sabato 25 giugno 2011

CONFAGRICOLTURA: LODIGIANI FA UN BILANCIO DI FINE MANDATO

Pubblichiamo con molto piacere l'intervista rilasciata da Michele Lodigiani in occasione delle elezioni del nuovo presidente di Confagricoltura.



Si riunisce oggi il rinnovato Consiglio dell’Unione Agricoltori. All’ordine del giorno l’elezione del nuovo Presidente, dei Vice-Presidenti e della Giunta Esecutiva. A Michele Lodigiani, che lascia al termine di un mandato triennale, chiediamo di fare un bilancio.

Ha trascorso 3 anni alla guida di Confagricoltura. Quali le sue considerazioni di fine mandato?

Tre anni sono un periodo relativamente breve, eppure la situazione di oggi è ben diversa da quella che ho trovato al momento del mio insediamento. Le aziende agricole si sono fortemente evolute: se molte sono state “alla finestra”, cercando di difendere le posizioni e di tenere sotto controllo i punti critici, altre non hanno esitato a cogliere le nuove opportunità come quelle offerte dalle agro-energie, dalla multifunzionalità, e dall’innovazione tecnologica; altre ancora non hanno potuto resistere alla pressione degli eventi ed hanno finito per “gettare la spugna”. Si tratta di processi in sé del tutto normali, ma che in passato erano caratterizzati da dinamiche assai più lente e da una lettura della realtà meno complessa.

Ma le sembra che prevalgano i motivi di ottimismo o quelli di pessimismo?

Penso che si debba guardare al futuro del settore con un certo ottimismo. Oggi risulta più chiaro di quanto non fosse 3 anni fa che l’apertura dei mercati ha generato problemi ma anche opportunità: i prezzi saranno anche volatili, ma su livelli medi che non conoscevamo da tempo; la crescita straordinaria di alcuni paesi induce nuove abitudini di consumo, crea sbocchi insperati per le nostre tipicità e, al di là della speculazione, tiene in tensione i prezzi delle “commodities”; la nuova PAC è ancora piuttosto fumosa, ma fra le proposte possibili sembra affermarsi quella di una “regionalizzazione temperata”, che tiene conto anche dell’occupazione e dell’intensità degli investimenti sostenuti dalle aziende, il che, pur in un quadro di diminuzione delle risorse disponibili, dovrebbe comunque assicurare una certa tutela alla nostra agricoltura.

Quali allora i motivi di preoccupazione?

I guai del nostro settore sono quelli del sistema Paese, a partire dal problema ormai in piena metastasi della malaburocrazia. E’ un fenomeno che ho cercato di contrastare con particolare intensità in questo triennio e non posso dire che non si sia ottenuto anche qualche risultato: ma per ogni centimetro di avanzamento verso la semplificazione abbiamo fatto un metro di arretramento verso la complessità
delle procedure, dei controlli e delle incombenze, senza che tutto ciò serva ad alcunché se non a perpetrare un’economia parassitaria a spese di chi produce. Oggi le aziende chiudono per burocrazia!

Sul banco degli imputati mette la politica?

La politica ha grandi responsabilità. In una situazione che richiederebbe decisioni forti, obiettivi condivisi, pragmatismo e rispetto delle regole da una parte non si trova di meglio che solleticare senza vergogna gli umori peggiori del proprio elettorato e dall’altra non si riesce a trasmettere una propria visione delle cose che vada al di là delle insulsaggini del “politicamente corretto”. Il Paese è insabbiato e tutti noi stiamo assistendo ad un dibattito surreale fra parrucconi … e parrucchini, che non ha nulla a che fare con la realtà. La politica, tuttavia, ha trovato molte complicità collettive: nello stesso inestricabile garbuglio si incrociano ormai gli interessi più diversi (economici, corporativi, lobbistici, personali, malavitosi, ecc.) e troppi hanno da difendere delle rendite di posizione.

Come se ne può uscire secondo lei?

Non vorrei che la mia fosse scambiata per una battuta o una provocazione, ma personalmente credo che il modello amministrativo da cui dovremmo ripartire è quello di Don Camillo e Peppone: lo scontro politico può essere anche forte, ma nel rispetto dell’interesse generale e finalizzato al raggiungimento di qualche obiettivo comune, cioè buono per l’Italia e non per l’una o l’altra parte; il confronto deve tornare alla concretezza dei problemi, stabilire delle priorità, proporre soluzioni; d’altronde gli effetti disastrosi di una politica fatta solo di marketing sono sotto gli occhi di tutti! In questi 3 anni ho incontrato in tutti gli ambienti, anche fra i politici, uomini e donne di buona volontà, competenti e consapevoli della gravità della situazione economica del Paese e dello smarrimento morale in cui esso si trova. Il cambiamento non è più rinviabile, ma dipende da tutti noi e non si può continuare ad invocarlo solo per gli altri! Sono convinto che la maggioranza degli Italiani sia disposta a nuovi sacrifici e a rimboccarsi le maniche, ma tutto ciò potrà avvenire solo sulla base di una proposta politica credibile sostenuta da persone credibili.

1 commento:

  1. Una intervista lucida e chiara, e un comportamento ancora più pregevole: come promesso già all'inizio della sua avventura presidenziale Michele Lodigiani non si è ripresentato e ha incoraggiato un ricambio generazionale. In una provincia dove alcune presidenti sono eterni e dove si mettono radici ovunque possibile, non posso che apprezzare il comportamento, l'intelligenza e la lungimiranza di Michele. Un saluto ad un grande presidente che spero vorrà trovare ancora tempo per la comunità piacentina.

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