da Europa del 16 gennaio 2009, pag. 8
di Pier Paolo Segneri
C’è già chi lo prefigura. Quello che accadrà, infatti, è facilmente prevedibile: fra cento anni, quando Marco Pannella uscirà di scena, qualcuno si lascerà andare alla nostalgia constatando e lamentando - purtroppo - l’assenza del leader radicale. Alcuni commentatori della politica italiana si chiederanno dove è finita l’eredità di Pannella, ma si renderanno presto conto che Marco non può avere eredi. Perché è un liberale autentico e sa che il futuro è in mano alle capacità di ciascun uomo e di ciascuna donna. Sa che ognuno deve essere libero di costruire il proprio percorso individuale in solitudine e che ciò non vuol dire farlo da soli. Ma insieme ad altri soli.
Fra cento anni, si sentiranno spesso frasi dei tipo: «Ah, se ci fosse Pannella!», «Ora sì che ci vorrebbe Pannella!», «Sì, va bene, ma quando c’era Pannella era tutta un’altra storia...». E allora, è meglio parlare subito, intervenire ora, scrivere oggi quel che c’è da scrivere. Senza correre il rischio di finire tra coloro che si sentiranno falsamente orfani e vivranno di falsi rimpianti per le cose che si sarebbero potute fare e non si sono fatte.
La storia civile e politica di Marco Pannella lo rendono, indiscutibilmente, uno dei padri nobili della democrazia, il più caparbio difensore dello stato di diritto, il più tenace difensore della libertà di religione, il più strenuo combattente per i diritti civili e per il riconoscimento dei diritti umani, il teorico e pratico della nonviolenza, l’unico scoglio in grado di arginare il mare della partitocrazia. Insomma, Pannella è un animale politico più unico che raro. E non ha eredi. Non li vuole. Giustamente.
Nel panorama europeo è considerato il continuatore del carisma e delle idee di Altiero Spinelli, è il più accreditato a dar voce al federalismo europeo di Ernesto Rossi e di Eugenio Colorni. Il suo pensiero liberale e laico mantiene intatta una prospettiva politica che da Luigi Einaudi arriva fino a Ugo La Malfa attraversando interamente i tanti "profeti disarmati" del secolo scorso. La sua indole socialista riunisce in sé l’azione e l’ingegno di uomini c o m e Gaetano Salvemini e i Rosselli, ma si rafforza anche del socialismo democratico di Giuseppe Saragat e del socialismo libertario di Loris Fortuna. Eppure, riesce a dare voce soprattutto ai senza nome, alle persone comuni, agli ultimi, ai diseredati, ai non garantiti. Alla democrazia.
In Marco, oggi più che mai, riecheggiano sia i toni classici e le invettive di Felice Cavallotti sia le profondità ideali di Ernesto Nathan. Non abbiamo altri leader con queste caratteristiche, con la medesima dignità politica e con la stessa autorevolezza. Pannella ha ancora lo sguardo rivolto in avanti, con lo stile e il profilo dei grandi uomini del passato ed è portatore sano di un percorso politico secolare. Laico.
Con tutti i suoi piccoli e grandi difetti, con tutte le sue eresie, con tutte quelle sue pazzie che continuano a scandalizzare, con il suo indubbio caratteraccio, Pannella è il solo uomo politico italiano che meriterebbe di assumere - a seguito delle dimissioni di Romano Prodi - la responsabilità di presiedere il Pd: per costruire davvero un Partito democratico sul modello americano. Proprio come il progetto della Rosa nel Pugno ha sempre delineato e chiarito. Ma ci vorrebbe l’onestà intellettuale dei più. Ci vorrebbero Pasolini, Sciascia e Montanelli a sostenere una tale candidatura. Oppure, in loro mancanza, di qualcuno che abbia il gusto di una saggia provocazione. Ora.
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