giovedì 10 dicembre 2009

Cattolici senza casa

LO scontro tra lega e Tettamanzi

Massimo Franco
09 dicembre 2009

Le tensioni fra parti­ti e mondo cattoli­co segnalano una novità che travali­ca i singoli episodi. Non si tratta della diaspora politi­ca. Quella è cominciata da anni, ormai: da prima anco­ra che finisse la Dc. La cesu­ra è rappresentata dall’irri­levanza crescente dei politi­ci che si presentano come «cristiani» nelle file della maggioranza e dell’opposi­zione; ma anche dalla diffi­coltà dei vescovi italiani e del Vaticano a pesare sulle scelte del governo e sugli equilibri di potere. È il risul­tato della parabola iniziata­si con la Seconda Repubbli­ca; passata attraverso tenta­tivi tormentati di equidi­stanza fra gli schieramenti; e conclusasi con una situa­zione nella quale il ceto po­litico cattolico in quanto ta­le, dovunque stia, tende ad essere sempre meno rap­presentativo e a non sentir­si rappresentato: quasi sfrattato e senza casa. Si tratta di un’evoluzione che ha vissuto momenti trau­matici e non sempre limpi­di; ma che per paradosso può costituire un elemento di chiarezza.

Nel centrodestra, questa caduta di influenza è avva­lorata da due fatti recenti. Il primo è stato l’aggressio­ne a Dino Boffo, direttore di «Avvenire», che alla fine si è confermata solo un’operazione per intimidi­re la Chiesa. Il secondo è la polemica ruvida della Lega contro l’arcivescovo di Mi­lano, Dionigi Tettamanzi, accusato di «clericalismo di sinistra». Al di là delle differenze, i due episodi ri­velano un centrodestra che si sente abbastanza forte da sostenere un braccio di ferro con il Vaticano ed i ve­scovi italiani. Pensa di poterlo fare in base ad un’analisi fredda dei rapporti di forza. Sa in­fatti che la Chiesa è divisa, e soprattutto che non orien­ta più come prima l’eletto­rato. Silvio Berlusconi e Umberto Bossi hanno iden­tità e consensi in proprio: dal 1994 hanno vinto da so­li. Un asse con le gerarchie cattoliche, se esiste, funzio­na soltanto fino a che non confligge con l’agenda non solo vaticana, ma governa­tiva. E infatti, nel momen­to dello scontro Pdl e Lega non hanno esitato a far pre­valere le loro priorità.

Nel centrosinistra, si chiude il cerchio di un al­lontanamento progressi­vo. La mini-scissione di Francesco Rutelli e l’uscita di singoli «cattolici a disa­gio » dilatano la sensazione di un Pd inospitale. In real­tà, l’elezione del segretario Pierluigi Bersani non è la causa dell’irrilevanza degli ex popolari: sembra piutto­sto la presa d’atto della lo­ro scarsa incidenza. Si stan­no dunque esaurendo un filone ed una presenza. E l’Udc, sulla quale il mondo cattolico nutre qualche dubbio, appare in grado magari di arginare, ma cer­to non di invertire il pro­cesso.

Questo, però, dovrebbe permettere alla Chiesa di ri­prendere possesso di spazi che le sono propri, senza essere frenata da malintesi collateralismi. Gli indizi di un ruolo ritrovato si intra­vedono in materia di immi­grazione, politica della fa­miglia, rapporti fra etica e informazione, coesione na­zionale. Anticipano una fa­se più appartata sul piano politico e meno ipotecata dal timore di turbare equili­bri di governo sui quali Santa Sede e Cei possono influire meno del passato: sebbene forse se ne renda­no conto solo ora.

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