lunedì 25 maggio 2009

NASCE UN COMITATO PRO ASTENSIONE

BOICOTTAGGIO


di FEDERICO ORLANDO da Europa del 14/05/09

Avendo scritto due mesi fa nella prima pagina di Europa che, personalmente, non saremmo andati a votare il referendum Guzzetta-Segni nella speranza di fargli mancare il quorum (le ragioni sono ormai note: non vogliamo che il premio di maggioranza sia trasferito a un solo partito), ci rallegriamo che gli astensionisti crescano, e specie nell`area liberale della società: anche se è un’eresia. Siamo a tre settimane dal 6 giugno, giorno delle votazioni. Tra chi dice «voto Sì per correttezza e convinzione», come Franceschini, e «voto Sì perché mi conviene», come Berlusconi, e chi dice «voto No» come i radicali che non vogliono concedere quel beneficio a chi ha già tanto potere e ricordano che il referendum consiste in un sì o in un no ("Comitati del no" di Emma Bonino), c`è chi come noi meno correttamente ma per una volta spregiudicamene pensa sia più realistico non andare a votare: impedendo così che la somma di chi vota e di chi vota No faccia il quorum e probabilmente regali la vittoria ai Sì. Diciamo pure: operazione Ruini nel referendum sulla legge 40. Sorge così il comitato per l`astensione del costituzionalista Passigli e, a ruota, viene l`appello di Critica Liberale a organizzare, appunto, un "Comitato per l`astensione". Ci auguriamo che ne sorga uno solo. Quanto alle ragioni, sono già state tutte anticipate sulle pagine di questo giornale. Le ha confermate, abbellendole e arricchendole, sulla Stampa il costituzionalista Michele Ainis, terzo nome, per motivi alfabetici, dei 179 membri del comitato promotore del referendum. Non ha cambiato idea il professore, come non l`avevamo cambiata noi: è invece cambiata la storia, da quando due anni fa furono raccolte le firme. Allora «andava in scena lo spettacolo del governo Prodi - scrive Ainis - con 102 fra ministri e sottosegretari, 11 partiti a dividersi il boccone, 2 senatori a vita decisivi per la maggioranza al senato». Ma poi è venuta la vittoria di Berlusconi, la palingenesi dopo la frantumazione della politica sì è compiuta. Pd e Pdl non esistevano al tempo della raccolta delle firme, oggi il problema è opposto a quello della superframmentazione partitica, per cui si mossero i referendari: e cioè, con soli cinque gruppi in parlamento, non è troppo pluralismo, ce n’è troppo poco. Conclude Ainis: «Una soglia di sbarramento impervia, coniugata a un superpremio per un superpartito (il 55% dei seggi al Pdl) finirebbe col pietrificare la politica, trasformando in statue di sale` gli elettori». I quali non lo sanno, ma per essere liberali verso di loro occorre non esserlo verso il referendum e il suo maggioritario smisurato, che li renderebbe ancora più di sale.

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