sabato 27 giugno 2009

In risposta a Michele Salvati

Lettera di Mario Girolimetto.
25 giugno 2009

Venezia, 25 giugno 2009

Egregio Prof. Salvati

Ho letto il suo articolo apparso sul Corriere del 18 giugno “La ricetta liberale per la sinistra: in Italia una strada difficile.” Come sempre mi accade di fronte ai suoi suggerimenti in fatto di libri, leggerò il saggio di Salvatore Biasco “ Per una sinistra pensante.”

Di fronte alle conclusioni del saggio che, stando al suo articolo non appaiono ottimiste, vorrei chiederle se lei pensa che uomini e partiti che non appartengono alla tradizione liberale possano applicare ricette liberali.

Lei cita Giavazzi e Alesina: bene, ricordo che i due predetti, nella primavera del 2007 pubblicarono un libro dal titolo“Bye Bye Europa” nel quale si magnificavano le sorti dell’economia USA davanti all’inevitabile declino del modello renano prevalente nel Vecchio Continente con la lodevole eccezione dell’Inghilterra che seguiva il modello americano.

Eppure già nel 2007 tutti coloro che non erano obnubilati dal mito del fondamentalismo del mercato, sapevano verso quale disatro andasse l’economia americana, a causa dei meccanismi della deregolamentazione.

Ho appena finito di leggere sul feuilleton della Suddeutsche Zeitung del 18 giugno un lungo articolo dedicato all’economista Hyman Minsky e al suo libro “ Wie man eine instabile wirtschaft stabilisiert” dove finb dal 1986 si anticipavano gli esiti di una economia senza regole iniziata da Reagan sotto la pressione ideologica della destra repubblicana e tanto cara ai fautori di un mercato senza regole.

Molti anni fa sono stato allievo di Paul Samuelson grande economista e politicamente un liberale. Ricordo, per aver sempre seguito i suoi scritti, che egli ha svolto una critica serrata al modello economico della destra reaganiana e non ha esitato ad additare F.A. Von Hajek e Milton Friedman quali cattivi maestri e responsabili della tempesta che si è lentamente addensata finoa deflagrare nell’autunno del 2008.

Il caso vuole che sia stato un socialista, Blair ad appiattirsi sulle formule provenienti dagli USA e a trasformare Londra in una sorta di bisca finanziaria che ha contagiato tutta l’Europa.

I liberali inglesi ( parlo di coloro che aderiscono al partito liberale) sono sempre stati molto critici verso Blair al quale tra l’altro imputavano l’infelice scelta della guerra in Iraq, e verso la sua infatuazione per il modello economico e sociale thatcheriano.

Saggezza che derivava dalla tradizione? Keynes?

E’ possibile che la GB sia alla vigilia di una ripetizione a parti invertite di ciò che accadde nel 1924. Per i laburisti non sarebbe una eclisse ma un tramonto.

Mutatis mutandis gli stessi concetti si possono estendere alla Germania.

Il presidente della FDP Guido Westerwelle mette sul banco degli imputati gli undici anni della gestione Schoeder Merkel durante i quali le banche locali hanno importato titoli tossici per 1200 miliardi di Euro, contravvenendo non solo ai principi della buona gestione ma anche alla legge come comprova la causa in corso contro la Hamb. Sparkasse.

A partire dal 1949 la FDP è stata al governo per 48 anni più di ogni altro partito tedesco e a tale presenza Westerwelle attribuisce il buon governo della Germania.

Poiché è probabile che a Settembre Westerwelle occupi un importante ruolo nel governo federale lo storico Heribert Prantl, autorevole commentatore della SZ gli ha chiesto se il suo ruolo sarà politico o piuttosto quello di custode dell’ortodossia liberale.

Westerwelle ha risposto esaltando i suoi predecessori da Th. Heuss, a Dahrendorf, a Genscher.

L’eclisse della socialdemocrazia, per dirla con il titolo di un recente saggio di Giuseppe Berta da lei commentato è legata agli errori del gruppo dirigente laburista. Blair ha creduto nell’ideologia dell’ordine spontaneo, ignorando forse che Hayek non credeva nella democrazia e che Milton Friedman si è sempre definito un conservatore.

Sterlina svalutata, banche fallite industria dimezzata servizi scadenti: molti laburisti pensano che era meglio il vecchio Callaghan.

In Germania la SPD ha tentato di dare delle risposte ai problemi della moderna società tedesca, ma il congresso di Amburgo del 2007 si è concluso con una risoluzione che ricolloga il partito a prima di Bad Godesberg.

Se tale risoluzione non verrà revocata sarà impossibile la partecipazione socialista a futuri governi, quale che sia l’abilità manovriera di Steinmeyer e Muntefering.

Negli Stati Uniti il Presidente Obama, può prospettare al paese un fitto programma di rinnovamento in quanto ha vinto le elezioni, sostenuto da un partito che ha maturato in se principi liberali che derivano da una lunga esperienza intellettuale e politica da Dewey a Wilson a Roosevelt a Rawls a Dahl a Samuelson e che coloro che occupano cariche elettive non possono abbandonare pena la rivolta dei loro militanti.

A questa tematica accenna l’articolo di Kupchan che appare sulla stessa pagina del suo.

Le riforme volte a ricondurre l’economia di mercato entro un quadro legislativo certo e a introdurre nel sistema americano quella che Rawl chiamava la giustizia redistributiva non sono solo convincimenti personali del Presidente ma sono richieste che derivano da un partito rappresentato da un robusto complesso di sindaci, governatori, deputati e senatori.

Per concludere le ricette liberali che peraltro devono essere estese a tutti i campi della vita sociale da quello bioetico, a quello dei diritti civili della scuola e della sanità, hanno probabilità di essere applicate laddove esistono partiti liberali determinanti sia al governo che all’opposizione.

Infine non si possono spacciare per riforme liberali concezioni ideologiche tanto care a politici e commentatori di destra che oggi tacciono o si travestono, ma che sono stati gli alfieri dell’attuale crisi.

Con i più cordiali saluti

Mario Gerolimetto

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