lunedì 16 maggio 2011

Quel dibattito che non c'è stato

Sergio Romano
Corriere della Sera
15 maggio 2011

Per consolare il lettore, dopo alcuni spettacoli offerti dalla classe politica negli scorsi giorni, posso dire soltanto che non ricordo elezioni locali a cui non sia stata attribuita una valenza politica.
Predichiamo bene cercando di ricordare a noi stessi che i candidati andrebbero scelti sulla base delle loro capacità amministrative e organizzative. Ma razzoliamo male lasciandoci influenzare da criteri di lealtà e appartenenza. Nulla di nuovo quindi. Anche questa volta l'assordante rumore della politica ha soffocato qualsiasi confronto di idee e di progetti. Ma due circostanze hanno reso l'atmosfera più surriscaldata e l'aria più irrespirabile.

La prima è il clima politico del Paese. Le elezioni hanno coinciso con una delle fasi più litigiose della politica nazionale. Non è facile votare spassionatamente per un sindaco o un consiglio municipale quando la maggioranza e l'opposizione si comportano come se fossero in guerra e sembrano andare continuamente a caccia di temi su cui alzare il volume e dividere maggiormente il Paese. Parafrasando Indro Montanelli non dovremmo, per conservare un po' di buon senso e di equilibrio, turarci il naso ma tapparci le orecchie.

La seconda circostanza, direttamente collegata alla prima, è la decisione del presidente del Consiglio di trasformare queste elezioni in un referendum sulla sua persona. In linea di principio, nulla da eccepire. Tutte le divergenze, da quelle sulla riforma giudiziaria a quelle sulla composizione della maggioranza, ruotano intorno alla personalità e ai casi di Silvio Berlusconi. Tutti i progetti di legge vengono letti e scrutati alla luce degli effetti che potrebbero avere sul presidente del Consiglio. Persino le condizioni della economia sono buone o pessime a seconda delle simpatie politiche di chi le giudica. Se la materia del contendere è Berlusconi non sorprende che un uomo battagliero e coraggioso (due caratteristiche che gli vanno riconosciute) abbia colto l'occasione per mettere se stesso al centro della scena politica e chiedere un voto popolare di fiducia. L'opposizione, dal canto suo, non poteva che accettare la sfida e giocare la partita con le stesse regole dell'avversario. Il risultato, tuttavia, è una campagna elettorale in cui i temi della contrapposizione politica hanno offuscato quelli della buona amministrazione e in cui sono state fatte promesse che sarebbe stato meglio non fare. Non ci è stato chiesto di giudicare se un programma era meglio dell'altro. Ci è stato chiesto di dire col voto se siamo berlusconiani o antiberlusconiani.

Dovremmo evitare che questo accada là dove vi sarà un secondo turno. Vi saranno allora due candidati. Non chiediamo a ciascuno di essi che cosa pensi di Berlusconi e delle sue vicende giudiziarie. Chiediamo piuttosto a entrambi che cosa intendano fare per migliorare la vita delle loro città. Dopo tutto è per questo che andiamo a votare.

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