Dal Blog di Massimo Donadi - 4 maggio 2009.
Ho riflettuto a lungo. L’occasione, lo confesso, era ghiotta. Mi sono chiesto, in questi giorni, se era giusto o no cedere alla tentazione di dire la mia sul divorzio del secolo, quello di Veronica e Silvio, se era giusto o no invadere una sfera tanto privata. La mia scelta era e rimane quella del silenzio e del rispetto per tutto quello che in questa vicenda attiene alla sfera personale. Ma ci sono due aspetti, in tutta questa storia, sulla quale il silenzio è inopportuno, anzi, è indecente.
Prima questione. Libero, quotidiano di famiglia, il giorno dopo l’intervista di Veronica Lario a Repubblica, ha scelto di dare in pasto ai lettori e agli italiani il corpo e l’anima di questa rispettabile signora, sbattendo il suo seno nudo in prima pagina a voler significare che anche lei, in tempi diversi, era stata velina. E chissenefrega se, in realtà, quello era il corpo nudo di un’attrice nell’interpretazione di una commedia di Crommelynck, drammaturgo belga, nei cui drammi le debolezze umane si sviluppano in monumentali ossessioni. Insomma Crommelynck, non proprio il Bagaglino. Quel corpo nudo sbattuto in prima pagina non è stato solo un atto di becero e volgare giornalismo. Era una minaccia, un pizzino del padrone spedito a chi ha osato mettersi contro di lui, una roba del tipo “occhio a quello che fai, questo è solo il primo avvertimento”. E’ quello che tante volte, anche su questo blog, ho definito l’olio di ricino moderno, ovvero, l’uso dei media di famiglia come squadracce fasciste che picchiano giù duro chi osa toccare il padrone, fosse anche la moglie con la quale ha condiviso 30 anni di vita.
Ebbene, di fronte a tutto questo, nessuno ha sentito il dovere di indignarsi. Nessun giornalista col pedigree, nessuna esponente femminile di quel mondo della cultura che tanto ha da dire o da scrivere, anche sulla più stupida delle questioni, ha sentito il dovere di indignarsi sull’uso fascista dei giornali da parte del padrone della stampa contro chi osa dire che il re è nudo. Se non siamo all’autocensura, poco ci manca.
Seconda questione. La storia di Papi e Noemi. Mi domando e vi domando: cosa sarebbe successo in America se Michelle avesse chiesto il divorzio ad Obama “perché, a detta della moglie, il presidente degli Stati Uniti d’America va con le minorenni?” O cosa sarebbe accaduto in Francia se alla domanda su chi fosse la fanciulla di Sarkozy, Carla avesse risposto con un eloquente “magari fosse la figlia”. L’ho detto ai suoi, è un uomo malato”?
Ho fatto l’esempio dell’America e della Francia non a caso. I fatti privati di un uomo pubblico sono tali. Ma l’etica privata di un uomo pubblico è un fatto pubblico. Ci importa la sua etica in quanto uomo pubblico perché, nelle grandi democrazie, questa dovrebbe essere di esempio per tutti, dovrebbe rappresentare l’anima migliore e non le sue pulsioni più meschine.
Per questo stupisce che nessuno, in questo Paese, si sia indignato di fronte ad un uomo che, a detta della stessa moglie, non ha un’etica privata, che scrittori, giornalisti, intellettuali, non abbiano sentito il bisogno di urlare alla vergogna di fronte ad un’etica così miserabile e squallida, di capire, di andare a fondo, di denunciare, di gridare allo scandalo.
Questa non è pruderie. Non ce ne frega niente delle relazioni del presidente del Consiglio. Il punto è, come ha detto qualcuno, che questo Paese manca di rispetto nei confronti di se stesso. E questo qualcuno è la signora Veronica Lario.
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