Ora sul tavolo del dibattito politico servono proposte e idee innovative
di Pier Paolo Segneri
da Fare Futuro Web Magazine
I dirigenti politici del dopoguerra si ritrovarono di fronte a una difficile strada inerpicata intorno a un’idea di futuro che permettesse la ricostruzione liberale e democratica del nostro Paese e delle nostre istituzioni. In quel clima, un cattolico liberale come Alcide De Gasperi, un socialista liberale e democratico come Giuseppe Saragat e un liberale come Luigi Einaudi furono in prima fila nel tentativo di realizzare quel progetto di libertà che aveva accompagnato le speranze degli italiani dopo il Ventennio. Tutti e tre, insomma, insieme a tanti altri che non sto qui a elencare, contribuirono al profondo lavoro di scavo che fu necessario per aprire un varco tra le macerie della Seconda guerra mondiale e trovare, quindi, un percorso virtuoso attraverso cui far passare le idee liberali sulle quali erigere un Governo e uno Stato democratico per l’Italia di allora.
Un’Italia rimasta sepolta sotto le macerie del regime e distrutta dalle bombe, lacerata dalle tragedie individuali e collettive, dilaniata dal Secondo conflitto bellico. Al di là di qualsiasi pantheon liberale e libertario, andando oltre qualsivoglia rimescolamento di gloriose proposte d’una volta, accanto a questi nomi, per chiunque volesse avviare oggi un progetto politico riformatore, è necessario recuperare quelle idee per avanzarne di nuove e di nostre. Cioè, porre sul tavolo del dibattito politico proposte innovative che siano farina del nostro sacco e che corrispondano ai problemi attuali, rispetto alle esigenze del presente, in vista del futuro che vorremmo costruire. Nel caso, quindi, qualsiasi idea innovativa e riformatrice dovrebbe essere la scintilla per un progetto politico scaturito da una materia grigia individuale e collettiva capace di esprimersi nella testa e nella mente di uomini e donne del nostro tempo, valida per l’oggi, per l’imminente avvenire e per quello che arriverà tra anni.
È per questa ragione che, tra i nomi sopra citati, ritengo indispensabile affiancare anche la memoria di Piero Gobetti e della sua “Rivoluzione Liberale”, di Carlo Rosselli e del suo socialismo liberale, di Ernesto Rossi e della sua radicalità laica e liberale, di Umberto Calosso e del suo socialismo democratico. Ma che cosa avevano in comune questi uomini politici? Semplice: sono stati tutti, in un modo o nell’altro, allievi o collaboratori o assistenti o estimatori del liberale Luigi Einaudi, che per tutti resta “il Presidente”. A tal proposito, forse può essere utile ricordare che quando l’ex-allievo del prof. Einaudi, Umberto Calosso, criticò il liberismo del suo antico maestro affermando di non condividere le tesi secondo cui «i singoli uomini urtandosi l’un l’altro finiscono per fare l’interesse proprio e quello generale», il Presidente trasecolò spiegando che tale tesi è un’invenzione degli anti-liberisti, si chiamassero o si chiamino essi protezionisti o monopolisti o pianificatori. Insomma, secondo Einaudi, Calosso aveva preso un grosso abbaglio e commesso l’ingenuità di credere all’esistenza «di un fantoccio mai esistito e perciò comodo a buttare a terra».
La verità era un’altra: «Liberisti sono coloro i quali, ragionando, cercano di precisare le ragioni e i casi e i limiti dell’intervento dello Stato». Quindi, oggi come ieri, il dibattito sul “liberismo” non è una questione di destra, centro o sinistra. Le vecchie ideologie sono soltanto un retaggio passatista e diventano insignificanti se si pretende di usarle per leggere il presente e per costruire il futuro. Si tratta di vocaboli utili per leggere la storia e per comprendere il passato, ma non servono a spiegare la complessità del presente. In Italia e in Europa, manca la forza di innovare facendo leva sulla migliore memoria del pensiero liberale e della cultura umanistica e scientifica. Per fortuna, lo spazio per questa memoria che vuole darsi un futuro si potrà trovare dal 29 ottobre al 1 novembre prossimi al Congresso nazionale dei Radicali Italiani di Chianciano. Mi piacerebbe che la questione da me posta finisse sul tavolo del dibattito congressuale perché riguarda ciascuno di noi e ci investe, ci carica di una responsabilità che non possiamo scansare: quella di una Costituente Liberale e Democratica.
19 ottobre 2010
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