giovedì 21 maggio 2009

Diritto solo per chi produce: la sfida del welfare-to-work

Intervista a Jason Turner, l'artefice della riforma del sistema di welfare dello stato del Wisconsin, su come conciliare welfare e lavoro
di Stefano Feltri

Da Il Riformista, 16 maggio 2009

Jason Turner è un economista americano che lavora per uno dei think tank più conservatori, l'Heritage Foundation. In passato ha avuto occasione di applicare le proprie teorie come funzionario per il sindaco di New York Rudolph Giuliani e per il governo del Wisconsin. Sempre difendendo un concetto molto americano: il welfare-to-work, lavorare per aver diritto al welfare state.

Come spiegherebbe a un europeo il welfare-to-work?
In Europa l'idea di piena partecipazione alla vita sociale è legata a un certo livello minimo di reddito che consente di inserirsi e agire nella società. Negli Stati Uniti è più legata all'avere un lavoro, qualunque sia il reddito. L'obiettivo politico nel welfare-to-work è quindi cercare di portare più persone possibile nel mercato del lavoro e legare le prestazione sociali all'occupazione. Mantenerle attive.

Ma nella crisi la disoccupazione cresce e conservare il posto di lavoro è sempre più difficile.
Nella crisi non tutti possono avere un lavoro nel mercato privato. Per questo serve lo Stato. Obama ha fatto bene a introdurre sussidi che aiutino le imprese che riescono a non licenziare. Ma ancora meglio sarebbe per il governo concedere i benefit dello stato sociale in cambio di lavoro. Invece che pagare i disoccupati per stare a casa a non fare nulla, il governo potrebbe chiedere loro di lavorare (nel no profit, nel volontariato, per tenere puliti i parchi…) per conservare i diritti ai benefits. Si avrebbero così vantaggi multipli: mantenere le persone in attività permettendo loro di sviluppare competenze rimanendo comunque a contatto con il mercato del lavoro e si evita lo sviluppo di un'economia sommersa.

In Italia si discute molto di quali diritti abbiano gli immigrati in tema di welfare.
Ci confrontiamo con lo stesso problema negli Usa con gli immigrati irregolari dal Messico che fanno lavori che gli afroamericani potrebbero ma non vogliono fare. A questo si aggiunge il dilemma se questi immigranti debbano avere benefici anche se non pagano le tasse. Parte della risposta è nel legare i benefici al lavoro: se i diritti dipendono dal contributo che si da alla società, questo è di per sé positivo, e contribuisce a spostare parte dei lavoratori nell'economia privata e ad aumentare la competizione con gli immigrati illegali, che saranno più incentivati a inserirsi nell'economia normale. Perché chi sta nella nell'economia regolare ha più opportunità e più probabilità di avere i benefici del welfare state.

Due paesi che hanno adottato un modello simile a quello che lei difende sono Olanda e Israele. Cosa potremmo imitare, qui in Italia?
Da Israele si può prendere l'idea che di debba evitare che ci sia una scelta tra lavorare e restare a casa a ricevere gli aiuti: chi può lavorare deve lavorare, nel mercato privato o in forme sponsorizzate dallo stato, e chi non può farlo è giusto che venga aiutato con denaro pubblico. E soprattutto si deve evitare che si possa lavorare nel mercato parallelo continuando a ricevere sussidi. In Olanda il governo non eroga soldi ai singoli individui, ma concede un ammontare fisso alle comunità locali. Poi dipende da loro come viene gestito il budget: se la disoccupazione sale, devono usare le risorse per garantire gli aiuti, se scende, possono intascarsi quanto avanza. Lo Stato si pone così solo come erogatore di ultima istanza per persone molto malate o molto povere. Ma per la grande fetta della popolazione ci deve essere competizione.

Quali sono le principali differenze culturali tra americani ed europei nell'approccio al welfare to work?
Sono impostazioni mentali opposte: in America se chi riceve benefits ne ha diritto non c'è nessun problema. Ma è moralmente inaccettabile che tu resti a casa a intascare sussidi se hai la possibilità di lavorare. In Europa, invece, non c'è questo tipo di sanzione morale: si è legittimati a scegliere se lavorare o ricevere sussidi. La nostra mentalità deriva dall'individualismo della frontiera.

Obama trasformerà l'America nell'Europa del welfare state?
E' troppo presto per dirlo, è in carica solo da 100 giorni.

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