martedì 10 febbraio 2015

A proposito di articolo "FLI, Fare, Scelta Civica: tre sigle, stesso fallimento" di Federico Cartelli

Lettera aperta di Carlo Annoni pubblicata su FB il 9/2/2015


Buongiorno Federico, ho letto tuo interessante articolo ( http://thefielder.net/09/02/2015/fli-fare-scelta-civica-tre-sigle-stesso-fallimento/ ).
Sull'analisi proposta mi trovo in dissenso su alcuni passaggi e proverò a delineartene gli elementi.  Se infatti il fallimento è comune, penso che i tre progetti avessero aspettative differenti e che quindi vadano meglio colte le specifiche dinamiche di ogni progetto.

L'esito poi è quello che dici: abbandono dei partiti da parte dei promotori con chiusura e l'effetto di "disilludere tanti militanti, soprattutto giovani, che avevano creduto in questi progetti, a essi avevano dedicato il proprio tempo e le proprie energie, e si sono poi ritrovati a raccogliere i cocci di un’esperienza deludente e inconcludente". Non trascurerei comunque il fatto che anche nella loro modestia politica, due di questi soggetti abbiano fatto egregiamente da taxi a tanti professionisti della cadrega, che era poi l'esito da loro atteso, molto più che la formazione di un partito, anzi.. i partiti, se sono veri e funzionano, poi "rompono".

Proviamo allora a capire il fallimento del primo soggetto, FLI; inizierei con chiedermi se aspettativa fosse realistica. A mio parere, forse, ma non certo nei modi e tempi attesi dalla dirigenza di FLI. pensare che vent'anni di Berlusconismo (in realtà iniziati ben prima sua scesa in campo, in quanto coincidenti con la spettacolarizzazione della politica trasformata in avanspettacolo da talk show e quindi con inizio anni 80) potessero essere scalzati da un conservatorismo da galantuomi in doppio petto, era alquanto ottimistico.E' bastato affossare con artiglieria dei media di proprietà SB l'immagine di galantuomo del portabandiera di FLI per affossare il progetto. Direi che il fatto era molto prevedibile, e il fatto non ci fossero contromisure dimostra solo come il progetto prendesse avvio da una mentalità vecchia rispetto i tempi nuovi della politica spettacolo e dei veleni serviti espressi da qualche presentatore tv. Quindi, sicuramente, tra i primi motivi di fallimento, tanta ingenuità da parte del gruppo dirigente. Solo questo? Non penso. Di fondo vi è anche l'incomprensione verso la natura del proprio target sociale, sulla sue culture, sulle sue aspettative. A differenza di quanto immaginato dagli strateghi di FLI, il popolo della destra italiana non è fatto in buona parte di conservatori diffidenti sul ruolo dello stato e sulle aspettative verso lo stato, ma di popolani (arricchiti o meno cambia poco) affascinati dallo stato e con l'aspettativa di una cornucopia pubblica sempre colma e prodiga.Purtroppo per FLI (e non solo) bisogna avere la consapevolezza della egemonia, in italia, di una cultura che vede e prevede uno stato onnipotente in grado di tutto fare e garantire, anche la violazione del principio di realtà e dei nessi causa-effetto. Berlusconi, di questo è sempre stato ben consapevole, e lo ha cavalcato da grande demagogo e venditore di illusioni. A un popolo che crede violabile il buon senso ed il principio di realtà, difficile promettere come massima possibilità un governo di galantuomini e di conti in ordine. Qui mi fermo non perché argomento FLI possa dirsi esaurito, ma per esaurimento del mio tempo.

Scelta Civica, che dire? Una operazione a tavolino nata per iniziativa dei poteri forti che in un quadro di equilibrato bipolarismo non moderato, contavano di porsi come ago della bilancia per condizionare il centro-sinistra vincente.Personalmente ritengo l'iniziativa lo specchio della mediocrità dei nostri poteri forti (e quando dico questo invito ad analizzare quadri e candidati con la loro provenienza), e, in questo, Italia Futura ne rappresenta il compendio. A queste aspettative di gruppo vanno poi unite le aspettative delle cordate e, in questo caso, non possiamo dire che l'esperienza sia stata così fallimentare. Alcuni poteri, grazie a SC, una rappresentanza la hanno ottenuta.Ma tu dici che SC ambiva a diventare terzo polo? Forse, ma non ho ancora capito come pensasse di farlo. Mettendo la faccia di Monti e dietro un'arca di Noé in buona parte riempita dai raccomandati dei poteri forti nazionali? Se l'operazione, come mi è parso, era poco oltre che la faccia nuova (il tecnico prestigioso) e vecchi giochetti, direi che ho concluso. E forse l'attesa delusa è solo nei fans seri che, purtroppo, una iniziativa poco seria era comunque riuscita ad avere in questo paese alla frutta.

Fare. Fare che? Io ho sempre capito che obiettivo fosse costruire il nucleo di un partito d'avanguardia. Il fatto (participio passato di fare) che i comportamenti non siano poi stai conseguenti a questo obiettivo, mi hanno portato nel tempo a dubitare anche di questa lettura, salvo poi trovarmi a non saperne offrire una alternativa. Assumerò quindi la mia lettura iniziale come quella che fotografa al meglio le aspettative del gruppo dirigente di Fare, soprattutto quello post-Oscar. Mentre fino alla centralità di Oscar, l'operazione poteva cogliersi come una edizione più radicale di SC, caduto Oscar mi è parso che la direzione di Fare fosse quella del partito di avanguardia, col suo manipolo di intellettuali da assalto a farne da nucleo duro. Forse non è più tempo di partiti d'avanguardia, ma o non avevo capito io, o mi è totalmente mancata la coesione nel gruppo dirigente, e anche una certa dose di fanatismo (e palle d'acciaio annesse) senza le quali mai si è visto partito di avanguardia. Anche la delusione sui risultati, alla luce di una banale analisi della realtà, poteva esserci, ma per qualche frazione di punto..basta conoscere la storia della genesi dei partiti d'avanguardia (e rivoluzionari). E' la lotta, se non il martirio, che portano i primi voti di massa, e di tutto questo non si era visto nulla. Serviva del tempo, serviva un radicamento sociale, che richiede occasioni e tanto tempo. Sarebbe stato realistico pensare che un isolamento sociale, rotto da qualche apparizione TV e sul territorio, potesse dare i voti (e la partecipazione) di una prima base intellettuale, e sociale ad alta coscienza politica, da cui iniziare un processo di costruzione di un partito. E invece? Travolti da risultati che mai avrebbero fatto indietreggiare un vecchio intellettuale comunista, il gruppo dirigente ha dato fallimento prima del necessario. Che dire? Nulla era compromesso dopo le politiche, e a mio parere neppure dopo le europee, e invece il gruppo dirigente si è via via imbarcato in un processo autodistruttivo. Anche qui mi sembra che ci sia stata una inadeguatezza del gruppo dirigente, che forse mancava della coesione necessaria, e della volontà un pò fanatica, che è necessaria in operazioni di questo tipo. Forse il gruppo si è aggregato in funzione elettorale prima che "politica", e queste contraddizioni si pagano: le elezioni sono solo un mezzo, mentre la politica è il fine. Alla prima crisi, senza la necessaria coesione, queste aggregazioni non tengono.

Questi miei sono appunti volanti e spero vorrai scusarne approssimazione e superficialità. Li ho scritti in un ritaglio di tempo dal lavoro. Ma spero possano essere utili per mettere a fuoco argomento che hai messo in campo. E di questo ti ringrazio perché in questo paese non vi è la grande abitudine di studiare i fatti successi e trarne i bilanci.

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