giovedì 8 ottobre 2009

Intervento di Luca Cordero di Montezemolo

Mobilità sociale
di Italia Futura , pubblicato il 7 ottobre 2009

Vorrei proporvi un esercizio di immaginazione. Proviamo per le prossime tre ore a dimenticarci ogni notizia di cronaca politica che abbiamo letto sui giornali di oggi, di ieri, di questa settimana.

Dimentichiamoci per un attimo delle polemiche, delle accuse, degli scontri, delle controversie giudiziarie, di tutto quell’assordante rumore di sottofondo che ci impedisce di pensare alle cose veramente importanti per noi e per il nostro paese.

Poniamoci una domanda molto semplice: come immaginiamo l’Italia tra cinque anni?

Non penso al futuro lontano, che lascio volentieri ai futurologi e agli scrittori di fantascienza. Penso al futuro più vicino, quello sul quale già domani si vedranno gli effetti delle decisioni che oggi vengono o non vengono prese.

Italia Futura è nata per cercare una risposta a questa domanda. Vogliamo aprire una finestra che vada oltre le molte emergenze del quotidiano. Vogliamo riflettere in piena libertà sul futuro che attende l’Italia di qui a cinque anni, quello che vedremo noi e quello che vivranno i nostri figli.

L’Italia è da molti anni un paese fermo, ripiegato su se stesso, incapace di ritrovare lo slancio che ci ha portato ad essere un una grande nazione. Un paese che privo di materie prime, di infrastrutture, sconfitto, lacerato da conflitti ideologici è riuscito ad emergere facendo affidamento sull’unico patrimonio che conta veramente: il capitale umano.

Ci siamo dimenticati di quanto l’Italia debba agli italiani.

Da quando si è cominciato a parlare di Italia Futura sono state dette molte cose su questa associazione. La gran parte delle reazioni è stata straordinariamente incoraggiante.

Dal territorio, soprattutto attraverso internet, è arrivato il segno dell’enorme interesse che un progetto come questo ha raccolto presso la società civile.

Ma allo stesso tempo sono state fatte ipotesi davvero fantasiose che identificavano la nostra associazione come il laboratorio segreto di misteriose alchimie partitiche o peggio ancora come espressione di un oscuro complotto di salotti buoni, fortunatamente estinti da tempo.

È francamente inaccettabile che si rivolgano accuse di complotto contro chi vuole rendere più ricco e vivace il dibattito delle idee.

Chi tutti i giorni si confronta con il proprio lavoro, con le sfide del mercato e della concorrenza, con grandi responsabilità verso gli altri – che siano collaboratori, azionisti o clienti – ha il diritto e il dovere di dare un contributo al dibattito pubblico.

In Italia se una classe dirigente si chiude nel recinto delle proprie attività viene descritta come egoistica e priva di senso del bene comune. Se invece si interessa della cosa pubblica, come avviene in tutti gli altri paesi del mondo, viene immediatamente accusata di assurdi disegni politico-partitici.

Chi è sicuro del proprio ruolo e della propria funzione, chi è consapevole dei propri valori non può e non deve temere il confronto con gli altri. Soprattutto quando si tratta di un confronto con chi proviene dalla società civile.

Come è stato scritto sul sito della nostra associazione qualche giorno fa: “Anche quando i veleni e i buchi della serratura sembrano sostituirsi alla politica, come accade in Italia in queste settimane, chi ha idee per il paese e disponibilità civile a farsene carico non può rinunciare a farle emergere con gli strumenti del confronto pubblico”.

Come sempre la realtà è molto più lineare delle fantasie. E Italia Futura, molto semplicemente, è quello che dice di essere. Un luogo di idee e proposte che ha un’unica e trasparente missione: far emergere le molte capacità di cui è ricco il nostro paese per coinvolgerle nell’elaborazione di un progetto sul futuro dell’Italia.

In altri paesi si tratterebbe di una missione del tutto normale, e penso in particolare agli Stati Uniti e alla loro ricca tradizione di centri di riflessione sul futuro della nazione. In Italia tutto tende a diventare oscuro e complottistico.

Italia Futura ha un programma ambizioso. Ogni tre mesi, in una città diversa, lanceremo una campagna su un tema cruciale per il futuro del nostro paese, articolata in una fotografia della situazione esistente e un pacchetto di proposte concrete per incominciare ad affrontare il problema.

Saranno proposte snelle ed operative che non vogliono essere né un disegno di legge né un trattato accademico onnicomprensivo. Su queste proposte cercheremmo sostegno nell’opinione pubblica e trasversalmente nei partiti politici. All’incontro di oggi sulla mobilità sociale farà seguito a gennaio, in Campania, un’iniziativa sulla scuola elementare e sul ruolo del maestro come tassello fondamentale nella costruzione di una comunità nazionale. Ci occuperemo poi di sanità pubblica, di industria culturale nel suo senso più ampio, di ambiente e qualità della vita e di molti altri temi della nostra vita nazionale.

Cercheremo poi di promuovere un meccanismo di emersione delle tante eccellenze che continuano ad esistere in Italia a dispetto di un contesto che fa di tutto per penalizzarle. Abbiamo lanciato su Internet un concorso dal titolo “Accade domani” attraverso il quale Italia Futura finanzierà l’idea più brillante per risolvere un problema concreto o per migliorare la qualità di vita di una comunità. Abbiamo già ricevuto più di 200 progetti e a novembre premieremo il vincitore dotandolo delle risorse per realizzare la propria iniziativa.

Questa associazione nasce per iniziativa di un gruppo di persone che provengono da esperienze diverse e svolgono lavori differenti. Molti di loro vivono in Italia, altri come Irene Tinagli lavorano all’estero per scelta o per necessità.

Queste persone amano quello che fanno e il proprio paese e non sopportano più l’idea di limitarsi a criticare dalle tribune senza avere la possibilità di dare un contributo costruttivo, nel rispetto dei ruoli, allo sviluppo del paese.

Questa è Italia Futura, e voglio ringraziare tutte le persone del Comitato Promotore che in questi mesi hanno lavorato con slancio e con passione a questa iniziativa. Sono soprattutto loro i protagonisti di questo progetto.

Noi non abbiamo nulla a che fare con un partito o un movimento politico.

In Italia è in carica un governo pienamente legittimato da un ampio mandato elettorale, che io auspico completi la legislatura e che deve essere giudicato sulla base dei risultati. Così come esiste un’opposizione che merita rispetto e che sta trovando la sua strada proprio in questi giorni. A nessuno – e tanto meno al nostro paese – servirebbe oggi l’ennesimo partito.

Personalmente ritengo che il governo, su molte questioni, stia svolgendo bene il proprio compito. Altre persone di Italia Futura hanno un’opinione diversa.

Ma questo luogo non è nato per dividersi sul presente bensì per unirsi sul futuro! Non ci interessa il colore politico di chi vi partecipa ma il contributo di idee che può apportare.

E se posso permettermi un brevissimo sconfinamento nell’attualità varrebbe la pena che anche la politica assumesse un atteggiamento analogo al suo interno e nel confronto con la società civile.

Un dibattito, anche aspro, sui contenuti, arricchisce la democrazia. La demonizzazione dell’interlocutore al contrario indebolisce tutto il sistema e fa sorgere il sospetto che dietro i toni urlati si nasconda l’insicurezza e il vuoto delle idee.

Condivido totalmente l’appello lanciato dal Presidente Napolitano che ha invitato al rispetto nei rapporti tra maggioranza e opposizione. Sono contento di avere oggi ospiti rappresentanti della politica e delle istituzioni che hanno sempre dimostrato di praticare questo modo di intendere il confronto politico.

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Oggi presentiamo le nostre proposte sulla mobilità sociale. Può sembrare un concetto astruso, quasi tecnico. Ma è quanto di più vicino alla vita reale si possa immaginare.

Chi di noi non ha pensato almeno una volta: “Voglio che mio figlio abbia possibilità migliori di quelle che ho avuto io, voglio che i miei nipoti stiano meglio di me”. La risposta a questa speranza così naturale e così necessaria è il buon funzionamento della mobilità sociale, di quell’ascensore che dovrebbe permettere a chiunque di salire verso l’alto facendo affidamento solo sul proprio talento e sulle proprie capacità.

I paesi dove l’ascensore sociale funziona bene sono i paesi più vitali, più dinamici, più aperti. E soprattutto più giusti. Sono i paesi dove possono farsi strada coloro che hanno idee, capacità e passione, qualunque sia il loro punto di partenza. E aggiungo, qualunque sia la loro nazione di provenienza. Sono quei paesi dove chi cade sa di potersi rialzare senza dover contare sulla compassione dell’assistenzialismo.

La mobilità sociale è il filo rosso che unisce tante questioni diverse: la giustizia sociale, la solidarietà, la crescita economica, il merito individuale e il senso di una comunità purtroppo oggi perduto.

Perché una società democratica deve essere fondata sul talento, sull’impegno e sulla responsabilità di ciascuno. Una società che permetta a chi si impegna di farsi valere.

Questo tema sarà il cuore anche delle prossime iniziative di Italia Futura.

Quando parleremo del ruolo dei maestri elementari, del funzionamento della sanità, dell’ambiente e della qualità della vita come opportunità di crescita, dell’industria della cultura nel senso più ampio del termine, lo faremo partendo da questa prospettiva: l’Italia è un paese bloccato che va rimesso in moto.

Ce lo spiega con chiarezza il rapporto che presenteremo oggi.

Senza anticipare troppo la relazione di Irene voglio sottolineare tre dati:

In Italia se tuo padre non è laureato è molto difficile che tu riesca a laurearti.

In Italia il 25% dei bambini vive in famiglie povere: il tasso più alto tra i paesi europei, secondo i dati Eurostat diffusi nel 2009 dalla Commissione Europea.

In Italia mentre il 41% degli ultracinquantenni dichiara di aver migliorato il proprio stato sociale rispetto alla famiglia di origine, solo il 6% dei ventenni dichiara di trovarsi in condizioni migliori di quelle dei padri.

Forse qualcuno potrebbe storcere il naso al pensiero che una persona che ha avuto molto dal proprio lavoro e che oggi si trova in una condizione di grande benessere si occupi di un tema come la mobilità sociale. Al contrario, ritengo che senza quell’ascensore sociale che lo rende giusto ed efficiente il capitalismo perda slancio e diventi solo oligarchia e cooptazione.

Negli ultimi vent’anni in Ferrari ho sempre cercato di mettere al centro il nostro straordinario capitale umano, puntando su merito e talento.

Viviamo in una nazione in cui la speranza di migliorare la propria condizione è ormai un bene raro.

E ciò rappresenta un fallimento non solo della politica ma della classe dirigente nel suo complesso. È il fallimento di una generazione come la mia che ha avuto il privilegio di nascere dopo la guerra, che ha avuto tanto ma non è riuscita a trasformare il proprio successo individuale in un successo collettivo. Ed è soprattutto per questo che oggi ritengo doveroso dare un contributo.

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L’Italia ha attraversato stagioni della sua storia, più o meno recenti, in cui le condizioni materiali erano sicuramente peggiori di quelle in cui viviamo oggi.

Eppure in quei momenti l’Italia aveva qualcosa che oggi sembra scomparsa: la sensazione che qualcosa di positivo era in costruzione, lo sguardo fiducioso verso il futuro, una gran voglia di fare per sé e per la propria comunità.

Ho l’impressione che sia proprio questo che oggi ci manca: la speranza verso il futuro. Speranza vuol dire sapere dove sta andando il paese. D’altra parte abbiamo uno Stato il cui funzionamento purtroppo è sotto gli occhi di tutti. Giustizia, burocrazia, sanità, catastrofi che non dovrebbero accadere in una nazione moderna. E soprattutto una questione meridionale che si fa ogni giorno più drammatica.

In Italia viviamo una situazione paradossale. Alcuni settori della maggioranza gridano al golpe mentre un pezzo dell’opposizione denuncia il regime. Nel frattempo lo Stato sembra essere ogni giorno più debole. Forse dietro tutto questo clamore si nasconde la difficoltà ad affrontare i problemi reali del paese.

Le famiglie italiane hanno dimostrato anche di fronte alla crisi economica una straordinaria capacità di adattamento. Ma oggi rischia di prevalere la rassegnazione al “tanto peggio, tanto meglio”, dove ha facile gioco chi cavalca paure e divisioni anche per distrarre l’attenzione dalle cose non fatte e dai veri problemi del paese.

Ad incominciare da quelle che riguardano il taglio degli sprechi, e sono tanti, che fanno della politica la più grande azienda italiana. Non sento più parlare, da nessuna parte, di province da abolire, municipalizzate da privatizzare, consigli comunali e regionali da ridurre.

In un paese dove le tasse pesano troppo su troppo pochi, e gli sprechi sono molti si sarebbe dovuto iniziare da qui, dando un esempio di coerenza e rettitudine che avrebbe trovato un diffuso apprezzamento.

La ricchezza di una nazione è la somma delle sue speranze, della sua apertura al futuro, della sua qualità della vita, dei valori che esprime.

Penso alla scarsità di giovani nella nostra vita pubblica, alla condanna che costringe molti talenti a lasciare l’Italia per esprimere il proprio potenziale, all’intollerabile attesa a cui un giovane è costretto prima di avere diritto alla sua possibilità nella vita. Sono tutti sintomi di mancanza di speranza e di apertura verso il futuro.

Ma penso anche alla necessità che anche in Italia si cominci a pensare a quell’offensiva ambientale tesa a migliorare la qualità della vita che i paesi più avanzati dell’Occidente stanno già mettendo in cantiere. Guardiamo alla Francia di Sarkozy e agli Stati Uniti di Barack Obama: una nazione guidata da un conservatore e una guidata da un progressista. Ma entrambi si sono rivelati capaci di modificare la propria agenda politica mettendovi al centro temi fondamentali come quello dell’ambiente.

Solo le nazioni che guardano alla propria ricchezza sociale in questi termini sanno reinventare il proprio futuro senza paura.

Questo è quanto dovrebbe contribuire a fare qualsiasi classe dirigente. Personalmente ho deciso – insieme ad altri esponenti della società civile – di fare la mia parte dando un contributo a questa associazione nella quale credo molto.

Vogliamo raccogliere disponibilità e idee da un’Italia che vuole tornare ad essere bella. Non solo nel suo territorio e nelle sue opere d’arte, ma bella nella sua società e nel suo spirito civico attingendo ad esempio a quella vera e propria miniera di passione e talento che è il volontariato. Un impegno nel quale non siamo secondi a nessuno.

Tutti noi abbiamo il diritto di tornare a guardare con speranza e fiducia al futuro. Ripensando anche al passato. Ad un’Italia che voleva vivere meglio: ottimista, allegra, sfrontata, irriducibile.

Se Italia Futura riuscirà a far emergere anche solo una piccola porzione di questa bellezza civica il suo obiettivo sarà stato raggiunto.

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