non può essere disgiunto dal recupero del processo costituente europeo. La devoluzione della sovranità nazionale deve procedere, soprattutto per dotare di un impianto istituzionale adeguato i diritti della comune cittadinanza europea. Le aspirazioni alte dei padri fondatori del federalismo europeo sono forse la tradizione più coesiva delle diverse culture politiche dell’Unione. Fra l’allargamento a 25 ed oltre, ed il processo costituente, si è prodotta una asimmetria che ha generato reazioni difensive, timori per il futuro, egoismi nazionali. Nonostante le ammonizioni di Ciampi, il governo italiano non ha trovato di meglio che scaricare sull’unione europea e sull’euro l’addebito del proprio dissesto.
Al recupero del trattato costituzionale non si arriva senza una mobilitazione dell’opinione pubblica che offra ai popoli europei, ed a quel molto che già esiste di demos europeo, la percezione dei diritti e doveri comuni; l’Unione di centrosinistra deve impegnare tutti i soggetti politici che la compongono al consenso attivo verso la mission del processo costituente.

Ordine internazionale
Per la promozione della pace e la globalizzazione dei diritti resta cruciale il rapporto atlantico fra l’unione europea e il nordamerica. Vi è stata un'epoca, conclusasi con la fine della guerra fredda, nella quale la sovrapposizione degli interessi e degli obiettivi fra le due sponde dell’Occidente era pressoché obbligata.
Solo una concezione satellitare del ruolo italiano può giustificare la condiscendenza verso le attuali tendenze neoimperialiste della superpotenza americana. Ma il multilateralismo, le prospettive di global governance ad opera delle agenzie internazionali, la positività della globalizzazione e la stessa coesione nell’unione europea non sono perseguibili senza la ricerca di sintonia e di sinergia fra le due sponde atlantiche. Il vecchio vizio dell’antiamericanismo deve essere disvelato nella sua mancanza di strategia.

Economia, società e senso dello Stato

Tutti gli indicatori reclamano una economia di mercato aperto nel quale la libera concorrenza premi i migliori e avvantaggi i consumatori e le imprese sane. In assenza di ciò si offrono ai giovani occupazioni instabili e poco retribuite, mentre la ricchezza si concentra sulla fascia superiore e crescono rapidamente le facili fortune delle speculazioni finanziarie ed immobiliari che contrastano in forme socialmente offensive con la mancata crescita del prodotto nazionale e con il sostanziale, progressivo impoverimento del ceto medio occupato nel lavoro dipendente.
Dunque:
· "più mercato”. Ma è necessario, per la nostra economia, anche più “senso dello Stato” per assicurare la trasparenza degli affari, l’indipendenza delle autorità di regolazione; più senso dello Stato nell’etica pubblica e nei comportamenti delle imprese; nei tempi della giustizia civile e nella certezza ed equità dell’azione penale; più senso dello Stato nella efficienza della spesa pubblica, che in questi anni ha avuto come principale rimedio soltanto il calo dell'esborso per interessi derivato dall’unione monetaria.
Il riformismo liberale nel campo economico e sociale richiede che:
· l'interesse di pochi per la rendita finanziaria non prevalga sull'interesse di tutti allo sviluppo;
· l'interesse allo sviluppo sia pienamente coniugato con il presidio dei beni comuni costituiti dall'ambiente, dal paesaggio e dai beni storici e culturali;
· le politiche per l'innovazione siano dirette a favorire un mercato interno nel quale la domanda pubblica sia esigente e qualificata, in grado di allenare le imprese a competere nel mondo globale;
· il sistema universitario e di alta formazione sia rivolto con vigore a creare una solida base da cui possano emergere i talenti e la futura classe dirigente del paese.

Pubblica Amministrazione
Quindici anni trascorsi dalla riforma dei procedimenti amministrativi non sono bastati per fare della pubblica amministrazione uno strumento al servizio dei diritti degli individui e delle imprese né a ridurre il costo della spesa impegnato per il funzionamento degli apparati. Tutti i raffronti internazionali ci collocano anni luce lontani dalle nazioni civili per efficienza, impermeabilità alla corruzione, capacità di favorire lo spirito di impresa. La politica miope e gli interessi, anche microscopici, hanno avuto la meglio sullo spirito del 1990; un eccesso di riforme ha disorientato le strutture, confuso le priorità e la concentrazione dei funzionari.
Si è aggiunto il governo Berlusconi, che ha inferto danni gravissimi agli apparati centrali dello Stato violando la distinzione dei ruoli tra politici e funzionari, il senso di responsabilità delle istituzioni verso i cittadini, azzerando il rispetto professionale verso le strutture.
La proposta liberale è di concentrasi sul principio di trasparenza verso i cittadini, stabilito come diritto comune nella Costituzione Europea. La trasparenza può essere il grimaldello per recuperare credibilità e forza per il Paese, per trasformare ogni atto ed informazione da occasione di potere a patrimonio in comune con i cittadini.
Per raggiungere risultati duraturi è necessario:
· aprire drasticamente la logica di lavoro delle pubbliche amministrazioni all’accesso agli atti, con esplicito riferimento al modello inglese. Solo così è possibile sottrarre all'impunità chi abusa di posizioni privilegiate liberare informazioni per lo sviluppo della società civile e nuove idee per l’impresa, promuovere il dialogo tra cittadini e pubblica amministrazione;
· rendere accessibili e comprensibili a chiunque i bilanci pubblici e la destinazione effettiva delle spese. Ogni amministrazione centrale dovrà esporre sul proprio sito web il bilancio consuntivo con la destinazione finale degli impegni di spesa;
· adottare la chiarezza e la trasparenza come indicatore di efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa e associarvi le trattative per i rinnovi contrattuali; rendere pubblici i risultati del controllo di gestione e delle valutazioni degli investimenti pubblici e non solo gli esiti finali;
· monitorare sistematicamente l'evoluzione dei bisogni e del grado di soddisfacimento dei cittadini (pazienti, studenti ecc.) e introdurre procedure di valutazione dei servizi loro forniti, rendendo pubblici i risultati;
· sottoporre per tempo ai dipendenti pubblici e alle loro rappresentanze sindacali il programma per la trasparenza elaborato dall'Unione, perché essi vanno mobilitati su un obbiettivo che deve trovarli partecipi e coinvolti.

Per la qualità dei servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni gli strumenti possono essere in gran parte mutuati dalle migliori pratiche delle aziende private. Ma ciò che deve essere ricostruito è il pathos, il senso di una missione di prioritaria utilità per la comunità nazionale che ha come contropartita, tra l'altro, la possibilità di riacquistare consenso e status sociale per chi gode di uno stipendio pagato con le tasse dei cittadini.


Laicità dello Stato
Non può esserci laicità dello Stato, né quindi uguale libertà dei cittadini senza distinzione di fede, se non si contrasta con fermezza l’irruzione dei teocon all’italiana, crociati dello scontro di civiltà che strumentalizzano l’etica religiosa, apprezzandone in realtà non il carattere spirituale ma quello autoritario, per utilizzarla ancora una volta come instrumentum regni. Dopo i referendum in materia bioetica il passo successivo che si intravvede malgrado ogni smentita è l’attacco contro la legge 194 che ha liberato la donna dalla criminalizzazione dell’aborto.
Ulteriore argomento di controversia si è aperto sulla questione dei patti di convivenza civile, che peraltro riguarda appunto i rapporti civili e non le convinzioni religiose. E' interesse sociale dello Stato riconoscere i rapporti di convivenza che si formano anche al di fuori del matrimonio. La tutela costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio non può certamente essere interpretata come discriminazione verso gli individui non coniugati. Ciò vale allo stesso titolo per le coppie eterosessuali ed omosessuali, e il parlamento italiano ha già ratificato il trattato costituzionale europeo, che vieta la discriminazione dell'orientamento sessuale. Si tratta di disciplinare per legge la rilevanza dei patti di convivenza verso i soggetti terzi, quali gli enti pubblici e i servizi sociali: una disciplina normativa del tutto interna alla laicità dello Stato.
Quanto alla normativa in materia bioetica la libertà di coscienza va tutelata contro il possibile abuso delle decisioni di maggioranza, che nella democrazia liberale trovano il limite nello statuto delle libertà individuali. Laicità dello Stato non significa soltanto dialogo ed ascolto nella pluralità delle convinzioni, ma anche presidio dei diritti individuali non sottoposti al governo della maggioranza.




SCHEDE

Il corpo e l'anima del paese
Beni culturali e ambiente sono elementi costitutivi della identità nazionale, della qualità sociale, delle prospettive di sviluppo. Il Governo Berlusconi ha completamente tradito le riforme volute dalla cultura liberale: un apparato tecnico autorevole ed indipendente per i beni culturali, l'istituzione del Ministero dell'ambiente come centro di elaborazione delle politiche di valorizzazione e ripristino ambientale del paese.
I liberali chiedono che con il programma dell'Unione ci si impegni a:
· adeguare una buona volta l'amministrazione dei beni culturali al valore sociale ed economico del patrimonio, che costituisce il primo e principale attributo di eccellenza per l'Italia nel mondo. Ciò non è stato fatto con la recente riforma dell'apparato, che ha preferito moltiplicare le nomine di vertice anziché aggiornare organici e retribuzioni alla professionalità oggi necessarie nei ruoli scientifici e tecnici. Il progetto dell'Unione deve subito aprire per concorso le carriere delle soprintendenze ai giovani.
· riconoscere ad archeologi, architetti e storici dell'arte retribuzioni adeguate all'alto grado della loro specializzazione e delle loro responsabilità, vitali per il paese. Le risorse necessarie richiedono un impegno modesto rispetto a ciò che si spende per comparti di maggiore popolarità mediatica quali lo sport e lo spettacolo di massa, ma costituiscono un sicuro investimento ad elevato ritorno a breve termine per l'occupazione, il turismo e l'economia nazionale;
· un forte coordinamento tra Stato, regioni ed autonomie locali e tra le politiche culturali e quelle dell'ambiente per eliminare sovrapposizioni, migliorare l'utilizzazione delle energie professionali, per promuovere progetti ad alta capacità di valorizzazione del patrimonio culturale, paesistico ed ambientale;
· promuovere un programma per l' "ambiente costruito" che contrasti la rassegnazione verso spazi pubblici ed urbani privi di qualità fisica e gestionale, verso l'assenza di cura ed innovazione nei progetti di infrastrutture, verso trasformazioni territoriali lasciate brade. La cura degli spazi comuni, la necessità di ritrovare paesaggi anche nella contemporaneità possono e devono essere parte del programma dell'Unione;
· sviluppare una capacità di committenza pubblica che esprima una domanda elevata in termini di qualità e di tecnologia soprattutto nei settori dell'ambiente, dei beni culturali e delle infrastrutture per creare in questi campi un mercato interno esigente e competitivo che alleni le nostre imprese a vincere sul mercato globale;
· elaborare una politica di tutela ambientale che sia cosa diversa dalla demagogia dei pregiudizi negativi, quali quelli che si frappongono agli investimenti infrastrutturali improrogabili, ad una ragionevole gestione del ciclo dei rifiuti, alle miopìe della politica energetica in fatto di diversificazione delle fonti, che emarginano il paese dalle nuove ricerche elettronucleari.


L'università da rifondare

La crisi del sistema universitario è diffusa e profonda. Esso da tempo non risponde alle esigenze della cultura, dell’economia e dell’innovazione. Alcune linee liberali per la riforma richiedono di:
· individuare quei settori dello studio superiore di alta formazione che richiedono il permanere di un rapporto forte con lo Stato che continua ad avere in organico la docenza, mantenere i compiti di ricerca, ma anche controllare che i livelli di qualità corrispondano a parametri prefissati, verificando uno sviluppo armonico dei settori disciplinari che assicuri un ragionato rapporto tra presenza docente e necessità di formazione, la sussistenza di livelli minimi nell’espletamento di un vero e proprio servizio pubblico, anche con indirizzi programmatici di orientamento nei settori nei quali si desidera uno sviluppo coerente con gli orientamenti economici generali e con i numeri programmati di accesso;
· accentuare l’autonomia delle università per l’offerta di lauree di primo livello, che in molti casi costituiscono una formazione professionale che tende a sostituire quella media, con o senza accordi locali o regionali, ma senza oneri per lo Stato, senza riconoscimenti di valore legale di titolo, con forme autonome di arruolamento dei docenti;
· pensare alla riforma degli ordini professionali trasformandoli da strutture corporative di difesa degli iscritti a organismi che operino per il controllo effettivo sul piano deontologico e, in talune professioni, si facciano garanti della rispondenza del servizio professionale a predeterminati standard di qualità; verifica della idoneità dell’esame di Stato per l’accesso alla professione, che in vari casi è assolutamente burocratico e da sostituire con forme di tirocinio prolungato;
· superare l’attuale sistema di ripartizione dei costi dell’insegnamento universitario tra utenti e collettività tendendo progressivamente, senza diminuzione della spesa complessiva, al trasferimento di parte di essi sugli utenti nella loro generalità per trasferire la risorse così liberate ai più meritevoli che non sono in grado di far fronte alle spese, offrendo servizi, quali le residenze universitarie, prestiti d’onore, ogni tipo di incentivo che tenda a responsabilizzare chi ne fruisce;
· riformare le modalità di acceso ai ruoli con concorsi di idoneità e la formazione di liste nazionali di idonei nei quali le università possono individuare le personalità più idonee, secondo quanto già a suo tempo proposto da numerosi intellettuali del centro sinistra e disatteso nella recente riforma.

Diventiamo anziani
Tutti i cittadini sperano di vivere a lungo, quindi di diventare anziani. Con il progresso della scienza e della qualità della vita tale speranza ha maggiore probabilità di essere esaudita: il popolo degli ultraottantenni aumenta di 120.000 unità all’anno. Quindi le condizioni di vita degli anziani sono un problema di tutti i cittadini.
Le condizioni di vita dei nostri anziani sono le peggiori d'Europa: solo l’1% degli ultrasessantacinquenni usufruisce dell’assistenza domiciliare, contro il 20% del Regno Unito e dei paesi del centro-nord, per scendere a percentuali decrescenti che si arrestano al 6% della Repubblica Ceca. E così per gli anziani ospiti di strutture di accoglienza e residenza, che sono il 2% in Italia contro una media europea che oscilla tra il 6% e il 10%.
Il programma dell'Unione deve essere integrato con l'attenzione verso questo problema. I liberali chiedono che il programma contempli politiche attive che riqualifichino il welfare a favore degli anziani per avvicinare il nostro Paese alla civiltà europea.

Tra gli elementi necessari alla serenità degli anziani vi è il reddito disponibile, cioè la pensione. La previdenza obbligatoria, quindi, è un ingrediente necessario del welfare e deve riguardare la generalità dei lavoratori, sottratta alla logica assicurativa che massimizza i premi e minimizza i rischi e gli indennizzi ed invece sottoposta alla logica dell’accantonamento bene investito (cioè con tasso di rendimento che preservi il valore reale).
Ma il sistema pensionistico italiano è gravato da uno squilibrio finanziario generato da vizi strutturali ereditati dalla Prima Repubblica, i cui effetti sono enfatizzati da moltiplicatori demografici quali il continuo aumento del rapporto pensionati/lavoratori attivi, o congiunturali, quali la recessione e i suoi effetti sull’occupazione.
La riforma Dini ha affrontato i principali problemi strutturali (passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo, separazione di previdenza e assistenza), ma i suoi effetti sembrano (alla Commissione Europea, al FMI, alle agenzie di rating) troppo diluiti nel tempo a causa dei moltiplicatori di cui sopra. La riforma approvata dal governo attuale ha allontanato nel tempo la correzione, prevedendo un brusco innalzamento (il "gradone") dell'età pensionabile e scaricando sui futuri pensionati l'onere del pagamento delle pensioni derivanti dai diritti acquisiti "a buon mercato" dalle generazioni precedenti.
Evidentemente quanto più lungo sarà il periodo di gestione squilibrata (uscite maggiori delle entrate) tanto maggiore sarà lo squilibrio finanziario che le future generazioni dovranno “coprire”: è quindi gravemente iniquo un innalzamento dell’età pensionabile rinviato nel tempo e per questo necessariamente di entità ben superiore rispetto a quanto reso possibile da un innalzamento graduale.
Ciò a fronte di una tutela dei diritti acquisiti ben più formale che sostanziale: il rispetto del valore nominale delle pensioni, in assenza di una convinta riqualificazione del welfare, non consentirà affatto il soddisfacimento dei bisogni degli anziani. Questo tipo di “riforma” non è altro che il rinvio del problema alle generazioni (e ai governi) futuri.
La riforma attuale è quindi triplamente iniqua: nei confronti delle future generazioni, nei confronti dei pensionandi dopo l'entrata in vigore del "gradone", nei confronti dei pensionati attuali, la pensione dei quali viene confermata a fronte del taglio dei servizi sociali. Questo tipo di “riforma” non è altro che il rinvio del problema alle generazioni (e ai governi) futuri.
Il programma di governo dell'Unione dovrà sanare tali iniquità attraverso un innalzamento dell'età pensionistica più vicino ma graduale e un welfare mirato per gli anziani su sanità e assistenza.

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