mercoledì 25 agosto 2010

Se Bersani non risponde a Togliatti

di Arturo Parisi
da Il Riformista
24 agosto 2010
Arturo Parisi. «Aspetto una parola da Bersani. Sento personalmente la responsabilità di aver spinto molti a lasciare le vecchie appartenenze. Per venire dove? In un partito che è semplicemente la continuazione sotto una nuova etichetta della principale tradizione della sinistra? Caro Direttore, vedo sul suo giornale, addirittura in prima pagina, Cappellini sfoderare la sua penna, come sempre brillante ed efficace, contro il rischio che nel Pantheon del Pd «nemmeno Togliatti possa stare più tanto sicuro». All'origine della «nuova lite Pd su Togliatti» - questo è appunto il titolo dell'articolo - sarebbe nel caso Parisi - cioè a dire il sottoscritto - che avrebbe aperto «un nuovo fronte di polemica». Lite? Se il fine di Cappellini fosse stato mostrare che nel Pd nemmeno su Togliatti si riesce ad andare d'accordo posso rassicurarlo. In questo caso nel gruppo dirigente l'accordo sembra una volta tanto unanime. Se per poter, non dico litigare, ma almeno discutere bisogna essere almeno in due, di tutto c'è traccia in questo caso all'infuori che di liti. Non mi risulta infatti che nessuno, dico nessuno, nel Pd abbia avuto alcunché da dire di fronte al comunicato dell'ufficio stampa del Partito che, interrompendo il lungo silenzio agostano, ha segnalato l'iniziativa della Segreteria di commemorare del 46° anniversario della morte di Togliatti con una apposita cerimonia presso il Cimitero del Verano dove vengono custoditi i resti di quello che, tra i Segretari del Pci, è ricordato ancora oggi come “il Migliore”. Ma ancora prima perché di tutto io stesso avevo intenzione all'infuori che «aprire una nuova lite». Una discussione seria, sì, ma non una lite, perché lite non può essere definito un confronto su una questione serissima come questa a meno che essa non venga condotta in modo banalmente litigioso. Come Cappellini può facilmente rilevare dalle agenzie, quella che ho rivolto a Bersani in quanto promotore della iniziativa è stata una semplice domanda: perché il Pd commemora Togliatti? O una domanda di questo tipo è di per sé una provocazione perché dovrebbe essere evidente a tutti che la risposta è scontata? È appunto infatti della natura scontata di questa eventuale risposta che sento la necessità di parlare. Non ci troviamo infatti qua a discutere di persone, né del giudizio e della memoria di esse, ma del rapporto che nel promuovere una celebrazione ufficiale, un partito - che nel caso è il mio partito - vuole ribadire e rendere manifesto. Perché, ad esempio non abbiamo celebrato il 27 aprile il 73° anniversario della morte di Antonio Gramsci? Né mi è dato di ricordare che abbiamo mai celebrato il 6 settembre l'anniversario della morte di Gaetano Salvemini, del quale ricorrerà quest'anno il 73°. Perché non ci siamo recati il 5 marzo sulla tomba di Emilio Lussu per deporre una corona in memoria di quello che resta uno dei più grandi esponenti del movimento democratico italiano e sardo? E dire che quest'anno sarebbe stato un anno tondo visto che ricorreva il 35° anniversario della morte. Chi è dunque per il Pd il Palmiro Togliatti. la cui morte la Segreteria propone di celebrare ad ogni anniversario? È questa la semplice domanda che ho posto a Bersani. Mi dispiacerebbe riconoscere che la memoria di Togliatti è unica e incomparabile per il semplice fatto che il Pci non è per la storia del Pd un partito qualsiasi e quindi è «naturale» ricordare Togliatti, perché è naturale che un partito commemori, ogni anno, i grandi segretari del suo passato. Questo e solo questo è il problema che intendo oggi porre: è il Pd quel partito nuovo che afferma di essere, o, è semplicemente la continuazione sotto una nuova etichetta della principale tradizione della sinistra, più o meno integrata da una componente democristiana, come molti pensano? È una domanda che, di fronte ai troppi episodi che, soprattutto sotto la segreteria Bersani, vanno moltiplicandosi con lo stesso segno sento di avere personalmente il dovere di porre e intendo continuare a porre. Tra i tanti dirigenti che avrebbero sognato il Pd fin da bambini, sento personalmente la responsabilità di aver spinto e incoraggiato molti a lasciare le vecchie case per costruirne tutti assieme una nuova, la responsabilità per quanti temono di essere finiti, anche a causa mia, in una casa diversa da quella che avevamo loro promesso. È questa peraltro una questione che deve porsi chiunque lavora per offrire agli italiani una alternativa a Berlusconi nel momento nel quale si prospetta di nuovo la possibilità di dover chiedere ai cittadini il loro voto per il Pd come un partito nuovo. Come dimenticare infatti che proprio sull'appello all'anticomunismo, quello democratico e quello antidemocratico, ha costruito le proprie vittorie? Proprio se Bersani, come dice Cappellini, ha altro per la testa, farebbe bene, a differenza di quel che dice Cappellini, a inserirla nei primi punti della sua agenda.

1 commento:

  1. «ogni storia è storia contemporanea»
    Benedetto Croce

    Un modesto contributo personale alla memoria del Migliore:
    http://www.cuneense.it/letteratogliatti.htm

    Purtroppo questa lettera dà solo una debole idea di quello che fu il comunismo sovietico internazionale di cui Togliatti, dopo Stalin, fu il più importante esponente.
    Il comunismo è stata una iodeologia aberrante che ha prodotto risultati criminali mostruosi e sarebbe ora che il PD, invece di commemorarne uno degli artefici, inizi a commemorare le decine di millioni di vittime del comunismo.
    Indicandone ovviamente responsabili e responsabilità.

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