sabato 14 febbraio 2009

IL DISPOTISMO DOLCE

Un liberale, ancorché di destra, non può certo
stare dalla parte di un soggetto che ricalca perfettamente la
definizione di tirannide data dall'Alfieri nel secondo capitolo
dell'omonima opera. Ed infatti, liberali di destra come Montanelli,
Travaglio e Sartori sono stati tra i suoi maggiori oppositori.

Paolo Chiariello

[NDR - L'intervento è stato redatto e pubblicato nell'estate 2008 e riproposto oggi dal suo autore]

“In alcun modo permetterò che il voto popolare e la volontà degli italiani siano sovvertiti da chi, infiltrandosi nella magistratura, la usa per sovvertire la democrazia”.

Sono parole, purtroppo, di tenore non nuovo sulla bocca dell’attuale premier. E sono parole che, ancora purtroppo, ravvivano ricordi inquietanti. E’ difficile, anche a costo di essere banali, non pensare alla definizione che Gobetti, nel novembre del ’22, diede del fascismo: “l’autobiografia della nazione” (“Elogio della Ghigliottina”, in “Rivoluzione Liberale”, 23.11.22). Dobbiamo credere, a quasi novant’anni di distanza, che la vita di questa nazione, ora come allora ventre molle di una democrazia liberale in profonda crisi in tutto l’occidente, percorra gli stessi binari di quei lontani decenni, precorrendo le altre democrazie su un disastroso piano inclinato che porta tutti verso baratri impensabili?

L’attualità di questi giorni, i precedenti storici, e quella particolare tecnica di controllo del potere che è passata alla storia con il nome di costituzionalismo liberale lo fanno fondatamente temere.

La concentrazione di potere, in un solo individuo o in un solo “corpo sociale”, viene ritenuta, da oltre trecento anni (quantomeno dal “Secondo trattato sul governo” di Locke), il pericolo maggiore per la libertà dei cittadini, sino a far scrivere, in un celeberrimo passo dello Spirito delle leggi, a Montesquieu che “tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati”.

Ebbene, a cosa si assiste da quattordici anni a questa parte nel nostro paese, se non alla concentrazione nelle stesse mani del potere esecutivo e del potere legislativo – tramite parlamentari della maggioranza che, vieppiù con il “porcellum”, sono nella sostanza designati dal “dominus” della coalizione e solo nominalmente eletti dal corpo elettorale – e, parallelamente, alla sistematica demolizione della funzione di controllo di legalità del potere giudiziario, tramite attacchi pubblici reiterati ad nauseam, così come tramite la predisposizione di leggi che, con i più fantasiosi artifici, frustrano e rendono virtualmente impossibile il normale e sereno esercizio della giurisdizione?

E cosa rappresenta l’attacco a ciò che rimane della libera stampa – residuo mal accetto in un sistema di virtuale monopolio dell’ informazione televisiva detenuto dal medesimo soggetto in virtù di proprietà personale (Mediaset) e/o di controllo politico (Rai) – culminato con la proposizione di norme incriminatrici draconiane tese ad intimidire giornalisti ed editori, se non la neutralizzazione dell’altro, classico contropotere, quel benthamiano “tribunale dell’opinione pubblica” che, proprio in materia di cronaca giudiziaria , faceva scrivere al padre dell’utilitarismo “L’insieme più grande possibile di fatti rilevanti e di argomentazioni utili che ci si può assicurare nel processo per stabilire la verità o la falsità dell’accusa – e la colpa o l’innocenza del sospettato – è veramente molto poco, se non si aggiungono le informazioni che la libertà di stampa, e solo essa, è capace di fornire”?

Mentre scrivo queste notarelle, che dovrebbero costituire l’ovvio in qualsiasi paese ove si impartisca effettivamente nella scuola pubblica l’insegnamento della, da noi negletta, educazione civica, ho la consapevolezza del carattere estremista e catastrofista che queste assumeranno agli occhi dei più.

D’altra parte è estate, ci sono gli europei di calcio, l’umbratile opposizione sonnecchia o, al più, rimanda all’autunno, con tutto comodo, ogni mobilitazione, e il governo, sollecito per ogni preoccupazione di sicurezza dei suoi cittadini, provvede ad inviare un po’ di fantaccini a contrastare borseggi e taccheggi e, compassionevolmente, reintroduce la carità pubblica, per dirla con l’Urbinati, istituendo la tessera – elettronica però, quando si dice il progresso! – di povertà. Forse sono io che esagero. Forse questo è proprio il panglossiano migliore dei mondi possibili.

Ma poi mi sovviene un altro passo celeberrimo del pensiero liberale classico che Alexis de Tocqueville scrisse nelle ultime pagine della “Democrazia in America”: “Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. (…)Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte.(…) Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all’infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché pensino solo a divertirsi.(…Egli) copre la superficie (della società) con una rete di regole complicate, minuziose ed uniformi.(…)non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, di cui il governo è il pastore.”

Forse che questo aristocratico liberalconservatore abbia avuto, centosettant’anni fa scrivendo dell’America e pensando alla sua Francia, una visione che riguarda l’Italia di oggi?

Ah, dimenticavo. Per chi non lo sapesse quando de Tocqueville iniziò a scrivere al sua opera più famosa, di mestiere faceva il giudice! Nell’Italia di oggi quello che scrisse lo avrebbe fatto passare per un sovversivo infiltratosi nella magistratura. E, nel migliore dei casi, ne conseguirebbe la sua ricusazione. Nel migliore dei casi, si badi bene!

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