venerdì 27 dicembre 2013

Scenari finanziari: Il 2014 e gli scenari estremi

Articolo molto interessante dal Blog di Giuseppe Russo
http://bepperusso.altervista.org



Tapering a contagocce e Wall Street festeggia, sarà razionale?

Questa settimana la FED ha deciso di ridurre da 85 a 75 miliardi di dollari l’acquisto mensile dei titoli di stato e bancari sul mercato obbligazionario statunitense. Non significa che diminuirà la quantità di moneta, ma che ne rallenterà l’aumento. Nel frattempo, infatti, il bilancio della FED è arrivato a 4000 miliardi di dollari (figura 1). Che questo possa avere poco o nessun impatto su chi investe è da provare, e tanto per essere consapevoli sui rischi e le virtù delle politiche monetarie ultra-espansive, propongo un ragionamento che parte da lontano. Attenti a non perdervi il filo della narrazione.

Figura 1 – Le attività nel bilancio della Fed, Milioni di dollari. Fonte: http://research.stlouisfed.org/fred2/series/WALCL
Figura 1 – Le attività nel bilancio della Fed, Milioni di dollari. Fonte: http://research.stlouisfed.org/fred2/series/WALCL

La tassa da inflazione sostituita dalle obbligazioni

Ragioniamo. Negli anni settanta i governi avevano poco deficit. La spesa in eccesso (alle tasse) avveniva stampando moneta. In Italia la Banca d’Italia aveva concesso un fido sostanzialmente illimitato al Tesoro. Succedeva che annualmente la domanda nominale di beni e servizi superava la produzione e per conseguenza l’equilibrio reale si otteneva aumentando i prezzi dei beni. Ossia, l’inflazione dei beni di consumo faceva pagare ex post l’equivalente delle tasse non pagate per finanziare la spesa pubblica scoperta. Poi i fidi sono stati chiusi e i governi, non perdendo l’abitudine a spendere più dell’incasso, hanno emesso le obbligazioni (i bond). L’inflazione piano piano si è spenta, perché i bond prosciugano la liquidità. In altri termini, il possessore dei bond rinuncia in cambio di un interesse a spendere la somma che spende il governo. Sparisce l’eccesso di domanda nominale dal mercato dei beni. Fine dell’inflazione. Lo scambio con i risparmiatori (istituzionali o individuali) ha però una scadenza. Alla fine della data impressa sul prestito, lo Stato avrà prelevato da qualcuno abbastanza da permettere all’investitore di spendere il denaro investito, con tanto di interesse. In realtà, lo Stato (e non solo quello italiano) è mai riuscito a riaccantonare un cumulo di imposte sufficiente a rimettere il potere di acquisto preso a prestito nelle mani di chi lo aveva dato. Con una eccezione, il governo inglese di Margaret Thatcher, che restituì il debito e fece quasi scomparire il mercato delle obbligazioni pubbliche, i Gilt. Così si spiega un po’ della propensione britannica a investire in aziende invece che in crediti. Torniamo sul punto: se il Governo non accumula un risparmio sufficiente, non può restituire il potere di acquisto preso a prestito.

E le obbligazioni divennero revolving

E non potendolo restituire, la soluzione a portata è stata di rendere revolving i prestiti, ossia rinnovarli sperando che la platea dei sottoscrittori, pronti a scambiare un potere d’acquisto oggi con un potere di acquisto domani, sarebbe stata sufficiente. La qual cosa è puntualmente successa, perché i tassi di interesse hanno allettato i risparmiatori. Sembrava quindi che si potesse scappare dalla “tassa da inflazione” che veniva somministrata negli anni settanta. E sembrava che si potesse scappare dalla tassa di restituzione. Per il che anche il famoso teorema di Barro, secondo cui il debito pubblico non è ricchezza reale, bensì null’altro che il valore attuale di tasse future, è stato ignorato.

Dal 1986 non solo i governi, ma tutti si indebitano più che possono.

Il tempo passa e la terra gira intorno al suo asse. Non solo i governi spendono più di quanto possono, ma lo fanno anche le famiglie (soprattutto in America) e anche le imprese. Lo fanno anche le banche. Dal 1986 a oggi la leva finanziaria complessiva, ossia i debiti totali rapportati al Pil sono passati dal 150% al 500% (con punte al 600% in Giappone e in alcuni altri paesi). Succede a un certo punto che i debiti possano essere eccessivi. Ciò accade quando una persona ha più debiti che beni o redditi futuri da attualizzare. Ciò accade quando un’impresa ha più debiti che margini operativi da attualizzare. Nei casi dei privati – persone e imprese – quando i debiti sono eccessivi i beni del debitore passano al creditore, che normalmente deve rinunciare a qualche cosa. Cioè c’è della ricchezza reale che passa di proprietà (e non viene distrutta) e c’è ricchezza finanziaria (crediti) che invece viene distrutta. I debiti eccessivi dei privati vengono purgati dal capitalismo anno per anno, e infatti le banche accantonano ogni anno per questa purga.

La bolla più pericolosa è quella del debito. Il caso Lehman è stato solo un avvertimento di un problema che resta.

Durante le recessioni si hanno delle emersioni straordinarie di debiti eccessivi, che qualche volta mettono a mal partito il bilancio dei creditori, ossia ne consumano il patrimonio interamente. In questo caso il fallimento dei debitori provoca il fallimento dei creditori (Lehman), soprattutto se questi per massimizzare i dividendi degli azionisti e i bonus dei manager hanno usato leve temerarie (in certi casi del 5000%) per prestare il denaro. Dunque, i debiti eccessivi delle banche sono stati il primo problema nel 2008. Al 2008 si era però arrivati via un percorso di concentrazioni nel settore bancario, volte a rendere più efficiente il sistema dei pagamenti, della raccolta e dell’investimento del risparmio. Ma banche così grandi da non poter fallire hanno facilmente convinto i governi a mettere essi stessi il denaro nelle banche, e dunque, ove fossero in deficit, aumentandolo. Quindi ci sono nel mondo debiti pubblici generati da spesa pubblica (caso Italiano) e debiti pubblici generati da spesa pubblica e un po’ anche dal salvataggio delle banche (Stati Uniti, Regno Unito, Grecia). Il debito eccessivo dei privati è assorbito dai fallimenti. Il debito eccessivo dei banchieri è assorbito dai governi (e dai banchieri centrali). Il debito dei governi è revolving. Già? E quando diventa eccessivo? Default. Si distrugge in pochi istanti tutto il potere di acquisto accantonato dai creditori. Ossia, chi paga il conto di un default pubblico? Il conto è pagato dai creditori, che perdono la maggior parte o tutto il potere di acquisto che avevano messo da parte. E il conto torna. Non ci sono pasti gratis. Il potere di acquisto che negli anni settanta veniva limato, un po’ per anno, per tassare dopo aver fatto la spesa pubblica eccessiva e che colpiva tutti, chi più chi meno, in caso di default viene cancellato in capo ad alcuni, ossia in capo ai soli creditori. Il potere di acquisto imprestato e che non può essere restituito viene cancellato. A meno che ….

La politica monetaria ultraespansiva non è un default definitivamente scampato, è l’equivalente di un default rinviato al futuro nella speranza che il futuro sia così più ricco del presente da scamparlo.

A meno che il banchiere centrali non compri il debito pubblico. Comprandosi il debito pubblico il banchiere centrale crea moneta. Ossia fa ex post quello che negli anni settanta faceva ex ante. Solo che negli anni settanta, anticipando la moneta, il banchiere faceva crescere il valore monetario dei beni, presentando il conto ai consumatori che pagavano i beni più di quanto avessero programmato (inflazione). Adesso il banchiere non presenta il conto, bensì lo paga: paga il conto stampando moneta dopo la presentazione della fattura, si potrebbe dire. E l’inflazione? Quindi il conto non lo paga più nessuno? Anzi, siccome tutti sono contenti perché né le banche né i governi possono più fallire, anche i loro debiti (le obbligazioni) aumentano di valore. E anche le azioni delle banche aumentano di valore. E siccome tutte le azioni valgono di più se il valore delle obbligazioni sale (in quanto i rendimenti delle obbligazioni scendono), anche le azioni aumentano di valore. Quindi c’è potere di acquisto nuovo che viene stampato e scambiato con quello cartolarizzato e che era eccessivo. E c’è aumento numerario di potere di acquisto vecchio accantonato in obbligazioni e azioni possedute dal sistema (al netto della banca centrale). Il potere di acquisto del sistema è aumentato, non è diminuito. Ne manca un pezzo per far tornare i conti. Dove sono i beni da comprare? Non tornano i conti.

Tre modi per far tornare i conti, tre scenari estremi

Alla fine i conti tornano solo in tre modi.
  • Se il potere di acquisto compra beni di investimento più produttivi che aumentano il prodotto potenziale e riducono il leverage, ossia il totale dei debiti di tutti in rapporto al Pil (scenario di alta crescita).
  • Se l’inflazione dei beni distrugge il potere di acquisto della carta in eccesso (scenario di alta inflazione).
  • Oppure se il valore esterno della carta ossia delle attività finanziarie, obbligazioni e azioni, scende autodistruggendosi (scenario di crisi finanziaria).
Che ci crediate o no, gli scenari sono questi e sono scenari estremi. Quelli intermedi non sono semplicemente realistici.
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