Il 27 Gennaio il giornale catalano “Naciò Digital” ha riportato una sorprendente dichiarazione del colonnello Martinez Inglés circa la possibilità di intervento delle forze armate spagnole se entro il prossimo mese di Ottobre «l’indipendentismo catalano non avrà fatto marcia indietro nei suoi propositi di separare la Spagna…». La sorprendente e spiacevole dichiarazione del colonnello spagnolo mi ha fatto ricordare una parte del discorso di insediamento di Luciano Violante del 10 maggio 1996 a presidente della Camera: quella in cui sosteneva che «non esiste alcun diritto alla secessione» e che lo Stato democratico poteva impedirla anche con «l’uso legittimo della forza» (!). A quei tempi la Lega era ancora la Lega e io ero il capogruppo a Montecitorio: per questo decisi di inviargli questa lettera per fargli notare un po’ di cose. Eccola pubblicata qui di seguito.
Caro Presidente,
il discorso che lei fatto a Montecitorio dopo l’elezione non può essere archiviato senza una risposta pubblica. Ha cominciato con una frase che ho molto apprezzato: «Fare politica significa prima di ogni altra cosa sforzarsi di capire le ragioni degli altri». Ma purtroppo il resto del suo discorso ha contraddetto questa importante dichiarazione, che per me é sempre stata una regola, nella professione, nella politica e nella vita.
1) Le ragioni del malessere del Nord
«C’é un malessere vero nel Nord, determinato dalla differenza tra prelievo fiscale e qualità dei servizi». Scusi, Presidente, ma io penso che lei e molti altri suoi colleghi Parlamentari non abbiate proprio capito le ragioni del malessere del Nord. Il malessere è determinato dal fatto che ci sono anni luce tra la cultura della gente del Nord, il nostro modo di lavorare, il nostro modo di intendere la vita, i nostri valori, e la cultura, il modo di lavorare, il modo di intendere la vita e i valori del cosiddetto “mondo romano” e della burocrazia di Roma.
Il prelievo fiscale, grande o piccolo che sia, lo vogliamo gestire noi, e non vogliamo che sia usato per pagare lo stipendio a burocrati Romani che impiegano ed impiegheranno sempre in modo irrazionale le risorse finanziarie degli italiani. Il nostro malessere è determinato anche dal fatto che il mondo sta camminando a grande velocità, ma lei, molti altri Parlamentari ed i burocrati dei ministeri di Roma proprio non ve ne accorgete. I confini economici non esistono più, e la competizione sul mercato globale diventa ogni giorno più severa, mentre le nostre aziende diventano ogni giorno meno competitive in questo mercato. Perché le nostre imprese hanno un socio di maggioranza, questo Stato, che gli prende più del 60% degli utili, dopo averle obbligate a combattere non con i concorrenti, ma con una struttura del costo del lavoro che avvantaggia ogni giorno di più i concorrenti, con una legislazione del lavoro troppo rigida che penalizza sia le imprese che il mercato del lavoro, con strade, ferrovie ed infrastrutture medioevali.
Pensi ad un imprenditore che ha passato la vita a lavorare come un forsennato per questo Stato-socio che gli prende il 60% degli utili, senza partecipare né alle perdite, né al lavoro, e che non ha mai sottoscritto una lira di capitale sociale. Supponga che questo imprenditore, legittimamente, voglia sciogliere questa società. Ma come fa lei a dire che bisogna sforzarsi a capire le ragioni degli altri, e poi che é previsto un ricorso all’uso legittimo della forza per impedirgli di raggiungere questo suo legittimo obiettivo?
Caro Presidente, io le dico, a futura memoria, che se il Nord del paese non avrà la libertà di organizzarsi in modo da potere cogliere le opportunità e poter competere nel mercato globale senza dover dipendere da leggi, prassi e tempi che appartengono ad una cultura profondamente diversa (attenzione, signor Presidente, non dico né migliore né peggiore: dico “profondamente diversa”) noi ci troveremo presto a fare parte di un paese dove il 50% della popolazione sarà disoccupata, e l’altro 50% sarà dipendente di questo Stato: prenderà lo stipendio, ma questo stipendio sarà finanziato esclusivamente dal debito pubblico. Finché non ci sarà più debito pubblico, ma solo inflazione e caos economico.
2) I jet, le zattere e il diritto alla secessione
«C’è un pezzo d’Italia che viaggia in jet e un altro che si sposta su zattere. La risposta non sono le secessioni. Non esiste un diritto alla secessione». Guardi, Presidente, che ormai quasi tutti gli italiani vanno in zattera. In jet ci vanno i concorrenti delle nostre imprese, quelli che operano in paesi dove il potere é meno concentrato, e dove c’é una cultura meno bizantina. Qui a Nord , sulla statale 240 tra Vicenza e Valdagno, si va a 15 chilometri all’ora quando va bene, sui treni dei pendolari si va più piano delle zattere, e si sta più scomodi. E da Bergamo, poi, non si va da nessuna parte : i treni sono rari, ci sono pochissime strade, e quelle poche sono piene di buche e di traffico. Ma a cosa pensa quando afferma che «la risposta non sono le secessioni»? La risposta, Presidente, è in una parola, e quella parola è “libertà“. Negando la libertà lei boccia anche il nostro progetto federalista , basato sulla responsabilità e sulla trasparenza , che noi proponiamo ormai da anni. Certo, il nostro progetto cambierà la mappa del potere nel nostro paese. Lei deve sforzarsi di capire che questa é la direzione della storia. Le chiedo di guardare avanti e di non rallentarne il cammino.
3) L’uso legittimo della forza
«Lo Stato democratico ha tutti i mezzi, a cominciare dal consenso politico sino all’uso legittimo della forza, per impedire la sua soppressione». Vede, Presidente, lei arriverebbe ad usare la forza contro chi, come me, senza usare la forza, vuole essere libero. E su questo argomento non vale la pena aggiungere altro.
4) Tanti figli per pagare le pensioni
«Le diverse parti d’Italia hanno bisogno una dell’altra. Basti pensare che il diverso incremento demografico tra Nord e Sud metterebbe il primo nella impossibilità di pagare le pensioni ai suoi abitanti». Se ho capito bene, Presidente, a lei non interessa che il nostro sistema previdenziale a ripartizione sia tecnicamente assurdo e sia condannato, questo ormai è matematico, a saltare per aria. A lei non interessa di cambiarlo e passare gradualmente ad un sistema a capitalizzazione. Lei fa riferimento al diverso incremento demografico, invece di proporre di cambiare un sistema tecnicamente sbagliato. Capisce perché prima ho detto che il vero motivo del malessere è culturale. Siamo diversi, signor Presidente. Lo capisce?
5) È federalista anche il Presidente della Camera
«La chiave di volta sta nella costruzione di un federalismo solidale…». Dunque anche lei éfederalista, come ormai tutti: dai suoi colleghi del Pds a Berlusconi, a Prodi, che dice di esserlo ormai da 15 anni, a tutti gli altri, con l’unica eccezione del Presidente del Senato, che nel suo discorso di insediamento non é andato oltre l’auspicio di «dare vita ad un sistema di autonomismo cooperativo».
A questo proposito le voglio dire tre cose :
1) Il federalismo unisce le diversità;
2) a parole in Italia (quasi) tutti vogliono il federalismo: quindi tutti riconoscono, se ce ne fosse bisogno, che ci sono delle diversità;
3) dunque è necessario formalizzare l’identificazione delle diversità, e riconoscere il fondamentale diritto alla libertà, senza (scusi, ma la sua affermazione mi è sembrata veramente troppo grave) straparlare di «uso legittimo della forza». E contestualmente discutiamo su come unire queste diversità, che tutti riconoscono, con lo strumento del federalismo solidale, responsabile e trasparente. Ma la libertà, Presidente, è un valore che lei non può negare né minacciare.
6)…e ci mancava le Resistenza
Nelle ultime righe del suo discorso lei cita in modo quasi ossessivo le sacre parole: il Risorgimento, la Resistenza, la lotta di liberazione. E aggiunge anche Salò. Bravo Presidente. Le assicuro che nessuno di noi ha dimenticato queste parole e questi avvenimenti….ma insomma: sono passati cinquant’anni, e bisogna guardare avanti, perché i problemi dei nostri concittadini italiani e dei nostri concittadini europei, sono veramente tanti e difficili.
Con i migliori auguri di buon lavoro
Giancarlo Pagliarini
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