mercoledì 24 marzo 2010

Un interessante commento su Riforma Sanità USA

di GIUSEPPE MAMMARELLA
da il Messaggero
22 marzo 2010

IN QUESTI ultimi giorni gli interventi del presidente Obama a difesa del progetto di copertura assicurativa sanitaria per 32 milioni di americani (ma in realtà quelli senza assicurazione sono più di 40 milioni) sono diventati quasi frenetici. Il presidente che doveva partire per un viaggio nel Sud-est asiatico, fissato da tempo e rinviato già una prima volta, ha deciso di restare a casa per evitare le defezioni dell’ultimo momento e persuadere gli incerti che fino a ieri erano ancora una decina. La posta in gioco è di quelle che fanno la differenza tra una sconfitta che avrebbe potuto distruggere l’immagine del presidente e della sua amministrazione e una vittoria che tuttavia non garantisce né a lui né al suo partito la conferma dell’attuale condizione maggioritaria conquistata dopo quasi un trentennio di marginalità. Come ha più volte affermato Obama la riforma è storica perché tentata inutilmente da tutti i presidenti democratici da un secolo ad oggi ma è storica anche perché in un prevedibile futuro potrebbe obbligare l’America a decisione fondamentali capaci di alterare il corso della sua politica interna e internazionale. La scelta potrebbe essere tra proseguire nella politica del welfare o mantenere l’apparato militare che assicura la presenza americana in tutti gli scacchieri mondiali. Il costo della riforma è stimato sui 900 miliardi nell’arco di 10 anni ma chi ha fatto le pulci al programma sostiene che i costi saranno più alti di almeno un terzo. Grossa cifra ma tutto sommato contenuta rispetto ai 650-700 miliardi di dollari che ogni anno il governo americano deve mettere in bilancio per i costi delle forze armate, delle centinaia di basi sparse per il mondo, della ricerca e delle guerre in corso. Inoltre il welfare americano ha un altro grosso buco: quello delle pensioni. La Social Security, la pensione pubblica introdotta da Roosevelt negli anni della grande crisi è ben lontana da coprire le esigenze di un individuo e di una famiglia dopo la fine della vita lavorativa. Fino a ieri molti ricorrevano a Wall Street per colmare la differenza grazie ad investimenti azionari che si rivalutavano negli anni, ma la fase che si è aperta con la più grande crisi del dopoguerra non garantisce più che il circo finanziario riesca a provvedere il quantum necessario tanto più che si prevede che l’aumento della popolazione e la diminuzione di quella lavorativa potrebbero rendere ancor più inadeguati i fondi attuali della pensione pubblica.
Presto o tardi, meglio presto, un qualche presidente americano dovrà pure occuparsi del problema pensionistico e allora il welfare americano potrebbe essere costretto a raggiungere i livelli europei di quei Paesi “socialisti” come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna che negli anni del secondo dopoguerra dovettero scegliere, come si diceva allora, tra il burro e i cannoni. Come è noto gli europei appena la ricostruzione delle economie lo permise optarono per il burro, una scelta che per gli americani equivale ad adottare un sistema se non socialista potenzialmente conflittuale con le leggi di mercato e della libera concorrenza e in fondo con le libertà dell’individuo. La riforma sanitaria potrebbe essere il primo passo verso la creazione di un vero e proprio welfare americano secondo il modello europeo di cui si è parlato (per criticarlo) negli accesi dibattiti di questi mesi. Inoltre il welfare come è ovvio va alimentato dalle tasse e dopo un trentennio di amministrazioni repubblicane o influenzate dalle dottrine reaganiane l’aumento delle tasse è anatema oggi in America sia per i repubblicani che per i democratici. Queste sono le ragioni della “storicità” della proposta di Obama e delle passioni che essa ha suscitato. È difficile per gli europei capire perché la maggioranza degli americani rifiuti quello che per noi è diventato un diritto individuale a cui corrisponde un dovere dello Stato, ma Oltreatlantico quello di una copertura sanitaria garantita dallo Stato appare una scelta politica e ideologica contraria a quei valori “che hanno fatto grande l’America”.
Va aggiunto che la riforma originaria è stata profondamente alterata dai compromessi e da veri e propri trucchi procedurali adottati per farla accettare a quei democratici che avevano deciso di votare contro. Così sul progetto di legge approvato dal Senato i membri della Camera, molto più a sinistra, finiranno per votare solo su alcuni minori emendamenti di scarso valore evitando il voto sull’intero progetto di modo che in caso di necessità potranno sempre dire ai propri elettori che loro la legge (nel suo complesso) non l’hanno votata. La procedura è assolutamente legale ma appare come un sotterfugio che renderà difficile per i democratici difenderla di fronte ad un’opinione pubblica che in maggioranza rimane ostile al provvedimento. Un elemento di debolezza della riforma è anche la sua complessità. Caduta sotto l’offensiva delle lobbies, dei medici e delle assicurazioni, ambedue potentissime, la cosiddetta “pubblic option” che sostanzialmente avrebbe permesso al governo di provvedere e garantire l’assistenza medica direttamente, secondo il modello europeo l’attuale progetto prevede che con l’eccezione dei più poveri che con il Medicaid, un programma già esistente, restano interamente a carico dello Stato, le assicurazioni mediche continueranno ad essere fornite da imprese private. Lo Stato interverrà con sussidi diversi per le diverse fasce di reddito a coprire i costi delle polizze obbligando tutti i cittadini a procurarsene una. La legge prevede costi aggiuntivi per i datori di lavoro che dovranno contribuire all’acquisto delle assicurazioni dei propri dipendenti. Inoltre l’attuale programma che copre gli anziani, il cosiddetto Medicare, verrà riorganizzato riducendone gli sprechi e verrà rifinanziato grazie alle tasse a carico delle aziende farmaceutiche previste in circa 23 miliardi.
In conclusione, la gestione alquanto complessa della riforma rischia di aumentarne i costi al di là delle previsioni e il diverso livello di rimborsi di creare squilibri e disuguaglianze tra i cittadini. Inoltre, i tagli previsti nel Medicare potrebbero ridurne l’efficacia per una categoria di pazienti che sta crescendo con l’invecchiamento della società. Questi i lati deboli del programma su cui è prevedibile che si scatenino le critiche dei repubblicani e delle lobbies e, al di là dei partiti, degli oppositori che si sono organizzati in associazioni come i “tea parties”. Le elezioni per il rinnovo della Camera, di un terzo del Senato e di vari governatori sono tra sette mesi e la campagna elettorale è già in corso. È facile previsione che la riforma resterà al centro del dibattito con le sue criticità e le sue contraddizioni, mentre i suoi vantaggi saranno evidenti solo col tempo.

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