sabato 13 giugno 2009

La destra keynesiana che batte il socialismo

da La Repubblica del 9 giugno 2009, pag. 1

di Bernardo Valli


Le elezioni europee hanno espresso il primo grande voto dopo il crollo finanziario d´autunno. Non sarebbe quindi stato troppo azzardato, o troppo presuntuoso, attendersi un verdetto severo nei confronti dei partigiani della deregulation, del laissez-faire, responsabili obiettivi della crisi. Già dai primi passi la campagna precedente lo scrutinio ha fatto sorgere dei dubbi. Essa si è subito diluita, smarrita in polemiche generiche o nazionali, interne ad ogni paese, senza assumere i dovuti toni di un processo al neo liberismo, di stampo reaganiano-thatcheriano. E senza indicarne i promotori, in quanto tali responsabili della recessione in atto. Adesso, davanti a un risultato in apparenza contrario a quello suggerito da una logica elementare, si parla di un paradosso. Paradossale sembra infatti che la destra liberale o conservatrice, al governo o all´opposizione, rappresentante del neoliberismo fallimentare, sia uscita assolta dalle urne. Ossia largamente vincente. Con due sole eccezioni, in Grecia e in Slovacchia, che non alterano il giudizio.
La politica è ritmata da fatti o asserzioni in netto contrasto con la comune opinione. Ma in questo caso non c´è purtroppo nulla di assurdo. Comunque molto poco di paradossale. Perché la sinistra socialdemocratica, che ha cominciato la prova dal banco d´accusa ed è finita nella gabbia degli sconfitti, non è semplicemente riuscita a proporsi come un´alternativa credibile, non essendosi ancora adeguata alla nuova situazione mondiale. Una mancanza che ha tolto peso alle sue accuse.
La destra l´ha, del resto, subito presa in contropiede: non ha avuto troppi riguardi per i bilanci, aggravandoli di vistosi deficit per rafforzare gli amortizzatori sociali; ha fulminato con clamorose denunce i paradisi fiscali; si è affrettata a elencare regole da imporre al mercato; non ha esitato a nazionalizzare banche sull´orlo del fallimento; ha promosso piani di rilancio, e aiuti più o meno diretti alle grandi industrie, in particolare quelle automobilistiche. La destra neoliberista è diventata super keynesiana. I campioni della deregulation hanno imbrigliato il mercati. Hanno fatto dimenticare il loro passato appropriandosi in sostanza dei principi della socialdemocrazia. Li hanno scippati. Lasciando la sinistra a mani vuote. Costringendola a polemizzare sulla consistenza o meno di quei provvedimenti; e togliendole la possibilità di argomentare seriamente sulle responsabilità originali. Esercizio quest´ultimo assai impervio per una socialdemocrazia incapace di adeguarsi ai problemi di una società confrontata alla nuova realtà internazionale.
Questa è una delle ragioni che spingono a non considerare paradossali il successo della destra colpevole della crisi e la sconfitta della sinistra colpevole di inadeguatezza. Nella stragrande maggioranza dei Paesi dell´Unione governa la destra o il centrodestra; e in quei Paesi i partiti socialisti o socialdemocratici all´opposizione sono usciti malconci dalle elezioni europee. Non hanno avuto una sorte migliore i governi di sinistra sopravvissuti. A Londra, il laburista Gordon Brown, già afflitto da una raffica di crisi, ha visto il suo partito scendere al 15,7%, il quoziente più basso dal 1910. A Madrid il socialista Luis Rodriguez Zapatero ha ottenuto quattro punti in meno dell´opposizione. Pochi si aspettavano a Lisbona la pesante sconfitta subita da José Socrates, pure lui socialista.
A Berlino, dove nell´attesa delle elezioni d´autunno governa sempre la Grande coalizione, i democristiani (Cdu-Csu) di Angela Merkel hanno superato largamente i socialdemocratici. E il voto europeo tedesco, con la netta avanzata dei liberali, ha preannunciato un futura alleanza di quest´ultimi con i democristiani. Ovunque si trovino, al governo o all´opposizione, la destra e il centro-destra hanno conseguito i migliori risultati. Nei paesi post comunisti dell´Est si è verificato lo stesso fenomeno. L´Ungheria è un esempio: il governo socialista è stato ampiamente superato dall´Unione Civica (Fidesz), il partito di centrodestra dell´ex primo ministro Viktor Orban.
La socialdemocrazia non si è rivelata soltanto insufficiente sul terreno delle idee. Le mancano anche leader adeguati alla civiltà delle immagini. Non uomini capaci soltanto di recitare sulla ribalta della politica spettacolo. Sul teleschermo ne appaiono ogni sera in gran numero. La sinistra ha bisogno di personaggi in grado di comunicare, di sostenere il confronto con i capi (non obbligatoriamente populisti o al limite del populismo) di cui la destra o il centrodestra dispone.
Nelle elezioni francesi, insieme al partito di Nicolas Sarkozy (l´Ump), ha ottenuto un successo sorprendente anche la lista Europa-Ecologia, guidata da Daniel Cohn-Bendit. Ed è grazie alla personalità dell´ormai anziano Dany-il-Rosso che quel successo, un autentico terremoto nel quadro politico parigino, è stato possibile. Così come all´insuccesso del Partito socialista, ha contribuito la difficoltà nel comunicare della pur intelligente, efficiente, austera Martine Aubry. La capacità di convincere, il dono di saper trasmettere le proprie idee, non dipende dalla prestanza fisica. Angela Merkel è ritenuta il personaggio politico più apprezzato in Europa. E non c´è nella sinistra, almeno per ora, qualcuno, sempre in Europa, che possa competere con la cancelliera tedesca. La quale, senza tracce di populismo, sa comunicare e ispirare fiducia.

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