venerdì 15 aprile 2011

Intervento del Presidente Michele Lodigiani

Pubblichiamo l'intervento dell'amico e Presidente uscente di Confagricoltura Piacenza, dott.Michele Lodigiani, alla assemblea di Confagricoltura Piacenza del 13/4/2011
All'amico un saluto e l'invito a proseguire, magari in altri ambiti, ma con la stessa determinazione e onestà, l'impegno civile.


Lo scorso anno iniziai il mio discorso dicendo “non sarò breve”. Quest’anno voglio tranquillizzarvi subito: sarò breve perchè intendo lasciare tutto lo spazio necessario alle vostre domande, se ce ne saranno, al saluto del Presidente Regionale Garagnani e alla relazione di Mario Guidi, a Piacenza per la prima volta da Presidente.

Da parte mia, come sapete, mi accingo a concludere il mio triennio di mandato. Non spetta a me fare un bilancio di questo periodo che ho vissuto con grande intensità e con tutta la passione di cui sono capace: senza di essa il mio impegno sarebbe stato assai più gravoso e assai meno gratificante. Credo invece che spetti a me onorare, qui ed ora, qualche debito di gratitudine contratto in questo triennio. Mi sono fatto un piccolo elenco.
→ Il primo ringraziamento lo devo a tutti voi, soci dell’Unione. La mia nomina a Presidente è stata infatti legittimata da una tornata elettorale che mi ha visto, non senza mia sorpresa, come il più votato sia nella mia zona che su base provinciale. Questo ha costituito per me un elemento di forza ed insieme di responsabilità: mi ha dato infatti la consapevolezza di dover rispondere a voi per primi! E desidero qui, di fronte a tutti (autorità, istituzioni, operatori economici), rivendicare ancora una volta che le aziende associate a Confagricoltura, le vostre aziende, generano circa la metà della PLV provinciale, a smentire la propaganda di chi cerca di accreditarsi, a dispetto dei numeri, come unica rappresentanza significativa del settore. Questi numeri e soprattutto le persone che stanno dietro di essi ho cercato orgogliosamente di rappresentare.
→ Il secondo ringraziamento lo devo alla “struttura” dell’Unione Agricoltori di Piacenza: ai nostri uffici, al personale tutto, al Direttore. L’esperienza di Presidente mi ha permesso di vedere più da vicino il funzionamento della “macchina” dell’Unione: sento il dovere di dire che il nostro personale è fatto da gente seria, che fa il suo lavoro con competenza, dedizione e responsabilità. Mi sarebbe piaciuto gratificare meglio questo lavoro e poter motivare meglio chi lo svolge, ma non sono riuscito del tutto a realizzare quanto mi proponevo. Al Direttore devo non solo gratitudine, ma anche qualche scusa. Abbiamo lavorato fianco a fianco per 3 anni e credo di averlo davvero costretto a ritmi un po’ pesanti, ai quali comunque non si è mai sottratto. Come è naturale sono emerse a tratti differenze di vedute e anche qualche contrasto: col senno di poi devo riconoscere che in più di un caso aveva ragione lui, ma devo soprattutto riconoscergli che al di là dei contrasti e delle differenze di vedute l’ho sempre visto operare con la più assoluta correttezza, il che al giorno d’oggi non è del tutto scontato, e nell’intento di fare il meglio per l’Unione e per i suoi associati: grazie di cuore Luigi!
→ Un grazie anche al Consiglio e alla Giunta che hanno accompagnato il mio lavoro in questi anni. Qualcuno mi ha accusato di essere un Presidente un po’ “dittatore”: mi sembra un termine eccessivo, ma accetterei invece la definizione di “decisionista”. Da qui, forse, la dialettica anche forte che a volte ha caratterizzato la discussione nei nostri organi deliberanti: vedo però in tutto ciò, che non è altro che libero confronto delle idee, un pregio e non certo un difetto della nostra Organizzazione (ed anche un segno distintivo rispetto ad altre), quando tutto ciò, come nel nostro caso, resta oggetto di elaborazione interna. Sono grato, quindi, ai miei Consiglieri e ai membri della Giunta Esecutiva per le discussioni fatte, per le decisioni prese e per il sostanziale avvallo che essi non mi hanno fatto mai mancare.
→ Un grazie anche ai colleghi e amici di Confagricoltura Emilia Romagna. I nostri soci ignorano il più delle volte l’operato del nostro livello regionale, che svolge invece un lavoro molto intenso soprattutto nel confronto quotidiano, a volte duro, a volte collaborativo ma sempre impegnativo, con la Regione. Sotto la Presidenza Garagnani e con la regia del Direttore dott. Zama si è a costituita una squadra compatta e solidale che mi sembra molto meglio coordinata rispetto al recente passato: con tutti loro ho lavorato bene e ho trovato particolare affinità di vedute.
→ Un grazie infine a Confagricoltura. La nostra organizzazione è tutt’altro che perfetta, e sicuramente Mario Guidi avrà le idee chiare su quel che c’è da fare. Ma il mio grazie si riferisce a qualcosa di diverso e più importante, che va oltre le contingenze: sto parlando del sistema di valori che ho riconosciuto in Confagricoltura vedendola da vicino, e nel quale mi riconosco a mia volta profondamente. La difesa della libertà d’intrapresa, il confronto delle idee, il rispetto delle regole, la fiducia nel progresso scientifico, l’attenzione al mercato, il rifiuto dell’assistenzialismo, l’operosità, la dignità del lavoro: sono valori che fanno parte del DNA di Confagricoltura e che, fra mille imperfezioni e inadeguatezze, ne ispirano le scelte fondamentali, ne orientano le strategie, ne condizionano i comportamenti, ne distinguono l’azione da quella di altre associazioni di categoria, che potranno anche essere “organizzazioni grandi”, ma difficilmente possono ritenersi “grandi organizzazioni”.

A questi valori ho voluto conformare il mio mandato di Presidente: ho cercato di cambiare ciò che non potevo accettare e di accettare ciò che non potevo cambiare, e di distinguere con realismo fra l’una e l’altra cosa. Desidero, concludendo, rifarmi ad una massima del grande economista inglese JOHN MAYNARD KEYNES che mi sembra ben adattarsi all’attuale situazione del nostro Paese. Egli sosteneva che esistono 2 contrapposte forme di pessimismo: “il pessimismo dei rivoluzionari, convinti che una situazione così compromessa renda inevitabile un cambiamento radicale, e quello dei reazionari, persuasi che la nostra vita economica e sociale si regga su un equilibro talmente instabile da sconsigliare qualsiasi forma di esperimento”. Entrambe le forme, prevedeva Keynes, si riveleranno errate e, aggiungo io, trovano l’una nell’altra l’unica ragione di sopravvivenza. Fra questi 2 estremi, è implicito, stanno gli ottimisti: coloro che credono, senza essere creduloni, di poter incidere sulla realtà affrontando quotidianamente con realismo e razionalità i problemi. Di questo tipo di ottimisti ne ho incontrato più di uno in questo triennio: è di loro che ha bisogno il Paese per uscire dalla drammatica emergenza economica e dallo smarrimento morale in cui si trova!

Vi ringrazio per l’opportunità che mi è stata data e per la vostra attenzione!

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