sabato 30 aprile 2005

Inceneritore: un importante contributo al dibattito

Angelo Ghillani, Claudio Mazzeri e Luigi Gazzola ci mandano questo interessante e documentato contributo al dibattito in merito all'ampliamento dell'attuale inceneritore piacentino.


Oggi parlare di ambiente non è facile, perché è una parola ormai troppo abusata e strumentalizzata, da tutti, ma soprattutto dalle parti politiche, di destra o di sinistra che siano.
Dovremmo tutti essere in grado di avanzare su questo tema proposte serie e concrete partendo da una visione non demagogica del problema.
Essere veramente ambientalisti, infatti, significa saper valutare tutte le componenti che ne fanno parte, senza prenderne in considerazione solo una frazione o solo quelle che fanno più sensazione, partendo dalla considerazione che lo sviluppo deve essere sì sostenibile ma di sviluppo si deve comunque parlare.
Il problema dei rifiuti è una componente importante dello sviluppo e delle ripercussioni che questo ha sull’ambiente. Considerare che si possa risolvere il problema soltanto fissando elevati obiettivi di raccolta differenziata senza considerare che cosa questo comporta a valle è un’ottica che non tiene in opportuno conto cosa vuol dire sviluppo sostenibile. Soltanto nella provincia di Piacenza, infatti, che conta 260.000 abitanti, vengono prodotti circa 177.000 tonnellate all’anno di rifiuti, di cui 96.500 tonnellate circa sono rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata e avviati alla termovalorizzazione, 15.300 tonnellate sono rifiuti ingombranti e assimilati avviati in parte alla termovalorizzazione, circa 53.000 tonnellate sono raccolti in modo differenziato e avviati al recupero e 12.400 tonnellate circa sono rifiuti speciali assimilabili avviati in parte alla termovalorizzazione. Raggiungere elevate percentuali di raccolta differenziata significa sì incentivare ed educare i cittadini a produrre meno rifiuti e a differenziarli all’origine, a realizzare impianti che siano in grado di selezionare i rifiuti, almeno alcune frazioni di essi, ma significa anche trovare una collocazione che sia degna di questo nome alla frazione separata. Un’iniziativa che possa risolvere il problema, infatti, non può essere sovvenzionata e assistita dallo Stato, ma deve trovare una sua logica di mercato con un ritorno economico che possa permettere di mettere in campo nuovi investimenti e iniziative in un circolo virtuoso e non involutivo. Pensare a cosa significa collocare sul mercato 53.000 t di materia che ha già subito un ciclo di utilizzo, e quindi è stata scartata, non è così semplice, occorre trovarne una destinazione industriale che sia effettivamente tale, perché altrimenti si ricade nel problema di dove collocare (discarica?) ciò che non trova destinazione, senza contare che occorre considerare anche il trasporto di questo materiale, con tutto l’inquinamento conseguente. Occorre cioè cominciare a ragionare in termini di macro bilanci ambientali, non soffermarsi solo su alcuni limitati aspetti senza spiegare cosa significa tutto il resto. I termovalorizzatori in Italia, rispetto a molti altri paesi Europei, sono stati molto osteggiati proprio perché sono stati spesso visti in questa ottica limitata. Eppure dobbiamo considerare che sono gli unici strumenti oggi che risolvono con efficacia il problema dei rifiuti, perchè 1) consentono un effettivo recupero dell’energia contenuta nei rifiuti generando energia elettrica e anche calore da utilizzare in impianti di teleriscaldamento, 2) producono emissioni concentrate e monitorabili, rispetto ad un trasporto in discarica con mezzi pesanti che vanno ad aumentare il traffico, l’inquinamento acustico e l’inquinamento atmosferico in modo diffuso e incontrollabile, 3) permettono di risparmiare le emissioni generate da un impianto convenzionale per la produzione della stessa energia elettrica e anche le emissioni che sarebbero comunque generate da un abbancamento in discarica della stessa quantità di rifiuti, 4) generano rifiuti riciclabili in gran parte come le scorie che possono essere utilizzate nei cementifici e il ferro che può essere riciclato nelle fonderie, infine 5) permettono di recuperare spazio (lo spazio occupato dall’impianto rispetto allo spazio occupato da discariche per la stessa quantità di rifiuto smaltita in venticinque anni di durata dell’impianto). Senza contare 6) il ricavo consentito dalla gestione degli impianti che permette di ridurre le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti o di investire in altre iniziative.
Quando si è detto in passato che il termovalorizzatore avrebbe consentito di ridurre le tariffe non si è fatta una falsa promessa, semplicemente si è deciso di destinare gli utili ricavati ad altri necessari e più urgenti investimenti anziché alla riduzione delle tariffe.
A Piacenza abbiamo la possibilità di realizzare la terza linea del termovalorizzatore, soprattutto applicando la recente legge che, recependo una direttiva europea, permette di utilizzare gli incentivi e le procedure autorizzative per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, come la parte non biodegradabile dei rifiuti. La generazione di energia elettrica potrebbe essere abbinata alla generazione di calore, oggi non possibile per la scelta effettuata sulle due linee esistenti di produrre solo energia elettrica, da collegare alla futura rete di teleriscaldamento che si pensa di sviluppare a Piacenza. La generazione combinata di elettricità e calore consente di ottenere elevati rendimenti di trasformazione, inoltre il calore fornito alla rete di teleriscaldamento evita le emissioni generate dal riscaldamento ottenuto attraverso fonti convenzionali.

Portare la capacità annuale di smaltimento dell’impianto da 105.000 tonnellate a 120.000 tonnellate entra in una logica virtuosa. L’impianto è infatti in grado di smaltire questa quantità (che consente di ridurre da 19.000 a 4.000 tonnellate la quantità di rifiuto da avviare ancora in discarica) senza alcuna modifica impiantistica in virtù di un minor potere calorifico effettivo del rifiuto rispetto a quello di progetto (circa 2.250 kcal/kg contro 2.600 kcal/kg).
Occorre ricordare che l’anno scorso si è dovuti ricorrere a due ordinanze di emergenza (una del Sindaco di Piacenza e una del Presidente della Provincia) per aumentare di 6.500 tonnellate la quantità autorizzata. Questo è avvenuto perché si è reso necessario arrestare una linea per almeno un mese e mezzo a partire dal mese di ottobre per evitare di superare la quantità autorizzata di 105.000 tonnellate e nello stesso tempo la quantità eccedente di rifiuto doveva essere portata in discarica. Dato che sul territorio provinciale non esiste discarica (in questo senso è un pò ipocrita quell’ambientalismo che si appella all’autosufficienza proclamata dal Piano Provinciale dei rifiuti), si è dovuti ricorrere a quella di Corteolona (convenzionata con la Provincia di Pavia) che tuttavia, nel periodo in considerazione, non era in grado di ricevere i rifiuti di Piacenza. Da un lato, quindi, l’impianto avrebbe potuto smaltire tutti i rifiuti prodotti dal territorio provinciale al netto della raccolta differenziata, valorizzandoli con la produzione di energia elettrica, dall’altro, anche per la mancanza di una discarica sul nostro territorio, veniva a mancare la possibilità di smaltimento della quantità eccedente la capacità autorizzata dell’impianto.
La procedura di screening condotta dall’Amministrazione Provinciale, in seguito alla domanda effettuata da Tecnoborgo di aumento della quantità annuale, ha messo in evidenza che per quanto riguarda l’impatto più importante, quello prodotto dalle emissioni in atmosfera, la quantità totale di inquinanti emessi per effetto della maggior quantità di rifiuti inceneriti è dipendente dalla potenza di combustione e non dalla quantità di rifiuti trattati. L’aumento della quantità di rifiuto termovalorizzato non comporta un aumento di pari grandezza della quantità totale di emissioni quando questo sia accompagnato, come nel caso in oggetto, da una equivalente diminuzione percentuale del potere calorifico inferiore poiché la quantità totale di fumi emessi al camino è proporzionale al combinato che deriva dalla quantità di rifiuti trattati e dal potere calorifico inferiore degli stessi. Ne consegue che l’aumento autorizzato della quantità annuale di rifiuti da smaltire da 105.000 t a 120.000 t non comporterà un aumento complessivo delle emissioni in atmosfera rispetto a quanto previsto originariamente in autorizzazione, considerato che è la conseguenza di un effettivo minor potere calorifico rispetto a quello previsto in progetto. Restano ovviamente inalterate le concentrazioni degli inquinanti nei fumi, che rispettano tuttavia con ampio margine i limiti fissati dalla normativa vigente, soprattutto avendo la possibilità di condurre l’impianto alla massima potenzialità.
E’ utile inoltre sottolineare che:
1) La quantità di 15.000 t in più di rifiuti termovalorizzati consente di produrre circa 8.100 Mwh in più di energia elettrica netta, con un risparmio energetico di 3.000 tonnellate di petrolio equivalente che sarebbe invece utilizzato in impianti convenzionali per produrre la stessa quantità di energia, oltre naturalmente al risparmio delle conseguenti emissioni che il combustibile tradizionale comporterebbe.
2) La stessa quantità di rifiuto, inviata attualmente a discarica, richiede l’impiego di almeno 830 autoarticolati che percorrono più di 240.700 km impiegando circa 80.000 litri di carburante e generando le conseguenti emissioni.

TERMOVALORIZZATORE: TERZA LINEA?
Le dichiarazioni del presidente di Enìa, Allodi, in occasione della presentazione della nuova società multiutility, secondo le quali il termovalorizzatore di Piacenza potrebbe rappresentare la soluzione del problema rifiuti per i tre territori di PC-PR-RE, che hanno suscitato un ingiustificato allarmismo, al solito alimentato dai soliti untori, appartengono al regno delle ipotesi, dei desiderata e delle idee in libertà senza però alcun fondamento. Giacchè contrastano sia con indirizzi politici che con atti normativi.
Le linee programmatiche di mandato 2002-2007 del Comune di Piacenza considerano i rifiuti come risorse e propongono di incentivare la raccolta differenziata tendendo al superamento del 50% del totale considerando a tal fine prioritario “mantenere l’attuale potenzialità dell’inceneritore, senza introdurre la terza linea, al fine di non vanificare gli sforzi per incentivare la raccolta differenziata e per evitare il peggioramento della qualità dell’aria”.
Dalle linee programmatiche si ricava la giusta preoccupazione che una terza linea dell’impianto possa pregiudicare i risultati della raccolta differenziata e la qualità dell’aria.
L’obiettivo principale del Piano provinciale dei rifiuti inoltre è quello di dare autosufficienza al territorio per lo smaltimento dei rifiuti e impone la riduzione dei rifiuti, lo sviluppo delle raccolte differenziate, il riutilizzo e il riciclo dei materiali recuperati ed infine, per la quota di materiale non recuperabile lo smaltimento e la distruzione con recupero di energia.
Il termovalorizzatore offre questo risultato accompagnandolo a favorevoli ripercussioni economiche ed ambientali, sia per l’amministrazione comunale che per i cittadini. In termini di abbattimento dei costi di smaltimento e di produzione di energia. Infatti permette lo smaltimento in loco senza le costose spese di trasporto e smaltimento in discarica, antieconomica sia da gestire che da bonificare, e crea al contempo energia elettrica e/o calore e quindi redditività per il territorio su cui insiste. Occorre considerare che l’energia elettrica netta prodotta dal nostro impianto nell’anno 2003 (quindi un periodo ancora in parte di avviamento e di prove) ha consentito di risparmiare 25.000 t di petrolio che in caso contrario sarebbe stato bruciato da una centrale elettrica di tipo convenzionale e che questa energia equivale al consumo annuale di circa 10.000 abitanti equivalenti residenti nella Regione Emilia Romagna.
E’ evidente poi il vantaggio ambientale generale derivante dalla riduzione delle emissioni dei mezzi che trasportano i rifiuti in discarica e dalla drastica diminuzione dei problemi legati all’interramento dei rifiuti indifferenziati nella discarica stessa, come quelli legati al trattamento del biogas e del percolato.

COS’E’ UN TERMOVALORIZZATORE
Comunemente continua ad essere chiamato “inceneritore”, anche se il termine più corretto è termovalorizzatore. A Piacenza fu scelto e realizzato, dopo anni di discussioni e polemiche (i primi atti amministrativi risalgono al 1988), costretti dall’emergenza e dall’esigenza di dover smaltire i rifiuti a costi sempre più esorbitanti in lontane discariche stante l’impossibilità di individuare siti idonei nel territorio piacentino.
La termovalorizzazione è un processo che sfrutta il contenuto calorico presente in una determinata materia, nello specifico quello presente nei rifiuti. L’inceneritore è uno strumento di termodistruzione dei rifiuti raccolti, il termovalorizzatore consente di ottenere a valle della combustione elettricità e riscaldamento.
I rifiuti che vengono bruciati sono quelli indifferenziati a valle della raccolta differenziata, quindi sono quelli non diversamente riciclabili.
Il processo di combustione si svolge all’interno di un forno ad altissima temperatura (ca. 1000 °C). La corretta gestione della combustione, ottenibile mediante i moderni sistemi di telecontrollo, permette la distruzione della maggior parte degli inquinanti già in camera di combustione. I fumi che escono da questa camera entrano in una caldaia che li riutilizza per la produzione di energia elettrica e/o termica.
La quota residuale di scorie (22% circa dei rifiuti bruciati) viene riciclata in cementifici e utilizzata per la produzione del cemento, così come anche il ferro separato dopo il processo di combustione (circa il 2%) viene riciclato nelle fonderie. Rimane circa il 3,5% di ceneri derivanti dal processo di abbattimento degli inquinanti nei fumi che viene inviato in discariche controllate e autorizzate dopo essere state inertizzate.
Prima dell’emissione in atmosfera i fumi infatti vengono filtrati e depurati per l’abbattimento del residuo contenuto inquinante nel rigoroso rispetto dei parametri di legge in materia di emissioni. Certo, la combustione comporta la produzione di microinquinanti dannosi come le diossine, ma è ormai consolidato che questi impianti abbattono queste sostanze anche di 5 – 10 volte i già restrittivi limiti di legge europei e l’esperienza di un anno di funzionamento del nostro impianto dimostra come sia possibile restare ben al di sotto dei limiti previsti.


I MOTIVI DI OPPOSIZIONE
L’opposizione al potenziamento del termovalorizzatore si basa su motivazioni di carattere soprattutto sanitarie, ma anche sociali ed economiche (basti pensare alla flessione del valore delle case nelle zone circostanti l’impianto). Si temono forti ripercussioni ambientali in una zona già sottoposta all’inquinamento acustico ed atmosferico dell’Autostrada del Sole, della vicina Cementirossi e della centrale ex Enel; serie ripercussioni sulla salute anche se mancano, allo stato, ricerche particolari che evidenzino in zona una incidenza superiore alla media cittadina di patologie tumorali, respiratorie e di malformazioni congenite.
Queste soggettive preoccupazioni inducono a non considerare favorevole il rapporto rischi/benefici legati al potenziamento dell’impianto di termovalorizzazione.
A ciò si aggiunge la tipologia climatica della zona che prevede una discreta frequenza di fenomeni di inversione termica con accumulo di inquinanti.
Lo studio di impatto ambientale già effettuato per l’impianto, tuttavia, aveva messo in evidenza quanto fosse molto modesto se non trascurabile l’impatto dell’impianto in termini di ripercussione sulla salute dei cittadini ed i risultati dopo più di un anno di funzionamento dell’impianto hanno avvalorato le ipotesi di partenza. Si pensi che il contributo istantaneo della ricaduta di ossidi di azoto (NOX), che sono gli inquinanti prodotti in maggior quantità dall’impianto (il loro limite di concentrazione nei fumi in termini di media giornaliera è infatti di 200 mg/Nmc, contro i 0,1 mg/Nmc delle diossine, cioè 2 miliardi di volte in più) è pari a circa 7 – 8 microgrammi/Nmc, contro i valori mediamente rilevati dalle centraline per la qualità dell’aria, installate da Tecnoborgo in zona Capitolo e in zona Gerbido e gestite da ARPA, che sono di 70 – 80 microgrammi/Nmc (cioè 10 volte di più).
A riprova di ciò, anche una ripetizione delle analisi del terreno effettuata dopo un anno di funzionamento dell’impianto e volta a determinare la deposizione di diossine, furani e metalli pesanti, ha messo in evidenza come non ci sia stata alcuna variazione nel terreno per quanto riguarda questi inquinanti rispetto alle stesse analisi effettuate per conto di ARPA un anno prima dell’entrata in funzione dell’impianto.

LA PROSPETTIVA
Le politiche dell’attuale Governo hanno costantemente indebolito il ruolo degli enti locali soprattutto a causa dei tagli alla spesa e dei trasferimenti statali, per questo l’unico modo per ricavare risorse - nell’impossibilità di ricorrere a tassazioni di sorta – volendo garantire i livelli attuali del welfare locale consiste nell’incrementare la resa delle aziende partecipate.
Orbene – in attesa di conoscere a breve l’andamento relativo al 2004 - l’utile di esercizio per l’anno 2003 – al netto delle imposte - di Tesa spa, pari ad € 2.069.015 è stato generato principalmente dall’attività della controllata Tecnoborgo spa, società che gestisce l’impianto di termovalorizzazione. Nel corso del 2003 sono state smaltite nell’impianto 104.937 ton. di rifiuti e si sono prodotti 56.680 Mhw di energia elettrica venduta al Gestore Nazionale della Rete a prezzo agevolato, beneficiando della autorizzazione “CIP-6”, in vigore fino al 2010.
Vale dunque forse la pena cominciare ad avviare una riflessione in ordine ad un eventuale potenziamento dell’impianto di termovalorizzazione di Borgoforte con l’introduzione di una terza linea che, in accordo con l’art. 17 del D. Lgs 29/12/2003 n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) che prevede l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, consentirebbe di offrire una risposta sia all’esigenza di autosufficienza imposta dal P.P.R., sia della produzione di energia elettrica/calore con fonti rinnovabili, sia infine di aumentare la redditività delle casse pubbliche.
L’aumento del quantitativo di rifiuti da incenerire si tradurrebbe, oltre che in un minore quantitativo di rifiuti da smaltire, in un indubbio beneficio economico.

Angelo Ghillani
Claudio Mazzeri
Luigi Gazzola

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