lunedì 5 aprile 2010

L'illusione dei centristi

di Piero Ostellino
Corriere della Sera
1 aprile 2010

Che piaccia o no, in democrazia, la sola cosa che conta sono i voti; vince, e governa, chi ne ha di più. Se, poi, il sistema politico è bipolare, costituito da due schieramenti tendenzialmente chiusi, il destino cui è condannato chiunque voglia fare loro da spalla è la subalternità politica e l’annacquamento della propria identità etico-politica. E’ questo il caso dell’Unione democratico- cristiana (Udc) di Pier Ferdinando Casini.

Ma anche, sull’altro versante, dei partiti e movimenti dell’estrema sinistra, ridimensionati prima dalla «vocazione maggioritaria » e poi dall’alleanza del Partito democratico con l’Italia dei valori (Idv) di Antonio Di Pietro. Ed è infine il caso della formazione di Francesco Rutelli e Antonio Tabacci, nata dalla secessione dal Pd per incompatibilità sia con i post-comunisti sia con i post-democristiani di sinistra.

La speranza di Casini di adottare elettoralmente il modello dei «due forni», giocandosi le proprie carte, di volta in volta, e di situazione in situazione, fra centrodestra e centrosinistra, è destinata a infrangersi contro le dure leggi del bipolarismo. Nel migliore dei casi, la speranza ha una qualche ragione d’essere solo se la cultura politica, e di governo, del «forno» cui ha portato i propri voti è omogenea a quella dei propri elettori; se non lo è, si espone a essere da loro rinnegata.

Nel peggiore dei casi, l’Udc o ne condivide la sconfitta o il suo apporto, in caso di successo, non ne condiziona la politica. L’oscillazione fra i «due forni» è la perdita secca della propria identità. Vittime di una sorte ancor peggiore sono i partiti e i movimenti di estrema sinistra e, sul versante moderato, il movimento di Rutelli e di Tabacci. Qui, non si profila neppure la possibilità, per gli uni, di condizionare la politica del Pd; per l’altro, di adottare la politica dei «due forni» di Casini. Per la sua stessa natura, il bipolarismo esclude la sopravvivenza sia di partiti marginali, all’estremità del quadro politico, sia di un movimento che si affacci alla ribalta in un contesto già politicamente sovrappopolato ed elettoralmente coperto. Parafrasando il ministro della Difesa di Franceschiello — che escludeva di poter entrare in guerra «se non ci stanno denari»—si potrebbe dire che essi non hanno alcuna possibilità di successo «perché non ci stanno i voti». Ma anche affermare la propria identità etica e politica è difficile, a fronte dei due schieramenti del bipolarismo che tendono a conquistare consensi al centro. Non ci riusciranno certo partiti e movimenti che si ispirano ancora al comunismo né piccole formazioni centriste come l’Api (Alleanza per l’Italia) che vorrebbero incalzare un’Udc già indebolita o addirittura il Popolo della libertà, zeppo di ex democristiani ed ex socialisti. La fragilità delle illusioni di Casini, e di Rutelli- Tabacci, può far riflettere anche quella parte dell’establishment industriale e finanziario che credeva, in nome di un centrismo nello stesso tempo moderno e moderato, di avervi individuato uno spazio di cultura politica, alternativo a centrodestra e centrosinistra. Anche perché a tutti è chiaro che, in democrazia, e ancor più in un sistema elettorale maggioritario, i voti si contano, non si pesano.

1 commento:

  1. L'articolo è sostanzialmente corretto, anche se si dovrebbe analizzare il caso Partito Radicale, una piccola forza ma con grandi idee e con una prassi politica non determinata dalle scadenze elettorali.
    Introducendo nella discussione il caso radicale penso che le tesi di Ostellino vadano almeno parzialmente riviste.

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