domenica 29 novembre 2009

Pannunzio e il sogno della Terza Forza

di Alessandro De Nicola da Il Sole 24 Ore

A cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, le vignette di Pericoli e Pirella che rappresentavano Bettino Craxi mostravano sempre una voce di sottofondo che diceva “Forza, Terza Forza!”. Era l’epoca in cui il segretario del PSI si batteva per far sì che in Italia si realizzasse finalmente il sogno di una Terza Forza, laica, socialista, liberale che si contrapponesse ai due colossi egemoni comunista e democristiano.
Il tema è riemerso ieri nel convegno tenutosi a Milano intitolato “Mario Pannunzio. Giornalista e intellettuale liberaldemocratico”. Anche se a qualcuno sembrerà un’eresia presumere che non lo si conosca, è bene rammentare chi era Pannunzio. Essenzialmente fu il fondatore e il direttore dal 1949 al 1966 de “Il Mondo”, settimanale di ispirazione liberaldemocratica che pur non andando mai oltre le 20.000 copie ebbe un’influenza enorme e sul quale scrissero i giganti della cultura e del giornalismo italiano del dopoguerra: Croce, Salvemini, Flaiano, Scalfari, La Malfa, Calamandrei, Ernesto Rossi, Einaudi, Spadolini e molti altri. Pannunzio fu tra i fondatori del nuovo Partito Liberale nel 1943 e del Partito Radicale nel 1955 (di cui fu anche segretario), sempre con l’idea di dar vita ad un movimento politico laico, risorgimentale, liberale e allo stesso tempo antifascista, anticomunista ed anticlericale.

Questo cuneo “laico” tra i moloch cattolico e comunista, secondo molti avrebbe dovuto comprendere anche i socialisti riformisti, di cui Craxi era l’alfiere e che tuttavia portò alla rovina.
Bene, cosa rimane oggi di questo progetto? Ed è ancora attuale l’idea di riunire laici, liberali, socialisti, repubblicani, radicali per costituire una Terza Forza? Del progetto rimangono solo ricordi e filoni culturali. La fine della Prima Repubblica, la pochezza o la sfortuna degli uomini, il bipolarismo e la scomparsa del comunismo hanno incenerito il sogno. E per il futuro? Qui il discorso è più complesso: certamente non ha più molto senso mettere insieme liberali e socialisti. Se si osserva la situazione politica italiana con un po’ di distacco, solo le animosità del passato impediscono di vedere nel PD quello che a tutti gli effetti è: una moderna forza socialdemocratica con componenti cattoliche e una naturale tensione tra elementi riformisti e massimalisti.
Il terzismo politico, poi, è impossibilitato dal sistema elettorale e non è nemmeno auspicabile che torni. Il bipolarismo all’italiana è malaticcio, ma i meno giovani si ricordano i governicchi e l’impotenza asfissiante e corruttrice del proporzionalismo.
Però attenzione, un movimento che rappresenti il liberalismo, filo-atlantico, liberista e laico è invece auspicabile. Perché? Per motivi di analisi economica della politica, perlomeno di quella italiana. I liberali non riescono a fare “entrismo” nei partiti tradizionali. Quando sono sparsi, le loro voci soccombono di fronte ai gruppi organizzati, siano essi sindacali, di potere, clericali o populistici. Se invece i politici liberali devono rispondere ad un elettorato marcatamente liberale, non sono in grado di deviare più di tanto dai principi che dicono di rappresentare, pena la decimazione elettorale. Possono essere alleati con conservatori o socialisti a seconda dei momenti storici, ma almeno hanno una chance di influire in quanto forza organizzata, esattamente come fa la FDP tedesca.
Ci sarebbe bisogno di un nuovo, più fortunato Pannunzio, eccome. I “padroni del vapore” hanno facce nuove, ma sempre lo stesso fumo propinano.

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