giovedì 22 marzo 2007

Bayrou ci fa riflettere. Sul Partito democratico

Europa

di GUIDO BODRATO
21-03-2007

Nell’intervista che Europa ha pubblicato martedì, Francois Bayrou insiste sulla sua amicizia con Prodi e Rutelli e sulle ragioni che rendono importante il Pde per l’avvenire dell’Europa, ma non nasconde che esistono diversità tra Udf e Margherita che non dipendono dalla realtà francese e italiana ma da una diversa strategia politica. In questione, se approfondiamo questa riflessione come mi pare necessario, è il modello bipolare e in particolare il semi-presidenzialismo ed il doppio turno francese, che molti nell’Ulivo indicano come la via da seguire per portare a conclusione la transizione alla “democrazia compiuta”. Malgrado debba remare contro il sistema mediatico, che si è schierato a metà con Sarkozy (Le Figaro) e per metà con Ségolène (Le Monde), il centrista Bayrou si è imposto all’attenzione dei francesi, e lo ha fatto svolgendo una serrata critica a un bipolarismo che, come ha notato Barbara Spinelli (sulla Stampa), costringe gli elettori a scegliere tra due immobilismi che si alternano al potere senza affrontare le questioni reali del paese. È una riflessione analoga a quella che più volte Mario Monti ha fatto con riferimento alla competizione italiana tra destra e sinistra, tra due coalizioni che per vincere debbono raschiare il fondo del barile, a destra come a sinistra, ma quando debbono assumere responsabilità di governo, restano prigioniere dei voti che sono stati necessari per conquistare palazzo Chigi. A questa critica ha replicato, su Repubblica, Marc Lazar, sostenendo che comunque Bayrou non potrà vincere; e lo ha fatto peraltro con argomenti che convergono con quelli cui era ricorso Bayrou quando ha proposto di restituire potere al parlamento, cioè con argomenti simili a quelli cui ricorrono i “volenterosi” nel parlamento italiano, ma anche a quelli usati da quanti stanno allungando l’elenco delle questioni che, per essere risolte, dovrebbero ottenere un consenso bipartisan. Per Lazar il modello inventato dal generale De Gaulle per spingere al centro i partiti francesi e mettere fuori gioco le ali estreme è diventato un labirinto dal quale non si può uscire. E la Spinelli ha aggiunto che questo modello non rappresenta più la società reale, e ormai non produce altro che «contro-politica». Cioè, non rende più forte, ma più debole la democrazia. Le ultime mosse del candidato gollista e della candidata socialista hanno in comune l’interesse a mettere fuori gioco il concorrente centrista e confermano la fondatezza delle critiche rivolte a un sistema bloccato. E ricordano che anche alla vigilia delle elezioni per il parlamento europeo, gollisti e socialisti si accordarono per soffocare nella culla la lista dell’Udf, elevando ad oltre il 10 per cento la quota elettorale necessaria per partecipare alla distribuzione dei seggi; ma Bayrou superò quello sbarramento nella maggior parte delle regioni, e conquistò in complesso il 12 per cento dei voti, con punte, in alcune regioni, del 20 per cento. Forse Lazar ha ragione, Bayrou non riuscirà a partecipare a un ballottaggio che – come Europa ha notato – lo vedrebbe vincente sia contro Sarkozy sia contro Ségolène; tuttavia la sua avventura dimostra che non c’è nulla di ineluttabile, e che se nel 2004 la Margherita, invece di piegarsi a una “lista unica” che non aveva alcuna possibilità di restare unita in Europa, avesse seguito l’esempio di Bayrou, anche la storia italiana avrebbe potuto avere un corso diverso. D’altra parte, che senso avrebbe l’attenzione che Europa e Rutelli stanno dedicando alla battaglia di Bayrou, se non svelasse la consapevolezza che in questa battaglia politica c’è qualcosa su cui riflettere, anche da parte di chi si appresta a dibattere la riforma della politica italiana e a vivere la fase costituente del Partito democratico?


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