FEDERICO ORLANDO RISPONDE
da Europa
17/2/09
Cara Europa, faccio parte del milione di sardi che vive nell’Italia continentale. Ho seguito con malinconia la conquista dell’isola da parte di Berlusconi e della gran folla di ricchi e poveri che lo seguono per diventare gli uni sempre più ricchi e gli altri, se possibile, un po’ meno poveri. E già vedevo, col risultato, scomparire le ultime difese e bellezze della nostra isola, che poi sono la nostra ricchezza collettiva, da conservare ai nostri figli come noi l’abbiamo ereditata, o quasi. Ecco dove portano i capibastone, i clan, gli odi territoriali, e anche i partiti che pensano, come il Pd, alle faide interne, e dove magari c’è chi gioisce della sconfitta del compagno. GAVINO SANNA, CREMONA
Caro Sanna, ho molti amici sardi sul continente, che da sempre mi spiegano che la Sardegna non è terra di destra, ma ciò conta poco ai fini del risultato politico. È divisa tra nord e sud, fra loro sconosciuti; è terra di clan e di capibastone, che si fanno proprie liste per disturbare i partiti che non li hanno soddisfatti; è una terra anche di intellettuali e di giovani intelligenti e aperti al mondo, che prima di trasferirsi fuori dell’isola vogliono pensarci ancora. E a questi giovani penso anch’io, di fronte a un risultato così devastante: perché, mi chiedo, quando a Roma c’è da trovare risorse per finanziare la ripresa, si dice togliamo qualcosa dalle pensioni e diamola agli ammortizzatori sociali o a nuovi posti di lavoro per i giovani; e poi, quando si tratta come in Sardegna di scegliere tra un programma di oculata gestione delle risorse, a cominciare dall’ambiente, e un programma di vorace dilapidazione di quel che ne resta, si sceglie questa, per fare affari sempre più spregiudicati? E per i disoccupati il Pd cosa ha proposto nell’isola? Mi dicono che Cagliari, dove c’è un terzo dell’elettorato, se potesse seppellire la Costa Smeralda sotto un’unica colata di cemento lo farebbe volentieri, così distante ed estranea si sente a quelle terre già dilapidate. Mi dicono che il capo del partito sardista, antico partito di sinistra (si ricorda Lussu?), vuol realizzare un porticciolo a Cagliari, Soru s’oppone e lui va con Berlusconi. Ma cosa succede sulle coste continentali e in altre splendide località toccate dalla lebbra dello “sviluppo”? Anch’io, come elettore, ho dovuto scegliere tra mattone di destra e mattone di sinistra, alternativamente impegnati a trasformare gioielli in oscene città satelliti e dormitori.
Soru voleva impedirlo nella sua isola, ma aveva contro gli interessi.
L’Unione Sarda, il maggior giornale dell’isola, di proprietà di un costruttore, non ha scritto una parola per Soru. Pannella ha denunciato tutti i giorni che i tg regionali hanno dato un’ora e mezza a Berlusconi e 1 minuto e 20 secondi a Soru.
L’arcivescovo di Cagliari ha accolto Berlusconi nel suo tempio come i papi quando andavano incontro ai conquistatori, per lavorarseli ben bene. Informazione, Confindustria, Chiesa: santa alleanza contro l’outsider, che è un genio dei media ma comunica male. È un passionale della sua terra, ma propone un’addizionale sulle case vuote, dimenticando che molte sono di sardi che vivono nella penisola e tornano per le vacanze, e in Sardegna hanno parenti che votano.
Proprio con l’ingenuità dell’outsider, ha creduto di poter fare, con un partito di capibastone, quel che Berlusconi fa col suo partito, dimenticando che il Pdl è proprietà privata del Cavaliere e il Pd è come la Sardegna dei giudicati, delle contee, dei comuni, dei castelli, l’uno contro l’altro (come dice la Binetti: «Se vince Marino, esco dal Pd»). In un mondo così fatto, caro Sanna, pensare a non sperperare tutte le ricchezze presenti e conservarne una parte anche ai giovani, può essere al più una mia preoccupazione di nonno. Ma i politici non hanno nipoti. Tutt’al più nepotismi, tanti nepotismi.
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