mercoledì 21 gennaio 2009

Più le idee sono opportuniste più i partiti si sbriciolano

da Europaquotidiano.it

FEDERICO ORLANDO RISPONDE

21/1/09

Cara Europa, ieri ho letto il vostro articolo “Quale cultura per la destra” e ho trovato qualche consolazione – scusatemi la sincerità – nel rendermi conto del “caos primordiale”, come scrivete, nel quale fluttua la destra. In Francia, quando De Gaulle, fondatore della nuova “destra”, si ritirò, all’Eliseo andò una serie di leader, Pompidou, Giscard, Chirac, e il nuovo partito socialista ebbe addirittura la lunga monarchia di Mitterrand. In Germania, dopo i lavacri del massimalismo a Bad Godesberg, nacque una socialdemocrazia del tutto nuova. In Italia i due superpartiti nascenti non passano per alcun lavacro e alcun dramma. Perché meravigliarsi se essi appaiono culturalmente deboli e circondati da una pletora ogni giorno crescente di gnomi, a quindici anni dalla fine della prima repubblica proporzionale? ROMANA DE VINCENTI, ROMA

Cara signora, ha letto il divertente articolo di Mario Ajello sul Messaggero? Vi racconta la quotidiana crescita di minipartitini attorno ai 5 rappresentati in parlamento: Pdl, Pd, Lega, Idv e Udc. Sono già 62 :una ventina postdemocristiani (Pizza, Scotti detto Tarzan, Rotondi, Pionati, Taormina, o teocratici, Allam, Ferrara, Giovanardi, ecc.), una decina postcomunisti (coalizione A: Pdc, Prc, Sinistra critica; coalizione B: vendoliani, Sinistra democratica, Verdi); alcune pattuglie postfasciste (neri e nazi, storaciani, santancheani, mussoliniani); autonomisti siciliani di Autonomia, calabresi di Lega Sud, ecc. Insomma 62 in cerca di migliore sistemazione carrieristica. Anche a livello comunale, come a Roma l’unico dipietrista diventato alemanniano. Questa scissione dell’atomo è alimentata dalla legge elettorale europea, il sogno di uno stipendio da favola con lo 0,60 o 0,80 per cento; ma a loro volta i grandi e medi partiti non riescono a fare cultura e dare un po’ di calore agli elettori. Restano i grandi interessi conservatori di Forza Italia e i residui apparati di sinistra.
Ma né il Pd riesce ad essere un partito laico moderno (dicono che a Bologna il cardinale non gradisca la liberazione di Eluana Englaro dal sondino. E i politici?), né il Pdl riesce ad essere un partito di progetto nazionale: e da quando andavamo alle medie ci insegnavano che un partito né laico né progettuale non è un partito moderno, è una carovana che si trascina. Ma se i due partiti del bipartitismo non sono moderni, gli intellettuali dovrebbero avere l’onestà di non ciurlare nel manico. Paolo Franchi sul Corriere della sera, nello stesso giorno dell’ articolo di Europa su “quale cultura per la destra”, trova «effettivamente un po’ forte oltre che ingeneroso» che i Melograni, Urbani, Fisichella mettano a carico della debolezza del Pd anche la debolezza del Pdl: Berlusconi – dicono – sarebbe in un caos culturale e politico perché il suo antagonista Pd è nel caos a sua volta, e quando un bravo giocatore di tennis si batte con una mezza schiappa sbaglia anche lui.
Bravi, camerieri perfetti questi intellettuali italiani. Il loro contributo non è ai nuovi partiti nascenti ma al loro sfascio, e gli opportunisti dello 0,50 per cento non sono i politicanti peggiori. Il fatto è che il bipartitismo si regge su due gambe: la tradizione nazionale bipartitica e la forte connotazione ideale dei due schieramenti. La camera inglese non è un semicerchio ma un rettangolo, conservatori da un lato riformisti dall’altro. La Germania, da quando la socialdemocrazia ha cominciato a farsi “liberale” con Schroeder, ha perduto falangi di voti verso i verdi e la sinistra radicale (Linke), nonostante lo sbarramento al 5 per cento. Forse è il rischio che corriamo anche noi in Italia. Ma la destra si sfascia per ragioni sue, non c’entra il Pd. Né Sarkozy né Merkell risentono delle crisi socialiste. Segno che il sistema politico italiano ha ancora da imparare l’abc e allungare il collo.

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