sabato 7 maggio 2005

Servono poche grandi banche

Intervento di Francesco Rutelli sul Corriere della Sera del 6 maggio 2005

Caro Direttore,un sistema bancario forte che accompagni le imprese italiane nei processi di crescita, di innovazione e di internazionalizzazione e che offra alle imprese e ai cittadini servizi che abbiano qualità e costi europei; un mercato finanziario efficiente e trasparente che stimoli e attragga i capitali indispensabili al rilancio dell' economia italiana. Autorità di vigilanza e di regolazione autorevoli e indipendenti che diano credibilità al sistema Italia e tutelino il risparmio ed i risparmiatori. Sono condizioni irrinunciabili anche per recuperare competitività; sono i criteri e gli obiettivi che deve avere a cuore la politica, per rispondere alle sollecitazioni contenute nell' articolo di Dario Di Vico («Di chi è colpa se il mondo ci condanna», Corriere della Sera, 4 maggio 2005). Per realizzarli, un anno e mezzo fa il centrosinistra aveva offerto la propria disponibilità a lavorare insieme alla maggioranza e al governo per varare al più presto una legge di riforma della disciplina del risparmio che intervenisse su tutti i punti critici del sistema. Quel progetto di legge, dopo essere stato il terreno della virulenta lotta di potere interna alla maggioranza che portò alla defenestrazione del ministro dell' Economia Tremonti, e dopo essere stato in gran parte svuotato di contenuto, giace ormai spezzato e abbandonato in Parlamento. Oggi, nella vicenda delle due Opa straniere su Bnl e su Antonveneta, l' assenza di nuove regole allineate a quelle degli altri Paesi europei consente ancora una volta intrecci tra banche e imprese non coerenti con gli interessi dei risparmiatori (ma anche con le capacità di soggetti imprenditoriali e finanziari che hanno bisogno che il sistema funzioni, più che di sportelli preferenziali di accesso al credito). Così, salvo il rafforzamento dei poteri ispettivi della Consob introdotti nel frattempo grazie al recepimento della normativa europea sul market abuse, nulla è stato modificato in materia di assetto delle competenze e dei poteri delle autorità di vigilanza. E permane la assoluta discrezionalità dei poteri della Banca d' Italia, una preziosa istituzione che tuttavia non ha utilizzato adeguatamente le proprie prerogative per sostenere aggregazioni strategiche per il nostro sistema bancario, né oggi appare coinvolta - pur dopo l' impressionante riduzione di competenze conseguente all' arrivo dell' Euro - in una necessaria autoriforma organizzativa. Cosicché il Paese, ancora una volta, viene percepito come una inquietante anomalia dall' opinione pubblica internazionale e dai mercati dei quali dobbiamo invece confermare e conquistare la fiducia. A questo punto, la discussione sulla italianità dei nostri istituti di credito appare marginale e anche speciosa. Non basta dunque dire che ci è mancata un' azione della Banca d' Italia che, a partire dalla spinta impressa alla «foresta pietrificata» dalle leggi Amato e Ciampi, guidasse il sistema verso l' apertura del mercato finanziario stimolando la creazione di pochi, forti poli nazionali, capaci poi di integrarsi alla pari con altri gruppi europei per competere sui mercati internazionali. Si tratta di rimettere ora in moto questi processi. Anche le istituzioni bancarie legate ai territori, che assicurano a una scala ben diversa condizioni fondamentali per la fiducia e l' operatività del nostro sistema economico e produttivo, possono e debbono vivere e rappresentare un fattore di crescita delle comunità locali, tanto più se si dimostrano capaci di offrire qualità ed efficienza misurandosi con il mercato e con la concorrenza. Le barriere nazionali sono destinate in breve tempo ad essere comunque spazzate via. Tanto più se ci si illude che la difesa della nazionalità tout court debba farsi a scapito della trasparenza e della stabilità. Dunque, muoviamoci prima di dover constatare che vengono scalate dall' estero - per l' appetibilità del mercato e del risparmio italiano - banche ancora ed assai più grandi che non Bnl e Antonveneta. Ecco perché anche in questa occasione la politica è chiamata a svolgere il ruolo che le è proprio: migliorare le regole a tutela dei risparmiatori e dei consumatori , far esercitare alle autorità di vigilanza le proprie funzioni con rigore ed imparzialità evitando che comportamenti anche solo esteriori possano farne dubitare. Non pretendere, viceversa, di orientare il mercato e non diventare quindi parte rispetto agli interessi economici in campo. La crescita di competitività italiana è legata anche alla credibilità di una classe politica che sa guidare i processi, ma non si identifica con singoli interessi. Una grandissima responsabilità anche su questo terreno attende il centrosinistra che si candida per governare l' Italia.Francesco Rutellipresidente della Margherita

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