martedì 17 agosto 2010

Il compromesso più difficile

Il compromesso più difficile
di Angelo Panebianco
Corriere della Sera
17 agosto 2010
Forse la crisi di governo si verificherà a ottobre o, forse, l'esecutivo durerà, fra (pochi) alti e (molti) bassi, fino all'inizio del prossimo anno. Forse, il casus belli su cui si dissolverà formalmente la maggioranza sarà la giustizia, il terreno propagandisticamente propizio per campagne su temi come legalità e moralità. Ma sarà solo scena. Se crisi sarà, infatti, la ragione vera avrà a che fare con il federalismo, con la distribuzione delle risorse fra Nord e Sud. Non casualmente Bossi sta già mobilitando i suoi in vista di quello scontro. I finiani sanno bene, d'altronde, che i voti dovranno cercarseli al Sud. Sanno che avranno successo solo se riusciranno ad imporsi come una articolazione credibile di quella «Lega Sud» che - ormai è chiaro - non sarà mai un unico partito ma un'aggregazione politicamente eterogenea di molti partiti.

È il destino di tutte le forze politiche italiane. Partono per fare una cosa e finiscono per fare l'opposto. Ad esempio, i sedicenti «liberali» berlusconiani sono in realtà dei dirigisti. A loro volta, i sedicenti «riformisti» del Partito democratico sono in realtà dei conservatori. Allo stesso modo, i finiani volevano essere la «destra moderna e liberale» e faranno la Lega Sud.

È chiaro che quella fra Nord e Sud è la divisione che ormai più conta e che sta oscurando tutte le altre. Tre sono i possibili sviluppi. I primi due metterebbero a rischio l'unità nazionale. Solo il terzo potrebbe portare, col tempo, a una ricomposizione. La prima possibilità è che il federalismo sia imposto alle condizioni della Lega Nord. Il Sud interpreterebbe quella vittoria come una propria sconfitta, la legittimità del nuovo assetto sarebbe compromessa fin dall'inizio, le tensioni Nord/Sud crescerebbero ulteriormente. La seconda possibilità è una sconfitta della Lega Nord e il tramonto del progetto federalista. A ribellarsi, in questo caso, sarebbe il Nord (non solo quello che vota Lega). Il no al federalismo verrebbe interpretato come una prova della volontà del Sud di non rinunciare ai propri vizi, si tratti dei costi della politica locale o dei dissesti della sanità regionale. Anche in questo caso le tensioni fra Nord e Sud crescerebbero.

Coloro che pensano di ricreare i quieti equilibri (con annessi flussi di risorse) del passato, sbagliano i conti. Quegli equilibri non sono più ricostituibili. La terza possibilità è un compromesso soddisfacente per tutte le parti in campo: il Nord non abbandona il Sud al suo destino, il Sud accetta di iniziare un percorso, rigorosamente controllato, di bonifica amministrativa, unito a iniziative di stimolo (infrastrutture, defiscalizzazioni) per la crescita economica.

Pur necessario per salvaguardare l'unità nazionale, il suddetto compromesso è oggi meno probabile di quanto non apparisse un tempo. Per la sua natura di partito nazionale, radicato al Nord come al Sud, il Popolo della Libertà era nella condizione migliore per realizzare un compromesso soddisfacente. Ma, adesso, la rottura fra Berlusconi e Fini, e la prospettiva di una dura competizione fra i rispettivi partiti per i voti del Sud, rendono più difficile l'accordo. Sarà bene che i leader calcolino con attenzione le loro mosse. Se la prossima campagna elettorale si risolverà in uno scontro fra opposti egoismi regionali sarà poi difficile (chiunque vinca) rimettere insieme i cocci.

Nessun commento:

Posta un commento