giovedì 21 luglio 2011

Grande è la confusione sotto il cielo. Meglio non aumentarla inventandosi “liberali” che non esistono

di Alberto Mingardi
da La Stampa
19 luglio 2011
Caro Direttore,
Siamo davvero il Paese dei liberali immaginari, come ha scritto Giovanna Zincone: ma ogni tanto siamo anche il Paese dei liberali immaginati.


Non mi pare che nessun «liberista» italiano, per astio ideologico verso l'idea di eguaglianza, abbia sostenuto che la manovra non sia sufficientemente «regressiva», come sembra adombrare l'editoriale della Stampa di domenica. E' evidente che si tratta di una manovra regressiva, è stato rilevato da più parti, nessuno ha stappato champagne.

È altrettanto chiaro che essa non risolve i problemi del nostro Paese, e non perché troppo aggressiva nel colpire questo o quel settore d'attività del nostro Stato sociale: ma perché non apre all'innovazione istituzionale in nessuno di essi, precludendoci pertanto ogni possibile riassetto del rapporto Stato-società. Come giustamente nota Zincone, i tagli lineari sono la politica di chi sceglie di non scegliere: di non chiedersi cosa possa o debba fare lo Stato.

Lo stesso fa chi crede che lo Stato sociale, inteso come esperimento storico, debba essere sottratto alla discussione pubblica. Come ogni cosa umana, anche le politiche sociali hanno conseguenze inintenzionali: creano dipendenza da welfare, si prestano a manipolazioni clientelari. Gli stessi fini possono essere perseguiti attraverso altri mezzi? Farsi questa domanda non significa essere ciechi innanzi al fatto che, per citare Hayek e non Marx, «il mercato premia con scarso riguardo al merito e al bisogno». La differenza è semplicemente fra quanti credono che curarsi del prossimo sia compito della società e delle sue articolazioni spontanee, e chi invece ritiene che debba essere funzione istituzionalizzata di burocrazie pubbliche. Siccome il mondo è imperfetto, la scelta è fra le prediche talora inutili dei missionari, e i piani spesso fallimentari degli ingegneri sociali.

Un liberista maggiorenne sa che esistono «mali sociali» che lo sviluppo economico non cura da sé. Uno Stato pesante, però, lo sviluppo lo frena. E non c'è male sociale che sia mai stato curato da un impoverimento collettivo.

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