lunedì 12 novembre 2012

Destino Europa?


Questo post è tratto da una conversazione tra alcuni amici su FB. Non è un intervento nè un articolo, ma un dialogo informale. Con questa premessa auguro buona lettura.
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Articolo durissimo contro le politiche Bce e ue. Mi sembra sottovaluti impatto uscita Grecia da euro. Ad es. effetto domino su altri pigs. Senza moneta unica, falliti negli anni passati i tentativi di unione politica, quale sarebbe il destino europeo?
Davide Fiammenghi bah, è un articolo non di argomenti tecnici, ma tipo pamphlet. Comunque, concordo che nel caso greco sarebbe bene ricominciare a fare politiche di prestiti, perché si sta creando veramente un dramma umanitario. Il che non cambia l'esigenza di riformare il loro sistema di politico, istituzionale, il sistema di mercato del lavoro, di collezione delle imposte etc.. Quello che questi zucconi non capiscono è che non basta spendere. Se gli fanno i prestiti e se li rimangiano tra 5 anni siamo punto e a capo. Loro hanno sleggiucchiato 4 cose in croce di Keynes e sembrano credere che basti spendere un po' e si risolleva tutto...
Giuseppe Russo Le politiche Ue sono sbagliate di sicuro. Lo sono fattualmente, perché in Italia 8 milioni di disoccupati o sottoccupati sono un numero che si spiega da solo. Poi c'è la versione buonista: sono sbagliate perché l'architettura non consente diversamente o può essere cambiata solo con un processo lungo) piuttosto che la versione hard (la classe politica e burocratica europea o non si rende conto della situazione o non è in grado di pensare strategicamente e persevera nei suoi errori). Carlo giustamente si chiede che cosa sarebbe dell'Europa politica, se fallisse la moneta unica. Il punto è esattamente questo. Se è vero che abbiamo costituito l'europa monetaria per anticipare quella politica, avremmmo dovuto assumere che la gestione della moneta comune potesse comportare un costo per ottenere un beneficio politico. Se ce ne ricordassimo, la monetizzazione parziale dei deficit e la mutualizzazione dei debiti non dovrebbe essere un tabù. Dall'altra parte dellla bilancia, in cambio della stabilizzazione della loro domanda, i paesi in crisi dovrebbero rinunciare a determinare i saldi fiscali. Vediamo se ce la facciamo prima che sia troppo tardi.
Davide Fiammenghi va bene, monetizzi. Lo facevamo anche noi, prima che arrivasse Ciampi a Bankitalia, o sbaglio? Va bene, lo fai ancora. Riesci a farlo senza creare inflazione? Si potrebbe obiettare che un po' di inflazione non sarebbe un problema: ok. Mutualizzi il debito. Va bene, ma in termini netti è un trasferimento di ricchezza dal Nord d'Europa. Questi hanno garanzie che nel medio-lungo periodo i paesi PIGS diverranno più produttivi? Se non lo diventano, dopo cosa si fa? Tra dieci anni avremo una perdita secca di ricchezza per loro e un debito europeo, non più nazionale, in crescita. E poi cosa si fa? Mutualizziamo coi cinesi? Non sarebbe più saggio, oltre che più onesto, cominciare a fare tutte le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno, a passo svelto e a testa bassa? E la disoccupazione italiana non deriva dal fatto banale-banale che, come diceva quello basso di statura, se tassi la gente che lavora per pagare altra gente per non lavorare, non ti devi stupire se crei disoccupazione?
Carlo Annoni Gli ultimi 2 post catturano aspetti corretti della situazione ed il fatto che giungano a conclusioni divergenti aiuta a capire la gravità della situazione. Da un lato c'è la constatazione corretta che sistemi nazionali che affondano in uno scenario di disoccupazione e tasse infinite sono l'agonia della Europa. Dall'altra è evidente che, responsabilmente, popoli e governi del centro e nord-Europa non vogliano dar vita ad un circolo vizioso come quello da decenni attivato in italia tra nord e sud. Da italiani sappiamo bene come, nel caso italiano, il problema stia in un sistema pubblico ipertrofico, invadente ed inefficiente, ed un sistema di complicita con spezzoni privilegiati dell'economia e della societa. Ora, vediamo bene il governo Monti, che di questo sistema è l'espressione migliore, essere incapace di produrre una minima riforma. Da questo punto di vista si vede la forte coscienza delle classi dominanti nazionali che fanno blocco annullando ogni seppur piccolo attacco al proprio status ed ai propri privilegi. Quindi stiamo chiedendo a tedeschi e c.di finanziare i soliti a comportarsi come al solito. 
Una via di uscita dal circolo vizioso di sfiducia-depressione-furbizia sarebbe il realizzarsi di un cambiamento in paesi come il nostro, un cambiamento che porti non tanto nuovi politici quanto nuove politiche e sia garantito dalla'instaurarsi di nuovi rapporti di forza tra le classi sociali italiane. Personalmente ritengo la cosa non fattibile per pure cause endogene. Da cui lo stallo e la probabile implosione (o ridimensionamento) del progetto europeo.
Giuseppe Russo Mentre si fanno le riforme strutturali l'economia va in recessione. L'eurozona non ha un deficit con l'estero e ha un deficit pubblico aggregato del 3,2%, che corretto per il ciclo è inferiore al 2%, ossia al target di inflazione. O smettiamo di insegnare macroeconomia nelle università, oppure dobbiamo riconoscere che il problema urgente sta nella stabilizzazione della domanda di fronte ad andamenti asimmetrici, largamente causate dalle regole Ue, o dalle ricette della Troika. Questo non toglie dignità all'argomento delle riforme e delle responsabilità dei governi per i propri saldi fiscali. Per la macroeconomia l'unico saldo che conta nel breve periodo è quello aggregato. Quanto al fatto che in una area monetaria ciascuno paga il suo, mi pare che stiamo vagheggiando un'utopia. Non è così neppure in svizzera, dove nei Grigioni si vive largamente con le tasse di Zurigo, eppure nessuno pensa di togliere il franco a chi produce di meno. I differenziali di produttività esistono, per fortuna aggiungo, perché un'economia di uguali è impossibile, oltre che il sogno di un disegno politico che ha già fallito una volta. Pretendere che i greci restituiscano i consumi fatti in passati a spese dei posteri è un argomento che non ha valore, perché è come pretendere che vostro figlio, dopo aver rotto un vaso con i fiori, rimetta l'acqua e i fiori nel vaso, raccogliendola dalla terra che l'ha già assorbita. E' probabile che a questo punto per stabilizzare la domanda non ci possa essere altro che monetizzare gli interessi del debito e mutualizzarne gran parte. Lo farei subito, perché quando poi la produzione si adatta alla domanda diventa troppo tardi. Anche la riforma strutturale più perfetta è inutile se nel frattempo l'economia cui si applica non c'è più.
Carlo Annoni Caro Giuseppe, intanto un grazie per i contributi di alto livello che stai dando al dibattito. Nel merito, premesso che non ho formazione da economista, mi permetto solo di vedere, nella tua analisi macroeconomica, una "parzialità", nel senso di vedere appunto le cose per aggregati. Motivo per cui ho sempre diffidato di argomenti che vedevano le quantità ma non le qualità delle spese e degli investimenti. Nella propria famiglia o nella propria azienda è abbastanza semplice capire che un conto è spendere i soldi per le donnine ed un conto è spendere per far studiare un figlio o i collaboratori. Quindi, fatti salvi i tuoi argomenti, ritengo che gli stessi vadano ampliati. Proprio ieri sera ho visto su rai storia una ricostruzione delle trattative del 1919 a versailles..con tanto di dimissioni di Keynes da capo economista della delegazione inglese. Keynes aveva tutti gli argomenti a proprio favore, ma le decisioni vennere prese non su criteri economici, ma politici, militari, emotivi..Oggi dobbiamo considerare questi fattori, magari per superarli, ma non possiamo pensare che un paese a fondamentali buoni accetti di coprire costi a piè di lista di altri paesi, lasciami dire, poco seri. Kissinger segnalava che principale difetto degli italiani è la loro furbizia..se nei fatti l'europa impara che la furbizia paga il rischio è che l'intera europa diventi la terra dei furbi, con gli esiti immaginabili. Sono considerazioni queste che difficilmente farà nella sua parzialità di visione un economista, ma un politico serio si. Quindi si tratta di capire quanto queste diverse spinte possano dar luogo a misure adeguate e che si dimostrino valide (e non controproducenti) nel lungo periodo. Il problema è quindi drammaticamente complesso e l'esito tutt'altro che scontato, ed il peggior rischio è non comprendere tutte le dimensioni del problema.
Giuseppe Russo sono d'accordo con Carlo. Le due cose peraltro non si escludono. Si potrebbero fare le riforme e stabilizzare la domanda, invece di permettere che collassi a colpi di austerità insieme al Pil e all'occupazione. Questa sarebbe politica.
Carlo Annoni L'idea è ottima Giuseppe Russo, e forse l'unica che possa funzionare.. ma per fare riforme reali servono diversi equilibri di potere nella società prima ancora che nella politica. E senza vedere riforme reali col cavolo che tedeschi e soci del centro-nord europa prenderanno fiducia in noi. Questo è forse il nodo principale su cui siamo in stallo.. riforme reali richiedono un cambiamento nell'assetto di potere e del potere nel sistema di paesi come l'Italia. E' uno stallo politico, relativo ai rapporti di forza e di potere .. e faccio oggi fatica a vedere la società italiana che da sola fa saltare il blocco di potere che si è costruito in decenni, pardon centinaia di anni. La germania oggi avrebbe anche la forza per "indurre" i cambiamenti necessari, ma dopo le catastrofi del secolo scorso dubito vogliano assumersi iniziative politiche così forti, avendo tra l'altro la Francia che rema contro. Non è una situazione facile.. e stiamo seriamente rischiando di compromettere il futuro di un tot di generazioni europee

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