giovedì 23 aprile 2009

L'Italia della partitocrazia senza i partiti

Destra e sinistra sono davvero liberali?

Geppy Rippa

da www.denaro.it

In piedi, con la testa lucida e con gli occhi aperti, ma stanchi di un continuo affanno: condannati a vivere in un'ininterrotta emergenza, in un perenne stato d'eccezione, che sembra essere il nostro destino. Ritornano, a ogni passo, mali antichi, resi più gravi dall'incalzare di nuovi problemi – in un affastellarsi che non dà tregua…". Così introduce il suo ultimo saggio Aldo Schiavone ("L'Italia contesa. Sfide politiche ed egemonia culturale" Editori Laterza) che aggiunge: "…L'Italia di oggi restituisce per mille segni l'immagine di un Paese provato. La recessione sta divorando le sue riserve e impegnando severamente una parte importante del suo tessuto sociale. Ma non si tratta solo di questo…".
Ecco, è proprio utilizzando questo espressione che sembra utile provare a riflettere sui caratteri strutturali della crisi italiana, poiché non è una recensione all'interessante libro del direttore dell'Istituto Italiano di Scienze Umane che si intende fare in questa occasione, recensione che rinviamo ad altra occasione.
Questi anni che stiamo vivendo testimoniano di una evidente dicotomia tra una contraddittoria evoluzione della società italiana – apparentemente indirizzata verso un processo di avvicinamento a modi e modelli propri delle società occidentali di più antica tradizione democratica – e un sistema politico, che nonostante la sua recente rappresentazione bipolare e per alcuni versi addirittura bipartitica, mantiene intatta la sua caratteristica di un monopartitismo che per alcuni versanti ha oggi assunto quasi definitivamente i caratteri di regime politico senza nessuna articolazione democratica.
Non si tratta di una novità. Quello che si sta verificando può essere ritenuta una ovvia, per quanto drammatica, evoluzione di un sistema politico-istituzionale e dei partiti che vi hanno operato e che vi operano che procede nel più classico e pericolosissimo continuismo, a dispetto di un fasullo gioco di alternanza e contrapposizione tra maggioranza e opposizione.
Assieme agli aspetti più strettamente politici, il quadro economico (con forti ricadute sul sistema informativo) si muove all'interno di un processo in cui le forze finanziarie, molto spesso camuffate e sfuggenti, definiscono un rapporto con il sistema politico che si muove alternativamente tra ricontrattazione di quote di potere e vera e propria azione di spoliticizzazione dei processi sociali e culturali che portano i cittadini – con il supporto appunto di un'informazione asservita e dipendente da questi poteri – ad una crescente disaffezione sia nella partecipazione ai processi di decisione che ad una responsabile azione di controllo e monitoraggio delle istituzioni.
Il contesto dunque del sistema politico-istituzionale italiano è in bilico tra una definitiva strutturazione di regime dall'apparente volto democratico, e un rischio di vera e propria implosione dai preoccupanti contorni.
Ma a ben guardare si tratta di un modello antico che si reitera con nuove forme ma sostanzialmente immutato nella sua natura antidemocratica e antiliberale, nutrito in questo da un non risolto rapporto, sia nella destra che nella sinistra italiana, con quella che deve essere definita la "questione liberale". Non è dunque per caso, come dice Biagio De Giovanni riferendosi al Partito Democratico (ma la stessa cosa, fatte le debite mutazioni formali si può riferire, forse ancora più accentuatamente al Popolo della libertà) , che la cultura liberale è sostanzialmente esclusa dall'accordo di potere in corso. I conti aperti con il liberalismo politico nel Novecento sono più che mai aperti. Anzi siamo giunti ad un tale livello di assuefazione al tradimento e al disprezzo delle regole e dei diritti garantiti dalla Costituzione, che si può affermare che si fa fatica ad individuare gli spazi di sbocco democratico a questa drammatica degenerazione.
Proprio Schiavone sottolinea che "… se continuassimo con le idee, i comportamenti e le scelte che abbiamo adottato in questi anni, non andremo lontano, e forse neppure riusciremmo a sopravvivere…".
Lo stato assistenziale "all'italiana" è il prodotto della cultura e della prassi politica dei partiti (quelli di massa in primo luogo) nel nostro paese. Con conseguenze devastanti sulle dinamiche pratiche di dialettica democratica e con risvolti scandalosi da un punto di vista della conoscenza, della informazione – quella pubblica in primo luogo – divenuta la terra del massacro delle regole, delle più elementari procedure di una democrazia degna di questo nome. Ma quello che più conta è che le istituzioni, anche le più alte e rappresentative, sembrano assolutamente assuefatte a questo genocidio di legalità da non percepire la gravità in cui la situazione è precipitata. In primo luogo sul terreno delle libere elezioni e di un corretto articolarsi dei processi di informazione e conoscenza per chi è chiamato a scegliere e che oggi è giunto ad un punto prossimo all'indifferenza ai principi cardini delle democrazia (dignità e diritti dell'uomo, libertà – parola usata in modo sempre più spudoratamente lontana dalla sua verità storica e morale).. E mentre tutto questo accade si apre una voragine interiore all'individuo che spinge alla ricerca di certezze onnicomprensive e assolute che qualcuno ha definito essere cercate nella religione, nella tentazione di governi "forti".
Tutto quanto si è venuto definendo, in primo luogo sul terreno delle libere elezioni e di un corretto articolarsi dei processi di informazione e conoscenza per chi è chiamato a scegliere oggi è giunto ad un punto prossimo all'indifferenza, ad intaccare i principi cardini delle democrazia (dignità e diritti dell'uomo, libertà – parola usata in modo sempre più spudoratamente lontana dalla sua verità tra i pretesi nuovi attori della politica italiana), ed incarna l'eterno sogno del continuismo italiano: pensare di interpretare il mutamento senza che il personale politico, amministrativo e economico cambi. " un'impresa impossibile, pericolosa e che rischia di condurci sulle soglie di una accentuata frammentazione e alla conseguente tentazione autoritaria. Nessun processo di liberalizzazione potrà esser realizzato in Italia attraverso gli attuali protagonisti della scena politico-istituzionale, tutti figli del vecchio blocco sociale e tutti indistintamente – da destra e da sinistra – determinati a difendere la propria particolare rendita di posizione.
Il preteso ricambio della classe dirigente è avvenuto in Italia all'interno di un sistema politico arcaico, nutrito di illegalità e corrosivo di ogni norma costituzionale che è stata spolpata e annullata, sistema in cui le dialettiche sono state solo il prodotto di faide di palazzo e mai di un processo di confronto/scontro democratico apportatore di una evoluzione realmente consapevole da parte dell'intera collettività.
Bene, Schiavone accenna al fatto che la posta in gioco è troppo importante per rassegnarsi, ma il nuovo equilibrio da cercare può prescindere dalla democrazia fittizia che la partitocrazia, oggi senza partiti, continua ad esercitare giungendo ad un vero e proprio genocidio della cultura liberale, laica, liberale che è in atto nel Belpaese da decenni?


del 21-04-2009 num. 076

Nessun commento:

Posta un commento