Intervento in occasione del dibattito parlamentare sulla fiducia al Governo - 13 dicembre 2010
Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, radicali liberali e laici quali siamo non abbiamo mai partecipato e ancor meno alimentato il clima da stadio che da tanto tempo connota nel nostro Paese il cosiddetto dibattito politico, secondo il quale da una parte ci sarebbe lei, e solo lei, quale artefice di tutti i mali in cui sprofonda il Paese e dall'altra un'affollatissima coorte di salvatori della Patria dai comportamenti irreprensibili e dalle coerenti pratiche democratiche. Se il contesto fosse questo sarebbe tutto più facile. Basterebbe, tanto per dire, un regicidio, ovviamente non violento, ma secondo noi non è così.
Il problema è che in questo Paese non c'è democrazia, nel senso che vige da tempo una forma di democrazia reale che imperversa, come altrove ha imperversato il socialismo reale. Il male italiano, la peste italiana come noi la chiamiamo, nei suoi aspetti più macroscopici ed evidenti come in quelli minori o banali, per dirla con Hannah Arendt, viene da più lontano, da prima ancora che lei si affacciasse sulla scena politica, sicché lei non è che il prodotto, il più evidente, del sistema partitocratico e antidemocratico che da decenni occupa questo Paese "sgovernandolo".
Noi affermiamo che lei è stato ed è un formidabile acceleratore della preesistente disgregazione istituzionale, politica e civile che è sotto gli occhi di tutti in Italia e non solo, ma - lo ripeto - in quest'opera lei, signor Presidente del Consiglio, non è e non è stato solo.
Lei ha incentrato la politica estera italiana sulla Russia e soprattutto sulla Libia con l'entusiastico sostegno di gran parte del ceto politico di Governo e di opposizione, salvo lodevoli eccezioni, tralasciando l'Europa come un inutile fardello e consentendo anzi ad illustri suoi alleati di spargere euroscetticismo a piene mani.
La necessaria ed urgente riforma della giustizia si è tradotta in alcuni provvedimenti ad personam ed è stato consentito che sulle carceri nessuna politica seria potesse vedere la luce piegandosi ad un'alleanza trasversale, dalla Lega a Di Pietro passando per il PD, che ha svuotato la legalità ed ha aggravato ulteriormente l'affollamento disumano delle nostre carceri mentre perdura l'indifferenza totale riguardo alle condizioni intollerabili degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Sui diritti civili, che sono in realtà enormi problemi sociali, lei ha testardamente portato avanti una politica di licenze private e di pubblici divieti, per cui in questo Paese tutto è proibito, e dunque tutto è consentito e praticato purché nella clandestinità e nell'illegalità. Il suo Governo non ha inventato ma sicuramente ingigantito pratiche e omissioni per le quali sono ormai illegali persino le procedure elettorali, dove le regole da voi sottoscritte vengono sistematicamente violate senza che questo susciti scandalo né a destra, né a sinistra.
Non parliamo poi del sistema radiotelevisivo pubblico o privato che sia o del finanziamento pubblico dei partiti, scandalosamente moltiplicato, gonfiato, totalmente opaco, che vi ha visti entusiasticamente uniti contro la volontà popolare, quale si è espressa sin dal referendum del 1979.
Sicché la nostra convinzione è che siamo di fronte a una crisi di sistema, ad una crisi di regime, che non si può né combattere, né superare guardando semplicemente indietro a vecchi equilibri partitocratici o consentendo magari un ritorno al proporzionale, utile solo per rimettere qualche formazione - centrista, appunto - al centro di future combinazioni di Governo, oppure proponendo improbabili Governi, definiti di scopo, di armistizio, insomma, di unità nazionale, per intenderci, formula sempre pronta quando l'incapacità, l'impotenza o l'irresponsabilità riducono la politica a scaricare i problemi sul Paese, sulla gente e sui cittadini.
Da giorni noi radicali stiamo cercando di dire, inascoltati nell'assordante bailamme che ci circonda, che responsabilità impone di guardare oltre al voto di domani, perché, seppure lei otterrà la fiducia per un manciata di voti, si aprirà comunque uno scenario di fragilità ulteriore, possibilmente peggiore di quello che abbiamo vissuto fino a oggi.
Molte energie, signor Presidente, sono state spese su nostre presunte e inconfessabili trattative sottobanco. Noi abbiamo dialogato con tutti e lo abbiamo fatto con trasparenza e alla luce del sole, e ringrazio l'onorevole Bersani per averci dato atto, a differenza di tanti della sua parte politica e non solo, che non siamo mossi da mediocre interesse di potere e ci muoviamo per obiettivi ideali politici chiari. L'unico prezzo che possiamo concepire non riguarda noi ma l'interesse del Paese e io comprendo l'irritazione con cui tanti amici, anche a sinistra, accolgono le nostre denunce della degenerazione partitocratica della nostra democrazia.
Ma forse sarebbe più utile se si accettasse il confronto su questi problemi, perché esistono dei prerequisiti che non sono problemi né di destra, né di centro, né di sinistra, senza i quali la democrazia è divenuta un guscio vuoto ed è urgente chiedersi cosa si possa fare per riconquistare condizioni minime di legalità repubblicana, di Stato di diritto, che il sistema di potere ha travolto e avvilito. È su questa lunga degenerazione partitocratica che lei si è inserito con forza devastante ed è per questo che non basta sfiduciarla e metterla in minoranza per cambiare davvero pagina, per passare da questo bipolarismo partitocratico ad una democrazia compiuta, da un Parlamento di nominati ad un Parlamento di eletti, nel senso alto e nobile della parola.
Noi radicali quindi vivremo la giornata di domani senza particolari patemi d'animo, preoccupati soprattutto da quello che avverrà dopo il voto, dopo queste sterili schermaglie, se tutto questo non sarà servito neppure a far risvegliare nel Paese una coscienza collettiva che consenta di affrontare una crisi di sistema, di regime, che rischia di travolgere tutto e tutti senza distinzione di parti. (Applausi dal Gruppo PD)
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