martedì 2 novembre 2010

Quei contraddittori gruppi unici

Da Europa
2 novembre 2010
Marco Lavia
L’ipotesi di gruppi parlamentari Pd-Idv-SeL è strategicamente diversa dall’operazione che portò i radicali nei gruppi dem. E contraddittoria con lo schema generale di Bersani.
Un gruppo parlamentare è la proiezione di un partito politico alla camera e al senato: lapalissiano.
Ma la fantasia della politica italiana, che non si lascia mai costringere negli schemi della logica e meno che mai da quelli della consuetudine, ammette l’ipotesi che un gruppo parlamentare “contenga” partiti diversi. Ora, i soli che possono testimoniare di quanto questa via sia difficile – i radicali – che fra l’altro restano sorprendentemente fuori dall’elenco, al congresso di Chianciano, sia pure senza trarre conclusioni, hanno denunciato l’insoddisfacente modus vivendi all’interno dei gruppi Pd, riproponendo anche con una certa drammaticità l’interrogativo: possiamo continuare questa esperienza? Eppure l’idea veltroniana di costruire un gruppo unico Pd-radicali era il logico prolungamento della scelta di inserire nelle liste del Pd alcuni esponenti dei Torre Argentina, a simboleggiare un “sentire” se non identico quantomeno assai affine, prodromo – chissà – di ulteriori sviluppi politico- organizzativi. Era un pezzo, e non dei meno significativi, di quell’idea di partito-contenitore, o partito-società, che Veltroni aveva in testa per il “suo” Pd. Persino la stessa alleanza (quanto discutibile!) con Di Pietro era stata stipulata nella previsione addirittura di un suo scioglimento nel Pd.
Oggi il Pd lavora su uno schema diverso, fondato sulla sua centralità dentro un cartello di forze varie: senza tornare all’Unione ma meno che mai proseguendo la via della vocazione maggioritaria. Quello, insomma, che Bersani chiama il Nuovo Ulivo: e non è detto che non si riveli un’idea più rispondente alla realtà del centrosinistra italiano. In questo contesto, la preservazione delle identità – e anzi la loro valorizzazione – dovrebbe essere un obiettivo da coltivare. Altrimenti si finirebbe in contraddizione con la filosofia del “cartello”: e dunque ridurre ad uno la rappresentanza parlamentare (che oggi come oggi tende a coincidere con la visibilità di un partito) appare poco comprensibile.
A meno che – ma qui le cose peggiorerebbero – non si teorizzi una identità di vedute e prospettive, un ritorno ai Progressisti, ad una gauche italiana. Avrebbe buon gioco Rutelli quando osserva che «è inquietante che il Pd, che nacque per correggere lo spostamento a sinistra dell’Unione, ipotizzi gruppi parlamentari con Vendola e l’Idv». Immaginiamoci quale difficoltà incontrerebbe il gruppo Pd-Idv-SeL sul finanziamento della missione in Afghanistan. O sulle caratteristiche del governo di transizione. O sulle strategie industriali: Fiat, per capirci. Meglio non pensarci. Magari si rimpiangerebbero i radicali.

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